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  • Domenica 16 maggio 2021

Fra Israele e la Striscia di Gaza c’è un margine per ridurre la tensione

Dopo le violenze degli ultimi giorni ora si parla di una possibile tregua, ma molto dipenderà dalle prossime ore

(AP Photo/Khalil Hamra)
(AP Photo/Khalil Hamra)
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Nelle ultime ore sono proseguite le violenze in corso da circa una settimana fra Israele e i gruppi armati palestinesi nella Striscia di Gaza, ma a un’intensità minore rispetto ai giorni precedenti. Nella notte fra sabato e domenica sono stati lanciati verso le città israeliane circa 130 razzi, nessuno dei quali però ha causato feriti o morti; Israele ha bombardato la casa del leader del gruppo politico-terrorista Hamas nella Striscia di Gaza, Yahya Sinwar, che però non era in casa. Diversi analisti osservano che nelle prossime ore, a meno di sviluppi inattesi, potrebbe esserci margine per ridurre gradualmente la tensione.

Secondo il sito di news New Arab l’Egitto, il paese che negli ultimi anni più di tutti ha mediato fra Israele e i gruppi armati palestinesi, ha formalmente chiesto un breve cessate il fuoco per permettere agli abitanti nella Striscia di Gaza di soccorrere le persone ferite nei bombardamenti e recuperare i corpi di quelle uccise negli ultimi giorni. Per ora non se n’è fatto nulla perché Israele aveva posto come condizione l’interruzione dei lanci di razzi dalla Striscia, condizione non accettata da Hamas e dal Jihad Islamico, un altro potente gruppo attivo nella Striscia di Gaza.

Il Financial Times ha scritto che anche ONU e Qatar starebbero portando avanti negoziati con il governo israeliano perché dichiari una tregua. Il quotidiano israeliano Haaretz ha scritto però che nel corso della riunione del Gabinetto di sicurezza del governo, che si è tenuta domenica mattina, l’opzione di un cessate il fuoco non sarebbe stata presa in considerazione.

Domenica pomeriggio, in un discorso televisivo, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha detto che le operazioni militari contro Hamas «stanno continuando a pieno regime», respingendo apparentemente i tentativi internazionali di organizzare un cessate il fuoco, ma senza escludere esplicitamente questa opzione. «La nostra campagna contro le organizzazioni terroristiche sta continuando con tutta la sua forza. Stiamo agendo per riportare la calma tra di voi, cittadini israeliani. Ci vorrà tempo», ha detto.

Nelle scorse ore è stato comunque accertato che le due parti siano tornate a parlare tramite canali diplomatici e militari, dopo giorni di silenzio. Haaretz ha pubblicato un articolo molto informato del corrispondente militare Amos Harel secondo cui Hamas «ha fatto arrivare a Israele la richiesta di raggiungere rapidamente un cessate il fuoco»: Israele avrebbe risposto che al momento non ci sono le condizioni per un accordo del genere, ma al contempo avrebbe fatto capire che la situazione potrebbe cambiare a breve. Harel spiega che i dettagli di un eventuale accordo saranno più o meno quelli presi per concludere la guerra del 2014: cioè una serie di brevi tregue rinnovate di volta in volta per ridurre gradualmente le ostilità.

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Un primo passo lo ha compiuto il governo israeliano nelle scorse ore prendendo la decisione eccezionale di chiudere il Muro del Pianto, il luogo di culto più sacro agli ebrei, per tutta la giornata di domenica, in cui erano previste celebrazioni per la vigilia di Shavuot (la Pentecoste ebraica). Due importanti rabbini della comunità ultraortodossa hanno annunciato la decisione del governo spiegando che lo stato israeliano vuole evitare «atti di provocazione» in una fase così delicata.

Le violenze potrebbero iniziare a ridursi anche perché sia Israele sia Hamas hanno parzialmente raggiunto i propri obiettivi; Israele ha concentrato una serie di operazioni militari di successo in un lasso di tempo ancora inferiore rispetto all’ultima guerra, che durò circa due mesi, e contenuto moltissimo le perdite civili. Hamas è riuscita invece ad affermarsi come principale rappresentante degli interessi palestinesi, prendendo forse definitivamente il posto del partito laico Fatah e del suo gruppo di potere, l’Autorità Palestinese, che al momento governa la Cisgiordania.

Per domenica mattina sono previste una riunione del gabinetto di sicurezza del governo israeliano e una sessione di emergenza del Consiglio di Sicurezza dell’ONU sulle violenze in corso. Dall’amministrazione statunitense di Joe Biden è trapelata inoltre la richiesta al governo israeliano di una «graduale» riduzione delle violenze.

Secondo le autorità sanitarie palestinesi dall’inizio del ciclo di violenze sono morti 188 palestinesi, fra cui 55 bambini, mentre un migliaio sono rimasti feriti. Il New York Times stima invece che siano morti 12 israeliani fra cui 10 civili e due soldati, mentre i feriti sarebbero diverse decine.

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