Una canzone di Jackie Trent

E di molti altri: con una leggendaria ramificazione della storia

(Photo by Larry Ellis/Express/Getty Images)
(Photo by Larry Ellis/Express/Getty Images)

Le Canzoni è la newsletter quotidiana che ricevono gli abbonati del Post, scritta e confezionata da Luca Sofri (peraltro direttore del Post): e che parla, imprevedibilmente, di canzoni. Una per ogni sera, pubblicata qui sul Post l’indomani, ci si iscrive qui.
Il New York Times ha raccontato l’eccitazione nel paese islandese di 2300 abitanti a cui è dedicata una canzone candidata all’Oscar (una baracconata svenevole uguale a mille altre, perfetta per l’Eurofestival raccontato nel film).
Mark Kozelek, i cui meriti avevamo raccontato qui, ha addosso una gragnuola di accuse di molestie sessuali.
Ho scoperto questa buffa cosa interattiva che permette di avere una specie di conversazione col personaggio protagonista, in questo caso Nile Rodgers. Se pagate, potete fare le domande che volete.
Il paziente Zero. (“Dietro questa maschera c’è un uomo e tu lo sai”).

Make it easy on yourself
Se avessi avuto un programma in tv, di quelli che arrivano gli ospiti e si esibiscono, e io li introduco con quelle breve biografie e la formula “signori, è per me un grande onore avere qui stasera…”, la musica che avrei voluto partisse mentre loro entrano in sala e il pubblico applaude e loro stringono le mani scendendo tra le tribune, sarebbe stata l’attacco di Make it easy on yourself.

Make it easy on yourself ha un attacco perfetto: uno direbbe che sia la cosa migliore di Burt Bacharach se non esistesse un’altra dozzina di cose migliori di Burt Bacharach.
Se invece vi incuriosisse sapere quanto tempo dedico ogni giorno a questa newsletter, la risposta sarebbe “dipende”: oggi per esempio molto più del solito perché sono stato rapito da tutte le versioni di Make it easy on yourself che ci sono su YouTube, e alla fine non sapevo più quale scegliere. Ero partito da quella dei Divine Comedy che – avendo io una formazione da giovane degli anni Ottanta – era stata la prima che avevo sentito. Ma Bacharach e il suo socio Hal David la canzone la scrissero nel 1962 e fu cantata all’inizio da Jerry Butler, cantautore soul illustre di cui linko di passaggio Only the strong survive perché ha anche dato il titolo a un documentario molto bello sul soul. Il botto, Make it easy on yourself, lo fece invece nel 1965 con i Walker Brothers e l’arrangiamento teatrale che poi sarebbe stato ripreso dai Divine Comedy.

E procederei con l’elencare le versioni su cui ho avuto l’imbarazzo della scelta, se potessi fare a meno di raccontare una leggendaria ramificazione della storia, e non posso. Bacharach usava Dionne Warrick – che nel 1962 aveva 21 anni e doveva ancora decidere di chiamarsi Dionne Warwick – come cantante per le versioni “demo” delle sue canzoni: lei quindi registrò per prima Make it easy on yourself, che fu poi data a Jerry Butler perché la casa discografica di Warwick era poco convinta. Warwick ci rimase male, perché si aspettava che fosse il suo primo singolo, e quando Bacharach e David le promisero di darle un’altra canzone, lei rispose “Don’t make me over”, ovvero “non pensate di fregarmi”. Loro ci fecero una canzone e Don’t make me over divenne il primo singolo di Warwick (sbagliarono a scrivere il suo cognome sul disco, e lei si tenne da allora quello che sappiamo tutti), e il primo grande successo della coppia Bacharach/David.
Warwick continuò comunque a cantare Make it easy on yourself, che nella sua versione depurata dagli archi andò di nuovo forte nel 1970. Altre cose Warwick le avevamo scritte qui.

(poi se vi sono piaciuti i Soul II Soul della settimana scorsa, c’è una versione dance del 1989 di Don’t make me over che è molto Soul II Soul)

Da lì in poi comunque l’hanno cantata tutti, Make it easy on yourself, ed è sempre bellissima: ma io continuo a preferire l’incipit enfatico con gli archi, per via di quella cosa degli ospiti che entrano in sala nel mio programma tv della prossima vita. E quindi fra tutte, andiamo con Jackie Trent, cantautrice inglese che la registrò nel 1967, e anche lei avrebbe delle storie ma stiamo esagerando con le divagazioni.

Aggiungo Jerry Butler che la rifà più soul soul nel 1970, Burt Bacharach che la canta lui di persona personalmente al piano, Cissy Houston (madre di Whitney Houston e zia di Dionne Warwick) che è una meraviglia, e gli irlandesi Ash che nel 2002 hanno messo quel passaggio nella loro Candy.

Passaggio che da solo fa tutto il lavoro, tanto che Bacharach scelse di farne non solo il refrain, ma di anticipare il refrain già nell’incipit, e far entrare in scena il refrain già dopo una strofa di appena tre versi e venti secondi.

And make it easy on yourself
Make it easy on yourself


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