Se vedete un procione, denunciatelo

Perché è in Italia e in Europa per errore, e con i suoi simili minaccia altre specie vulnerabili e rischia di fare altri danni

Un procione nel parco naturale di Schlaubetal, a sud-est di Berlino, in Germania, l'8 luglio 2020 (Ingolf König-Jablonski/dpa-Zentralbild/ZB, ANSA)
Un procione nel parco naturale di Schlaubetal, a sud-est di Berlino, in Germania, l'8 luglio 2020 (Ingolf König-Jablonski/dpa-Zentralbild/ZB, ANSA)

I procioni, i piccoli mammiferi nordamericani con la “mascherina” di pelo sul muso, sono percepiti come animali simpatici. Sono spesso abituati alla presenza delle persone, o addirittura a essere nutriti dagli umani, per questo internet è piena di video e fotografie di procioni che fanno cose più o meno buffe. Hanno inoltre alcune caratteristiche fisiche che ce li fanno piacere: oltre alla “mascherina” che ricorda i banditi del cinema, pur non avendo il pollice opponibile le loro zampe anteriori somigliano a piccole mani.

Ma i procioni possono essere un problema. In Nord America si sono adattati a vivere nelle città, dove mangiano dalle ciotole degli animali domestici e dai bidoni della spazzatura e fanno danni vari, in alcuni casi diventano aggressivi con le persone e possono diffondere malattie. Gli stessi problemi potrebbero verificarsi sempre di più anche nei paesi europei in cui i procioni sono stati introdotti in modo intenzionale o accidentale, e dove possono anche danneggiare gli animali autoctoni. Tra questi paesi c’è anche l’Italia.

Dove sono i procioni in Italia
In anni recenti esemplari di procione (Procyon lotor) sono stati avvistati più volte in varie regioni italiane. Si trattava perlopiù di animali solitari, che erano fuggiti dalla cattività, per poi essere ricatturati o morire lungo le strade. In almeno due casi tuttavia si sono formate vere e proprie popolazioni di questi animali, per quanto ridotte: è successo la prima volta nei primi anni Duemila in Lombardia e più di recente nell’Appennino tra la Toscana, le Marche e la Romagna.

La popolazione di procioni lombarda fu scoperta tra il 2004 e il 2008 lungo il corso del fiume Adda, che attraversa le province di Sondrio, Como, Lecco, Bergamo, Monza e Brianza, Milano, Cremona e Lodi. Secondo i ricercatori che analizzarono gli avvistamenti, è probabile che questi procioni provenissero dalla Svizzera: lì sono presenti fin dagli anni Settanta per l’espansione delle popolazioni introdotte in Germania e in Francia. Oggi comunque la popolazione di procioni intorno all’Adda dovrebbe essere stata rimossa: tra il 2016 e il 2019 il Parco Adda Nord e Regione Lombardia hanno catturato e soppresso 69 procioni adulti, e la scorsa estate è cominciato un monitoraggio di due anni per verificare che non ce ne siano altri in circolazione.

Ci sono però dei procioni anche sugli Appennini, all’interno e nelle vicinanze del Parco nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna, che si trova tra la provincia di Forlì-Cesena, in Romagna, e quelle di Arezzo e Firenze, in Toscana. I primi due avvistamenti risalgono al 2013 e al 2015, quando degli esemplari furono trovati morti lungo strade della provincia di Arezzo. Si pensa che la popolazione sia formata dai discendenti di una famiglia di procioni fuggiti nel 2012 da uno zoo privato della provincia di Arezzo, il Parco Zoo di Poppi, dove esemplari di procioni vivevano da più di una decina d’anni.

Nel 2019, l’analisi di 39 segnalazioni raccolte con progetti di scienza partecipata e attraverso i social network (ecco un esempio) ha permesso di stimare che tra il 2015 e il 2018 l’areale dei procioni nell’Italia centrale si sia allargato del 95-100 per cento: alcuni avvistamenti sono avvenuti vicino a Bagno di Romagna, nelle colline della provincia di Forlì-Cesena. Lo studio del 2019, pubblicato sulla rivista Mammalia, ha confermato che i procioni degli Appennini si stanno riproducendo, e quindi stanno aumentando di numero, perché fin dal 2016 sono stati visti più volte dei cuccioli. Tuttavia finora non sono state fatte stime sul numero totale dei procioni in circolazione negli Appennini.


Ciò che invece si sa è che i procioni sono una minaccia per una specie animale locale già a rischio d’estinzione e protetta dalle leggi italiane ed europee, il gambero di fiume europeo (Austropotamobius pallipes). Nel solo mese di settembre 2019, nei boschi del Centro Italia, sono stati trovati 37 resti di gamberi di fiume che erano stati mangiati da procioni, spiega uno studio pubblicato a febbraio sulla rivista Ethology Ecology and Evolution.

Per proteggere i gamberi ed evitare altri danni, già da qualche anno il Parco nazionale delle Foreste Casentinesi e l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) hanno cominciato un piano di cattura e sterilizzazione dei procioni.

Nel caso dei procioni dell’Adda, che erano molto numerosi, le autorità avevano deciso di sopprimere gli animali, mentre finora il Parco delle Foreste Casentinesi ha portato quelli catturati in centri rifugio per la fauna selvatica attrezzati per ospitare specie animali invasive. Ce n’è ad esempio uno in Umbria gestito dai carabinieri, il Centro Rifugio per Animali Selvatici Formichella, in provincia di Terni, e uno in Emilia, il Centro Tutela e Ricerca Fauna Esotica e Selvatica di Monte Adone, in provincia di Bologna, che è gestito da un’associazione e oggi ospita 12 procioni (si possono leggere le storie di alcuni di loro sul sito del centro).


I procioni in Europa
Fin dal 1996 in Italia i procioni sono considerati una specie che può «costituire pericolo per la salute e l’incolumità pubblica»: quell’anno un decreto del ministero dell’Ambiente stabilì che ne era proibita la detenzione. Fino a quel momento era possibile importare e vendere questi animali e c’erano famiglie che avevano dei procioni per animali domestici. Fu ritenuto un problema di salute pubblica perché i procioni possono trasmettere all’uomo e ad altri animali alcune malattie, come la leptospirosi, la giardiasi e il cimurro; possono trasmettere anche la rabbia, ma non Italia dove la malattia non è più presente.

Ora in Italia è possibile allevare un procione solo se si ha una specifica autorizzazione: è quella di cui dispongono le istituzioni scientifiche e di ricerca pubbliche e private e i centri rifugio attrezzati a ospitare animali selvatici. Ci sono tuttavia, periodicamente, notizie di procioni tenuti come animali domestici e poi sequestrati dalle autorità. È il caso ad esempio del procione Lucio, che viveva come animale di compagnia a Milano, prima di essere portato nel Centro di Monte Adone.

Nel 2016 i procioni sono stati aggiunti all’elenco delle specie esotiche invasive di cui i paesi membri dell’Unione Europea devono cercare di evitare la diffusione per ragioni ecologiche, oltre che sanitarie.

A oggi i procioni sono diffusi in libertà in altri 15 paesi dell’Unione Europea: Austria, Belgio, Croazia, Danimarca, Francia, Germania, Irlanda, Lussemburgo, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna e Ungheria. Sono diffusi soprattutto nell’Europa centrale e in particolare in Germania, dove erano stati introdotti volontariamente negli anni Trenta con l’idea di sfruttarli come animali da caccia, e poi negli anni Quaranta, quando fuggirono da un allevamento aperto che li usava come animali da pelliccia.


Nel tempo si sono diffusi in varie zone del paese perché sono animali molto adattabili, onnivori e veloci a riprodursi. Per via di queste caratteristiche potrebbe essere sempre più difficile eliminare le loro popolazioni, dato che in Europa non hanno predatori. Nel Parco delle Foreste Casentinesi vivono anche i lupi, ma non sono stati trovati peli di procione nelle loro feci: per questo, per quanto ne sappiamo finora, non li mangiano.