Nel processo di appello-bis “Mondo di Mezzo” Salvatore Buzzi è stato condannato a 12 anni e 10 mesi e Massimo Carminati a 10 anni

Salvatore Buzzi, uno degli imputati nel processo "Mondo di Mezzo", all'interno del tribunale di Roma, 9 marzo 2021 (ANSA/MASSIMO PERCOSSI)
Salvatore Buzzi, uno degli imputati nel processo "Mondo di Mezzo", all'interno del tribunale di Roma, 9 marzo 2021 (ANSA/MASSIMO PERCOSSI)

Salvatore Buzzi è stato condannato a 12 anni e 10 mesi di carcere nel processo di appello-bis “Mondo di Mezzo”. Massimo Carminati è stato condannato a dieci anni. Il presidente della prima corte d’appello di Roma Tommaso Picazio ha pronunciato la sentenza dopo circa 4 ore di camera di Consiglio.

L’avvocato di Carminati ha dichiarato: «Con questa sentenza il mio assistito è sotto il limite che consente una misura alternativa e quindi potrebbe non tornare più in carcere»: Carminati ha trascorso 5 anni e 7 mesi di carcere. Buzzi ha commentato a sua volta che presenterà ricorso in Cassazione contro la sentenza.

Nell’ottobre del 2019, la VI sezione penale della Corte di Cassazione aveva escluso il reato di associazione per delinquere di stampo mafioso che era stato riconosciuto a Carminati e Buzzi in appello, trasformando il nome del processo usato dai giornali da “Mafia Capitale” a “Mondo di Mezzo”. La Corte aveva riqualificato l’associazione mafiosa in associazione per delinquere semplice e aveva fatto cadere molte delle accuse che erano state contestate a Buzzi e Carminati: si era tenuto quindi un nuovo processo d’appello, ma solo per rideterminare le pene di alcuni imputati. Nel primo processo di appello, Carminati era stato condannato a 14 anni e 6 mesi e Salvatore Buzzi a 18 anni e 4 mesi.

L’inchiesta giudiziaria conosciuta come “Mondo di mezzo” o “Mafia Capitale” era cominciata nel dicembre del 2014 e aveva portato all’arresto di decine di persone per una presunta associazione mafiosa composta principalmente – ma non solo – da esponenti politici e dalla criminalità organizzata romana, che controllavano appalti e finanziamenti pubblici con metodi mafiosi. L’inchiesta fu chiamata da subito dai magistrati responsabili “Mafia capitale”, con l’evidente obiettivo di sostenere la tesi che tra le accuse potessero essere sostenute anche quelle legate alle associazioni criminali di tipo mafioso. Il processo di primo grado, tuttavia, si era concluso nel luglio 2017 senza che per i molti condannati fosse riconosciuta l’aggravante dell’associazione per delinquere di stampo mafioso.