Il prossimo segretario del PD sarà Enrico Letta?

I dirigenti del partito glielo stanno chiedendo insistentemente, lui si è preso due giorni per pensarci

(ANSA/RICCARDO ANTIMIANI)
(ANSA/RICCARDO ANTIMIANI)

L’ex presidente del Consiglio Enrico Letta è citato da alcune ore come principale candidato a succedere a Nicola Zingaretti alla segreteria del Partito Democratico: dopo molti articoli di retroscena, Letta ha di fatto confermato la possibilità su Twitter, spiegando però di volersi prendere 48 ore per decidere. «Ho il PD nel cuore e queste sollecitazioni toccano le corde più profonde. Ma questa inattesa accelerazione mi prende davvero alla sprovvista; avrò bisogno di 48ore per riflettere bene. E poi decidere» ha scritto.

Oltre ad aver fatto il presidente del Consiglio per poco meno di un anno, Letta è stato tre volte ministro, e vicesegretario del PD sotto Pier Luigi Bersani. Oggi vive tra Testaccio a Roma e Parigi, dove dirige la Scuola di affari internazionali di Science Po, l’Istituto di studi politici di Parigi. Non è più in politica dal febbraio del 2014, quando Matteo Renzi lo sostituì alla presidenza del Consiglio con un’operazione che sarebbe diventata tra le più raccontate e note della storia politica italiana recente, spesso associata allo «stai sereno» che Renzi disse a Letta poco prima di rimuoverlo.

Letta è sempre rimasto nel PD e ha continuato a dare frequenti interviste, ma non è più stato coinvolto direttamente negli affari del partito e nella politica.

Quello che sta succedendo, stando a quanto ricostruiscono i cronisti politici, è che i dirigenti del PD da alcuni giorni stanno insistentemente chiedendo a Letta di tornare per guidare il partito. L’esigenza della dirigenza è quella di un leader autorevole, che nel caso di Letta avrebbe un esteso riconoscimento internazionale e sarebbe da tempo slegato dalle correnti interne del partito. Sembra che lui subito abbia detto di no, e che si sia poi convinto perlomeno a considerare l’ipotesi. Zingaretti sembra tra i più convinti sostenitori della sua candidatura, mentre altre correnti sembrano insoddisfatte ma senza molti margini per opporsi davvero a questa ipotesi.

Zingaretti aveva annunciato a sorpresa le sue dimissioni la settimana scorsa, lasciando il partito – già nel mezzo di una grossa crisi – particolarmente disorientato, e con la necessità di trovare una soluzione in tempi rapidi vista la delicata situazione politica, che vede il PD in un governo con Lega e Movimento 5 Stelle e diviso internamente sull’opportunità di allearsi strutturalmente con quest’ultimo.

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Repubblica e Corriere scrivono che le condizioni principali di Letta per fare il segretario sarebbero la garanzia di rimanere in carica fino al termine previsto del mandato, nel 2023, e di essere votato dall’Assemblea nazionale che si terrà domenica. Questo vorrebbe dire che le varie correnti, da quella degli ex renziani di Base riformista a quella che fa riferimento a Matteo Orfini, da Area dem di Dario Franceschini agli esponenti vicini al ministro del Lavoro Andrea Orlando, dovrebbero accettare la sua candidatura e rinunciare a un congresso e alle primarie anticipati.

La crisi che sta attraversando il PD con le sue divisioni interne e i suoi problemi da risolvere si uniscono alla nota diffidenza di Letta rispetto all’ipotesi di tornare a occuparsi del partito dopo quanto successo nel 2014 (in questi anni il suo racconto dell’operazione di Renzi è sempre stato strettamente legato all’aspetto personale della vicenda). Su Repubblica, Filippo Ceccarelli scrive che anche più del problema delle correnti «rema contro l’ipotesi di un ritorno la legge dell’opportunità individuale: chi glielo fa fare?».