Mancano un sacco di cose

Dal caffè all'acciaio, dai microchip agli scatoloni da imballaggio: la domanda mondiale di molte merci ha superato la capacità di produzione

(Jeenah Moon/Getty Images)
(Jeenah Moon/Getty Images)

La graduale ripresa delle economie mondiali dalla crisi causata dalla pandemia ha generato un aumento della domanda di beni di ogni tipo. Questo fatto, seppur positivo, sta portando a una scarsità di materie prime, semilavorati e prodotti finiti che non si vedeva da molto tempo e che potrebbe durare ancora a lungo, con ripercussioni sui prezzi finali pagati dai consumatori: come ha scritto Bloomberg, «all’improvviso nell’economia mondiale c’è carenza di tutto».

Il fenomeno è abbastanza semplice da spiegare: generalmente, le società che producono beni materiali – che siano scarpe o smartphone – ordinano i componenti per produrre i loro beni in base a due fattori: la domanda attuale (cioè quanti ordini hanno già ricevuto) e quella che si aspettano per il futuro prossimo (cioè quanti ordini stimano di ricevere nei prossimi giorni, settimane o mesi, in base al settore).

L’aumento della domanda degli ultimi mesi e l’attesa di una sua crescita ulteriore in quelli a venire, quando si presume cadranno gran parte delle limitazioni imposte dai governi per contenere la pandemia, hanno portato molte imprese produttrici a comprare più materiali (semilavorati o materie prime) di quanti gliene servissero, per paura di rimanere senza, ha scritto Bloomberg.

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Alla crescita della domanda di merci da parte delle imprese (in arrivo principalmente da Stati Uniti e Cina) si sono poi sommati gli effetti di calamità come l’incidente del Canale di Suez (il quale ha generato ritardi nel trasporto mondiale di merci che potrebbero durare fino al prossimo autunno), la siccità che ha colpito i raccolti del Brasile o la gelata che ha paralizzato gli impianti petrolchimici nel centro degli Stati Uniti a febbraio. La combinazione di questi e altri fattori ha causato un aumento del prezzo delle materie prime: dall’acciaio al rame, dal mais al caffè, dal petrolio al legname, la relativa scarsità di queste materie si è riflessa in un aumento di prezzi che non si vedeva dal 2011.

Scarsità e rincari delle materie prime si riflettono a loro volta sui semilavorati: se sale il prezzo del petrolio, oltre alla benzina sale anche il prezzo dei materiali plastici e di molti prodotti chimici suoi derivati. Lo stesso fenomeno interessa semilavorati di qualsiasi complessità, dal cartone per imballaggi ai microchip, la cui carenza sta mettendo in seria difficoltà intere industrie (dall’elettronica a quella delle auto) e ha portato la Corea del Sud a decidere di investire oltre 450 miliardi di dollari in 10 anni per ampliare la propria capacità produttiva di microprocessori.

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L’aumento della domanda di materie prime e semilavorati non solo ne sta facendo salire il prezzo, ma sta mettendo a dura prova il sistema di trasporto mondiale, saturandone la capacità e facendone salire i costi per le aziende, il che si ripercuote a sua volta sul prezzo dei beni finiti. Un rivenditore di motorini elettrici di un noto marchio cinese ad Amsterdam ha detto di essere costretto ad applicare un incremento di 100 euro sul prezzo di listino di ogni modello (parliamo di motorini con prezzi di listino che vanno dai 1.900 ai 4.500 euro) a causa della carenza di container e del conseguente aumento dei costi di spedizione dalla Cina all’Europa.

Il problema della scarsità di materie prime e semilavorati non è di facile soluzione, perché per poterne produrre di più, se gli impianti stanno già producendo a pieno regime (cioè se stanno producendo la massima quantità di cui sono capaci in un dato periodo), bisogna investire in nuovi impianti e nuovo personale, il che richiede soldi ma soprattutto tempo. Lo stesso vale per la capacità di trasporto: per aumentarla bisogna costruire più navi, il che richiede in media due o tre anni. Ecco perché non è facile dire quando questa situazione finirà.

Quel che sappiamo è che probabilmente i suoi effetti dureranno almeno per il prossimo anno. È quel che si deduce osservando il Logistic manager’s index, un indice costruito da ricercatori provenienti da diverse università statunitensi, i quali ogni mese intervistano i direttori della logistica di numerose imprese statunitensi chiedendo loro, fra le altre cose, una previsione da qui a 12 mesi sui livelli delle scorte di magazzino, sul loro costo per l’impresa, sulla capacità del sistema di trasporto delle merci e sul suo costo.

Ad aprile (ultimo mese disponibile), gli intervistati nel complesso ritenevano che nel prossimo anno, nonostante la domanda crescente, la capacità di trasporto si contrarrà, anche perché la produzione di camion è frenata (come quella delle auto) dalla carenza di microchip. Inoltre, prevedevano che nei prossimi mesi i costi di trasporto, inventario e stoccaggio delle aziende saliranno a un ritmo sempre più alto. Per coprire questi maggiori costi, le imprese potrebbero decidere di aumentare i prezzi dei propri prodotti, come già stanno facendo in alcuni casi, il che potrebbe risultare in un aumento dell'inflazione.

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