• Mondo
  • Domenica 14 marzo 2021

Nessun lago è come il Bajkal

Tra la Siberia e la Mongolia c'è il lago d’acqua dolce più antico, più profondo, più trasparente e di maggior volume al mondo: ma i primati ne raccontano solo un pezzo

(ansa)
(ansa)

Nella regione centro-meridionale della Siberia, poco a nord del confine con la Mongolia, si estende in Russia tra la Repubblica di Buriazia e l’oblast’ di Irkutsk un lago circondato da alte montagne che ha una superficie di quasi 32mila chilometri quadrati, più o meno quanto il Belgio. È il lago Bajkal. Un tratto della famosa e raccontata ferrovia Transiberiana ne costeggia il lato sud-occidentale. Non è il più esteso in assoluto, ma altre caratteristiche lo rendono agli occhi di ricercatori, studiosi e viaggiatori uno dei più straordinari al mondo.

Il Bajkal è il lago più profondo e di maggior volume, con una quantità d’acqua paragonabile a quella di tutto il bacino dell’Amazzonia. Contiene quasi un quarto di tutta l’acqua dolce superficiale del mondo: più di tutti i cinque Grandi Laghi del Nord America messi insieme. È anche il più antico, e ha sede in una fossa tettonica, condizioni da cui deriva molto dell’interesse scientifico che suscita. Si ritiene che la sua formazione risalga a 25 milioni di anni fa: quasi tutti i laghi d’acqua dolce sono geologicamente molto più giovani. Sia per le sedimentazioni presenti sul fondo che per la grande biodiversità del suo ecosistema, il Bajkal è stato definito uno «specchio nel tempo e nello spazio» per la comprensione dell’evoluzione della Terra.

Il lago Bajkal – nel 1996 dichiarato patrimonio mondiale dell’UNESCO – è anche meta di un rilevante flusso turistico, sia estivo che invernale. Sorge in un’area più calda rispetto ad altre parti della Siberia, anche per effetto della mitigazione causata dal lago stesso, ma è comunque un posto freddissimo. La maggior parte delle acque del Bajkal resta ghiacciata tra gennaio e giugno, periodo in cui la temperatura può scendere fino a -20° C. I visitatori attraversano lunghi tratti a bordo di furgoncini, come su un strada qualsiasi, o di piccoli hovercraft o di slitte trainate dai cani.

Cani da slitta a Listvyanka, vicino al lago Bajkal (Bernd Weiflbrod/dpa/ansa)

Violente tempeste di vento e cicli di scioglimento e rigelo delle parti in superficie scolpiscono profili vari e accumuli di neve sopra la sconfinata lastra di ghiaccio, spessa fino a 2 metri e in alcuni punti traslucida come vetro. Altre formazioni sono visibili alla base degli ammassi di rocce lungo le rive o all’interno del lago stesso, come fratture simili a linee di fumo o pile verticali di bolle rimaste intrappolate risalendo in superficie.

lago Bajkal

Un particolare della superficie ghiacciata del Bajkal, il 25 febbraio 2021
(Ulf Mauder/dpa/ansa)

Decine di video caricati su Internet in anni recenti hanno mostrato l’ambiente suggestivo che circonda i principali punti degli itinerari turistici. In altri video, girati in momenti dell’anno e in punti del lago in cui le lastre non sono particolarmente spesse, alcuni pattinatori hanno filmato gli effetti del loro passaggio sul ghiaccio e registrato i suoni delle fratture che producono.

Tra gli animali che esistono soltanto nel Bajkal – l’80 per cento delle circa 2.500 specie presenti nel lago è endemico – c’è la pusa sibirica, anche nota come nerpa, una delle foche più piccole e più longeve al mondo. Può vivere fino a 50 anni ed è l’unica foca esclusivamente d’acqua dolce conosciuta (altri focidi presenti in acque dolci appartengono a specie che vivono anche in mare). Si ritiene che popolino le acque del lago da circa due milioni di anni. Viaggiando probabilmente dal Mar Glaciale Artico attraverso qualche collegamento, hanno avuto il tempo di evolversi lontano da altre specie della stessa famiglia sviluppando caratteristiche diverse.

La nerpa nel lago (ANSA-ZUMAPRESS)

Del Bajkal si ricorda spesso che è il lago con le acque più limpide e più pulite al mondo, nonostante la crescita di un inquinamento di origine industriale successivo alla Seconda guerra mondiale (relativo in particolare agli scarti della produzione della carta). La trasparenza dell’acqua è una proprietà misurata in limnologia – la branca dell’idrologia che studia le acque continentali – attraverso la profondità di scomparsa del disco di Secchi. È un metodo che prevede di immergere e osservare un disco bianco di 20 o 30 centimetri legato a una fune. Nel Lago Maggiore il valore della trasparenza massima, nei mesi invernali, non supera i 14 metri. Nelle acque del Bajkal, in certi punti, il disco immerso a 40 metri è ancora visibile.

È una proprietà evidentemente nota da tempo. Durante un lungo viaggio da Mosca a Sachalin, nel giugno 1890, il drammaturgo e scrittore russo Anton Čechov scriveva in una lettera:

Il Bajkal è meraviglioso, e i siberiani non lo chiamano “lago” ma “mare”, per una buona ragione. L’acqua è così insolitamente trasparente che puoi vederci attraverso come fosse aria. Il suo colore è un turchese tenue, gradevole alla vista. Le rive sono montuose, ricoperte dalla foresta, e il territorio intorno è selvaggio, impraticabile. La fauna locale è ricca: orsi, zibellini, capre selvatiche e ogni sorta di animali che vivono nella taiga. Sono rimasto per due giorni lungo la costa del Bajkal. In barca c’era caldo e una gran calma. È magnifica, la Transbajkalia. Un misto tra Svizzera, Finlandia e fiume Don.

La trasparenza del Bajkal è attestata indirettamente anche dalla presenza significativa di zooplancton – il plancton composto da organismi animali – nelle acque profonde del lago, e soprattutto dalle sue particolari migrazioni verticali. Si ritiene infatti che la luce sia uno dei fattori che più condizionano questi spostamenti. E nel caso del Bajkal, dove la luce riesce a filtrare più in profondità che in altri laghi, alcune specie mostrano comportamenti fototattici – reazioni agli stimoli luminosi – diversi rispetto a quando sono osservate in acque meno trasparenti. Quelle del Bajkal sono inoltre considerate acque bassamente produttive, ossia con poche alghe microscopiche, date le particolari caratteristiche fisiche e chimiche e la modesta capacità di ricambio (il Bajkal ha un unico emissario, il fiume Angara).

La facilità con cui le particelle solide non restano sospese e si depositano sul fondo determina una condizione, per certi versi, potenzialmente critica per quanto riguarda gli effetti dell’inquinamento degli ultimi decenni, in parte attutiti da alcuni recenti interventi di risanamento ambientale. Queste particolari condizioni idrologiche e ambientali sono d’altronde ciò che ha reso possibile in milioni di anni la formazione di strati di sedimenti di grande interesse paleontologico e geologico, oltre che per lo studio dei cambiamenti climatici del pianeta.

Il punto di massima profondità del Bajkal, che si trova 454 metri sopra il livello del mare, è di 1.642 metri: al di sotto del fondo si trovano circa 7 chilometri di sedimenti, che racchiudono la storia degli ecosistemi dentro e intorno al lago. La fossa tettonica in cui ha sede il Bajkal – determinata dall’allontanamento tra la placca euroasiatica, a nord-ovest del lago, e la placca dell’Amur, a sud-est – è ritenuta la più profonda frattura geologica continentale sulla Terra.

Bajkal Putin

Vladimir Putin, all’epoca primo ministro della Russia, poco prima di un’immersione nel Bajkal a bordo di un mini-sommergibile, il 1° agosto 2009 (Alexei Druzhinin/AP)

Oltre che essere una formidabile collezione di superlativi in idrologia, geologia, ecologia e storia, il Bajkal occupa da secoli un posto centrale nell’immaginario delle popolazioni che vi si affacciano, in quello dei suoi innumerevoli visitatori e in quello di tutti i russi. In un certo senso è come se la scienza moderna avesse confermato ciò che i residenti conoscono da secoli, scrive il giornalista statunitense Peter Thomson nel libro Sacred Sea: A Journey to Lake Baikal.

«Le persone affacciate alle finestre al passaggio dei treni quasi certamente conoscono queste cose riguardo al loro lago, e il fatto che un posto simile esista entro i loro confini è un motivo di eccezionale orgoglio per loro», scrive Thomson. Per molto tempo, prima di essere collegata attraverso i binari della Transiberiana nei primi anni del XX secolo, l’area del Bajkal è stata abitata lungo le coste da diversi popoli, fin dal VI secolo a.C. almeno. Lo attestano peraltro i differenti nomi con cui è conosciuto il lago, in molti casi composti con la parola che significa “mare” nella lingua mongolica parlata dai buriati, la più grande minoranza etnica della Siberia. Dal buriato baikhaa – che significa “natura” – deriverebbe anche il nome Bajkal, secondo le ipotesi prevalenti.

Il lago Bajkal d’estate, nel 2015
(ULF MAUDER/DPA/ansa)

La città più grande e più vicina è Irkutsk, che si chiama come l’omonimo oblast’, 5.500 chilometri a est di Mosca e circa 250 chilometri a nord del confine con la Mongolia. Un relativo aumento dello sviluppo urbano lungo le coste del Bajkal, fino a raggiungere un totale stimato di circa 80 mila abitanti in meno di 50 insediamenti, è avvenuto nella seconda metà del Novecento. È successo grazie al lavoro di diverse comunità le cui economie sono oggi in parte sostenute dai flussi turistici, come nel caso di Listvjanka, presso la riva destra dell’Angara. Nella parte più a sud si trovano invece altri villaggi abitati prevalentemente da piccole comunità indigene di buriati, alcuni dei quali praticano forme di sciamanismo, e da russi.

Tra questi c’è Lyubov Morekhodova, una ottantenne babushka – termine russo che indica sia “nonna” che “anziana signora” – che vive da sola con il suo cane, le sue mucche e le sue galline, e pattina tutti i giorni sul Bajkal da quando aveva sette anni, con i suoi pattini in acciaio costruiti nel 1943. Protagonista di diversi documentari recenti, ha ricevuto le prime attenzioni mediatiche dopo essere finita in un video caricato su Internet da un amico. È vedova dal 2011 e da anni rifiuta l’invito dei suoi due figli e cinque nipoti a trasferirsi a casa loro, a Irkutsk, a cinque ore di macchina dal villaggio in cui vive.

Ogni anno tra febbraio e marzo si corre sul Bajkal, in condizioni imprevedibili ma generalmente molto difficili, una “maratona sul ghiaccio” che attrae corridori da tutto il mondo. Percorrono circa 37 chilometri partendo da Listvjanka, nella costa nord-occidentale, per arrivare a Tanhoi, nella riserva naturale che si estende lungo la costa sud-orientale. Tra i principali compiti degli organizzatori c’è quello di individuare e stabilire aree del percorso prive di crepe, che potrebbero procurare infortuni ai corridori. E nello stesso tempo è necessario aggirare le parti del lago in cui il ghiaccio è meno spesso: in un’edizione si aprì una spaccatura così ampia che i corridori evitarono di finire in acqua soltanto arrampicandosi su alcuni piccoli hovercraft parcheggiati.

«Credo di aver corso due volte più veloce, ogni volta che il ghiaccio si spaccava», raccontò al New York Times una terapista cambogiana che aveva partecipato all’edizione del 2019, che a un certo punto fu interrotta in seguito a una tempesta di neve. Sotto i passamontagna i corridori indossano speciali indumenti e applicano tessuti adesivi sulle aree del corpo più esposte, come il naso e gli zigomi. Nonostante queste accortezze ad alcuni di loro è capitato di finire la corsa con parti delle orecchie o delle dita congelate.

Al Bajkal è talvolta associato, sempre in ambito di sport estremi, il nome della nuotatrice e scrittrice americana Lynne Cox, nota alla fine degli anni Ottanta per esser stata la prima donna ad attraversare a nuoto lo stretto di Bering, nel 1987. Quell’impresa, avvenuta intorno alla fine della Guerra Fredda, fu in seguito descritta come un momento di importante distensione nei rapporti tra la Russia di Michail Gorbaciov e gli Stati Uniti di Ronald Reagan.

Tra le imprese “minori” di Cox è citata la lunga nuotata nel Bajkal, avvenuta l’anno successivo, nell’agosto 1988. Non fu propriamente una traversata: a causa di insuperabili problemi logistici Cox nuotò da un punto a un altro sulla stessa riva. Nuotò per circa 16 chilometri in 4 ore e 19 minuti, resistendo nelle acque del lago – intorno ai 10° C, in quel periodo dell’anno – più a lungo di chiunque altro prima di lei.

Lynne Cox Bajkal

Lynne Cox nelle acque del Bajkal, seguita dal suo accompagnatore e guida Ross Roseman, il 26 agosto 1988 (AP Photo).

Si stima che nel 2018 più di 1,6 milioni di persone abbiano visitato il Bajkal. Negli ultimi anni è cresciuta la percentuale di turisti cinesi e in particolare di coppie, molte delle quali ispirate da una canzone pop di grande successo in Cina intitolata “Sulle rive del lago Bajkal”. Sono cinesi anche molti imprenditori che in tempi recenti hanno costruito resort e altre strutture intorno al lago intravedendo opportunità di guadagno. Per anni gli unici cinesi della zona sono stati commercianti poveri che vendevano merci a Irkutsk.

Alla gente del lago, scrive il New York Times, non piace molto che i cinesi si riferiscano al Bajkal chiamandolo ancora “Mare del Nord”, il nome in uso fin dai tempi dell’Impero cinese sotto la dinastia Han. C’è chi lo interpreta come un indizio che Pechino stia segretamente complottando per reclamare il lago e altre vaste aree scarsamente popolate della Manciuria, lungo il fiume Amur, a lungo contese tra la Cina dei Qing e l’Impero russo fin dal XVII secolo.