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  • Lunedì 22 marzo 2021

Il New York Times non ha più voglia di gestire il suo gruppo Facebook sulla cucina

Nato come estensione della sezione “Cooking”, ha superato i 76mila iscritti e moderare i contenuti è diventato un lavoraccio

Il New York Times abbandonerà il suo gruppo Facebook dedicato alla cucina che da quando è stato fondato, nel gennaio del 2019, ha raccolto oltre 76mila iscritti. In un post sul gruppo ha spiegato che selezionerà 10-20 volontari e che affiderà a loro la moderazione (ci si può candidare qui); dopodiché rimuoverà qualsiasi affiliazione e cambierà il nome. Gestirlo, e soprattutto moderarlo, era diventato eccessivamente oneroso e sottraeva troppo tempo ai redattori del giornale che se ne occupavano. Col tempo poi i contenuti e i commenti pubblicati dagli utenti erano diventati simili a quelli di un qualsiasi grande gruppo di Facebook, senza più molti legami con il New York Times e con frequenti discussioni e litigi su questioni di politica e società, in violazione alle regole del gruppo.

Il giornale ha spiegato che nel tempo il gruppo è cresciuto enormemente e che il suo interesse «è chiaramente andato oltre le ricette o il New York Times»: per questo «dovrebbe essere guidato da persone che sono coinvolte e informate sulla comunità. È venuto il momento di mettere il gruppo nelle vostre mani, i suoi membri».

La decisione non è stata presa in seguito a un episodio particolare. Sam Sifton, redattore di NYT Cooking, la rubrica di cibo e cucina del New York Times, ha spiegato che si è semplicemente capito che «si tratta di molte persone che vogliono pubblicare foto dei loro cani vicino al loro soufflè, non un posto dove avremmo incanalato le persone verso NYT Cooking»; inoltre il giornale pagava redattori per moderare i commenti, che erano così sottratti al lavoro di scrittura in redazione.

La mole di commenti da moderare è probabilmente uno dei motivi che hanno più inciso sulla decisione, insieme alla perdita di identità del gruppo, diventato una smisurata comunità di persone che pubblicano i contenuti più vari. Secondo la giornalista freelance Erin Biba, il gruppo era moderato solo da 4 redattori, che se ne occupavano nel tempo libero dovendo lavorare a tempo pieno in redazione. Quando lo scorso dicembre i moderatori scrissero che avrebbero sospeso le attività del gruppo per prendersi una pausa durante le vacanze natalizie vennero anche criticati aspramente da alcuni utenti.

https://twitter.com/erinbiba/status/1372384590481010689

Ultimamente poi le regole di moderazione erano spesso violate. Prevedevano infatti che si discutesse di cibo, cucina e questioni correlate ma che si lasciassero fuori argomenti come la politica, che è invece entrata con forza durante la divisiva campagna elettorale del 2020. Quando i post a sostegno di un candidato vennero rimossi dai moderatori, gli iscritti iniziarono a inserire dichiarazioni o indicazioni di voto nelle foto di cibo.

Lo stesso si è visto durante le feste: per il Ringraziamento c’era chi pubblicava immagini di cene piene di commensali, non distanziati e senza mascherina – nonostante le indicazioni del governo di evitare assembramenti per contenere il contagio da coronavirus – ed erano puntualmente seguite da commenti critici. Sempre negli ultimi tempi, si è discusso con acrimonia anche di razzismo nell’editoria gastronomica e di appropriazione culturale delle ricette, tutti temi che hanno contribuito a inasprire l’atmosfera, hanno richiesto più impegno ai moderatori e allontanato il gruppo dal suo intento iniziale.

Il gruppo era stato aperto in seguito al successo di NYT Cooking, la rubrica e app di ricette lanciata dal New York Times nel 2017. L’iscrizione costa 40 dollari all’anno, oppure è compresa nell’abbonamento digitale con tutti i servizi inclusi, al costo di 8 euro al mese; nel gruppo si entra invece gratuitamente. Allora Emily Fleischaker, che si occupa della strategia aziendale della sezione, disse che l’obiettivo del gruppo Facebook era «di aiutarci a capire meglio il nostro pubblico, imparare quali siano le ricette che hanno più voglia di cucinare e che fotografano, come vengono in foto, come le impiattano. Sul sito e su Instagram abbiamo dei commenti ma qui c’è una sensazione completamente diversa: gli iscritti sono i protagonisti».

Nel 2019 il gruppo era ancora relativamente piccolo, aveva 8.000 iscritti e si autogestiva, come spiegò la social media editor di NYT Cooking, Kiera Wright-Ruiz; inoltre le persone erano molto affezionate al New York Times, consigliavano ai nuovi membri di iscriversi alla app e rispettavano rigorosamente la regola del giornale di non pubblicare sulla pagina screenshot delle ricette, perché sarebbe stato come derubare i redattori del loro lavoro. Alcuni iscritti regalarono anche l’abbonamento a chi non poteva permetterselo. All’epoca Wright-Ruiz lo definì «l’angolino felice di internet»; due anni dopo la crescita di iscritti e l’incapacità di gestirlo del New York Times lo ha trasformato in un posto sui social come tanti.