È previsto che si possa risultare positivi al coronavirus anche dopo il vaccino

Non c'è da allarmarsi per notizie simili: i vaccini proteggono efficacemente dallo sviluppo di sintomi, ma può capitare che non impediscano l'infezione

(AP Photo/Michael Probst)
(AP Photo/Michael Probst)

Le notizie sulle persone risultate positive al coronavirus nonostante si fossero vaccinate emergono spesso su giornali, social network e nei gruppi WhatsApp, con il rischio di causare qualche incomprensione sul funzionamento e l’utilità dei vaccini. È possibile, anche se per il momento sembra relativamente raro, ottenere un esito positivo nei test molecolari per il coronavirus anche settimane dopo la vaccinazione, e non vuol dire che qualcosa sia andato storto.

Dipende dal funzionamento stesso dei vaccini, che fanno sì che in caso di infezione da coronavirus il sistema immunitario sia pronto per proteggere quasi al 100 per cento dalle forme gravi della COVID-19, nel caso di quelli finora autorizzati in Occidente. Ma ogni persona è un caso a sé, e lo stesso vale per i nostri sistemi immunitari che rispondono in maniera diversa al vaccino. Può quindi succedere che l’eventuale infezione si sviluppi abbastanza da essere rilevata dai test, anche se al momento non sappiamo ancora con che frequenza. I dati preliminari dai paesi in cui la campagna è più avanti però sono incoraggianti anche sull’efficacia della protezione dalle infezioni asintomatiche. In questa fase della pandemia, in ogni caso, l’importante è evitare che ci siano ogni giorno in tutto il mondo gli ospedali pieni e decine di migliaia di morti per gli effetti della malattia.

Si può essere positivi senza essere malati
La prima cosa da ricordare è che avere il coronavirus non implica che ci si ammali necessariamente di COVID-19. In un anno di pandemia abbiamo imparato che moltissime persone vengono infettate e rimangono positive per un po’ di tempo, ma non sviluppano sintomi. Nella fase iniziale dell’infezione possono contagiare altre persone, probabilmente in misura minore rispetto a chi matura i sintomi.

Si può risultare positivi settimane dopo il vaccino
Al momento sappiamo che i vaccini proteggono contro la COVID-19, ma non sappiamo in che misura riducano il rischio di essere infettati. Può accadere, e sta accadendo in tutto il mondo, che una persona pienamente vaccinata venga contagiata: il vaccino non è una specie di barriera inviolabile e invisibile contro il virus, e non ha lo stesso identico effetto su ogni persona. Quello che fa, invece, è preparare il sistema immunitario di modo che in caso di contatto col coronavirus agisca impedendo lo sviluppo di sintomi o almeno di quelli gravi.

Ma può succedere – è previsto – che il sistema immunitario di alcune persone vaccinate non riesca comunque a fermare l’eventuale infezione così in fretta da impedire che sia rilevata da un eventuale test. Per capire quanto sia frequente, e con che percentuale i vaccini proteggano anche dalle semplici infezioni asintomatiche o paucisintomatiche, servono ulteriori studi . Ma i primi dati dai paesi in cui le campagne sono particolarmente avanti, comunque, sono incoraggianti anche per quanto riguarda la protezione contro le infezioni asintomatiche, che sembrano ridotte drasticamente dalle vaccinazioni. Secondo Pfizer, in Israele i dati sulle somministrazioni del suo vaccino suggeriscono che protegga dalle infezioni asintomatiche con un’efficacia del 94 per cento.

Rimane la possibilità che una persona vaccinata che entri in contatto col virus, e che pur asintomatica venisse sottoposta al tampone per esempio per una attività di screening, possa risultare positiva. La sensibilità dei test, in particolare di quelli molecolari, è tale che possono rilevare la presenza del materiale genetico del virus anche se presente in quantità limitate (bassa carica virale). Notizie su episodi simili, specialmente se sporadiche, non devono spaventare o preoccupare sull’efficacia dei vaccini.

Il vaccino non fa effetto subito
A seconda del tipo di vaccino ricevuto, poi, devono passare alcuni giorni o qualche settimana prima che la vaccinazione abbia effetto. In questo intervallo di tempo, c’è la possibilità di ammalarsi lo stesso di COVID-19 semplicemente perché l’organismo non ha ancora avuto il tempo di sviluppare una risposta immunitaria al vaccino. Ci si può anche ammalare se si era stati contagiati pochi giorni prima della vaccinazione, e l’infezione era quindi già in corso.

In questa circostanza è del tutto normale che si possa sviluppare la COVID-19, così come avviene con altre malattie se si contraggono i patogeni che le causano prima che il vaccino per contrastarli abbia attivato la risposta immunitaria.

I vaccini contro il coronavirus finora autorizzati richiedono inoltre l’impiego di due dosi, somministrate a distanza di qualche settimana. L’efficacia del vaccino di Pfizer-BioNTech, per esempio, è intorno al 52 per cento dopo la prima dose e arriva intorno al 95 per cento nei giorni successivi alla seconda somministrazione. Parliamo di efficacia in generale contro la COVID-19: è bene ribadire che l’efficacia contro le forme gravi della malattia è intorno al 100 per cento per tutti i vaccini finora autorizzati in Occidente.

Il vaccino non fa risultare positivi
Non c’è nessuna possibilità che si risulti positivi a un test molecolare (tampone) a causa della vaccinazione. I vaccini aiutano il sistema immunitario a riconoscere alcune caratteristiche del coronavirus in modo che impari a contrastarle, senza che si debba entrare in contatto con il virus vero e proprio.

Ci si può ammalare anche se vaccinati
Come abbiamo visto, tutti i vaccini finora autorizzati proteggono contro le forme gravi di COVID-19, mentre la loro efficacia contro la malattia in generale varia a seconda del tipo di vaccino, seppure rimanendo molto alta.

In alcuni rari casi può quindi accadere che un vaccinato si ammali di COVID-19, ma senza il rischio di sviluppare sintomi gravi che potrebbero rendere necessario un ricovero in ospedale. Ognuno di noi è fatto diversamente ed è normale che reagisca in modo diverso alla vaccinazione, così come alle condizioni che possono portare a un contagio.

Non sappiamo se e quanto i vaccinati siano meno contagiosi
I vaccini contro il coronavirus sono impiegati da poco più di tre mesi, ed è quindi ancora presto per sapere se siano in grado di ridurre la circolazione del coronavirus. Dati e indizi raccolti finora, soprattutto da paesi in cui si sta vaccinando molto come Israele, sono incoraggianti, ma sarà necessario ancora qualche mese prima di avere un’idea più precisa.

Con alcuni vaccini, il sistema immunitario impara a non farci ammalare, ma non sviluppa invece la capacità di impedire che avvenga un’infezione tale da renderci comunque contagiosi: non avviene quella che viene chiamata “immunità sterilizzante”. In mancanza dell’immunità sterilizzante, il patogeno continua a circolare tra la popolazione, e può causare nuove infezioni ed eventualmente la comparsa della malattia. In alcune circostanze può anche mutare nel corso del tempo, diventando più resistente alle difese immunitarie.

Il vaccino antinfluenzale più diffuso utilizza virus inattivati, ma non porta a una immunità sterilizzante vera e propria, perché non induce una risposta immunitaria localizzata nelle vie respiratorie (attraverso le quali il virus si diffonde contagiando poi altri individui). Questo e il fatto che il tasso di immunizzazione sia relativamente basso (solitamente poco meno del 50 per cento tra gli adulti), oltre alla capacità del virus di adattarsi facilmente ad altre specie, fa sì che i virus influenzali cambino di continuo sfuggendo in parte al controllo del nostro sistema immunitario. La conseguenza è che a seconda degli anni le campagne vaccinali si rivelano più o meno efficaci, consentendo comunque di ridurre enormemente il carico di lavoro per gli ospedali e di salvare milioni di vite.

In linea di massima, comunque, il rischio di contagio aumenta all’aumentare della carica virale nell’organismo. I vaccini contribuiscono a tenerla bassa e a ridurre quindi il rischio che un positivo diffonda un alto numero di particelle virali respirando e parlando, che potrebbero poi causare il contagio di chi si trova nelle vicinanze (soprattutto negli ambienti chiusi).

In conclusione
Se ricevete notizie su qualcuno che si era vaccinato e settimane dopo è comunque risultato positivo a un test molecolare, non c’è da allarmarsi. Mentre siamo in attesa di capire meglio se prevengano i nuovi contagi, sappiamo per certo che i vaccini contro il coronavirus proteggono dalle forme gravi della COVID-19 e possono quindi salvare milioni di vite.

In attesa di conferme sulla riduzione della contagiosità, l’uso delle mascherine e il distanziamento fisico rimangono buone pratiche sia per i vaccinati sia per chi non ha ancora ricevuto il vaccino, o non potrà farlo per altri motivi di salute.