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  • Venerdì 12 marzo 2021

Come si fa a disegnare una mappa senza mostrare i confini tra i paesi?

È un problema che affronta da anni l'Economist, che cerca soluzioni creative per superare uno specifico divieto imposto dall'India

(The Economist)
(The Economist)

Nella newsletter Off the Charts, in cui si parla principalmente del giornalismo raccontato attraverso i dati, l’Economist ha spiegato di avere qualche problema nel consegnare le copie cartacee del giornale in India per via dei territori che sono rivendicati anche da altri paesi, tra cui il Kashmir, stato indiano a maggioranza musulmana rivendicato dal Pakistan, e alcuni territori lungo la catena montuosa dell’Himalaya, rivendicati dalla Cina. La distribuzione è piuttosto complicata perché le autorità indiane vogliono che tutte le mappe inserite nelle pubblicazioni non mostrino i confini contestati e attribuiscano all’India tutti i territori rivendicati dal governo indiano; diversamente impediscono ai giornali di circolare nel paese.

Questa situazione ha portato l’Economist e altri ad adottare soluzioni particolari per riuscire a distribuire le proprie pubblicazioni in India senza allo stesso tempo rappresentare i confini effettivi del paese in maniera apertamente scorretta.

Le copie cartacee dell’Economist destinate all’India vengono stampate a Singapore e prima di essere distribuite nel paese sono sottoposte a rigide ispezioni doganali.

Per un certo periodo di tempo, l’Economist pagò una persona che si occupava di timbrare ogni mappa su ciascuna copia del settimanale destinata al mercato indiano. Il timbro aveva una scritta che diceva: «I confini esterni dell’India indicati non sono né corretti né autentici» e serviva a superare il controllo doganale. Questa, tuttavia, non era una soluzione particolarmente agevole né rapida.

A partire dal 2011 gli stampatori iniziarono ad applicare manualmente etichette bianche sulle mappe delle copie destinate al mercato indiano, in modo da nascondere i territori contesi oppure oscurare del tutto le mappe che raffiguravano India, Pakistan e Cina. La scelta di apporre le etichette fu introdotta per un motivo specifico: come ha spiegato l’allora corrispondente dell’Economist nel sudest asiatico, Adam Roberts, i funzionari doganali smisero di accettare le copie dei giornali col timbro perché le mappe non erano conformi alle posizioni ufficiali del governo, e minacciarono di arrestare chiunque importasse libri o giornali che non avevano le mappe ufficiali.

Nemmeno questo metodo fu sufficiente, perché un agente doganale si accorse che in controluce era ancora possibile vedere i confini contestati dal governo indiano. Le etichette bianche furono così sostituite da etichette nere. Il sito Newslaundry ha raccolto alcuni articoli dell’Economist pubblicati in India tra il 2011 e il 2019 in cui si possono vedere le mappe coperte da queste etichette.

– Leggi anche: India e Pakistan hanno annunciato un cessate il fuoco nella regione del Kashmir

Per via dei troppi rischi, anche economici, l’Economist decise che sarebbe stato meglio evitare del tutto di utilizzare le mappe, che però sono molto utili per raccontare certi fenomeni e far capire meglio al lettore la storia che si sta raccontando. La soluzione fu usare una serie di stratagemmi per aggirare la censura indiana.

Uno di questi fu coprire le zone dei confini contesi con una legenda oppure con il riquadro che spesso si inserisce in una mappa per far capire dove si trova la regione del mondo di cui si sta parlando (inset map). Un altro fu usare un apposito colore per distinguere le regioni di cui si parla nell’articolo, senza disegnare i confini dei paesi coinvolti. Questa ultima soluzione poteva funzionare però solo quando Pakistan e Cina avevano lo stesso colore dell’India, o quando nessuno di loro era coinvolto nell’articolo. Negli altri casi, si doveva essere ancora più creativi.

Per esempio, in un articolo che parlava delle dosi di vaccino contro il coronavirus ordinate dai diversi paesi, l’Economist utilizzò un’illustrazione schematica in cui ciascun paese appariva più o meno grande a seconda del numero dei suoi abitanti: in questo modo, i confini dell’India risultarono così distorti da non preoccupare le autorità indiane.

Secondo l’Economist, queste soluzioni sono un buon compromesso ma comunque poco efficaci, soprattutto quando si devono raccontare storie che riguardano regioni come il Kashmir, dove le mappe sono essenziali per far capire al lettore le questioni legate al conflitto territoriale.

Per evitare ogni problema, dal 2019 lo stampatore dell’Economist a Singapore ha iniziato a inserire al posto delle mappe che mostrano i confini effettivi dell’India – previste regolarmente nelle edizioni destinate ad altri paesi – una casella nera in cui viene spiegato il motivo per cui la mappa non compare nell’edizione indiana. Il messaggio nel riquadro dice:

Manca la mappa? Purtroppo l’India censura le mappe che mostrano i confini effettivi vigenti, e pretende invece che vengano mostrati soltanto i territori che reclama come suoi. Su questo aspetto è più intollerante sia della Cina che del Pakistan. I lettori indiani perciò verranno privati di questa mappa. Al contrario del loro governo, noi crediamo che i nostri lettori indiani siano in grado di affrontare la realtà politica. Chiunque voglia vedere una rappresentazione accurata dei diversi territori contesi può farlo utilizzando la nostra mappa interattiva all’indirizzo Economist.com/asianborders