Una canzone dei Soul II Soul

Forse ci sono feste da ballo su zoom, sapete niente?

(Photo by Tabatha Fireman/Getty Images)
(Photo by Tabatha Fireman/Getty Images)

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Di nuovo ieri ho raccontato in una lezione un paragone che uso spesso per spiegare cosa sia successo ai giornali, che è quello con la musica, il primo settore a essere stato travolto e sovvertito dalle rivoluzioni digitali, e i cui percorsi sono un modello sempre utile per capire anche altro. E per spiegarlo, racconto com’era quando eravamo ragazzi noi che abbiamo intorno a cinquant’anni, con l’alta fedeltà eccetera (e parlo a persone per cui la derivazione del termine wi-fi da hi-fi è del tutto una novità, come per diversi di voi), e quel raccontarsi allora di percepire sottili differenze tra il suono che usciva da un paio di casse o da un altro, e gli amplificatori con mille selettori, e via discorrendo. E di come quel culto della qualità sonora sia stato dimenticato nel giro di una notte quando in cambio abbiamo avuto la musica digitale, gratis o economica, infinita, trasportabile: e che si sente peggio. Oggi ho trovato questo recente articolo del Wall Street Journal che spiega come l’annuncio di Spotify di una prossima offerta di musica a qualità maggiore incontrerà probabilmente la stessa incapacità di distinguerla: ci racconteremo che ci sembra meglio, ma sarà una sorta di placebo acustico.
80 anni fa oggi era nato Wilson Pickett, che è morto nel 2006 dopo una vita un po’ spericolata.

Keep on movin’
Già un anno fa iniziammo a chiederci se la musica sarebbe cambiata – l’espressione è usata letteralmente, qui – con la pandemia: e ora che le persone non ballano, si fanno scelte diverse nella pubblicazione della musica nuova? Sicuramente qualcuno ha cominciato a studiarci, ma mi stavo chiedendo cosa sarebbe stato della musica dance se una condizione come quella che ha governato il mondo per un anno e che con buona probabilità si avvicinerà a governarlo per quasi due, almeno, mi stavo chiedendo insomma cosa sarebbe successo della musica dance se una condizione del genere avesse occupato un periodo a caso della storia musicale dei decenni passati. Che so, la fine degli anni Ottanta, o l’inizio die Novanta. Si sarebbe pubblicato un disco come il primo dei Soul II Soul, con il suo titolo preveggente Club Classics vol. one?

La gente non balla, e se ci pensate è un cambiamento che se si dovesse protrarre trasformerebbe la nostra civiltà. Anche su questo si è già cominciato a riflettere, ma per ora speriamo che gli effetti non si radichino. E forse ci sono feste da ballo su zoom, chissà: io non sono ancora stato invitato.

Comunque, era il 1989, loro erano dei fighissimi e creativi musicisti neri britannici che misero insieme un po’ di tendenze nuove del tempo e ne recuperarono di vecchie, e fecero appunto un nuovo classico di musica dance: il pezzo che imperversò e rimase di più aveva a sua volta un titolo definitivo, Keep on movin’, che ha mantenuto le sue promesse.
Fatevi un giro nel salotto di casa, con affetto.


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