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  • Martedì 9 marzo 2021

Gli scontri tra movimenti femministi e polizia a Città del Messico

Sono avvenuti in occasione della Giornata internazionale della donna, ma i motivi delle tensioni arrivano da lontano

Alcune manifestanti lanciano sassi verso il Palazzo Nazionale di Città del Messico, 8 marzo 2021. (AP Photo/ Rebecca Blackwell)
Alcune manifestanti lanciano sassi verso il Palazzo Nazionale di Città del Messico, 8 marzo 2021. (AP Photo/ Rebecca Blackwell)

Lunedì, in occasione della Giornata internazionale della donna, a Città del Messico ci sono state proteste contro il governo del presidente Andrés Manuel López Obrador, e in diversi momenti i manifestanti si sono scontrati con la polizia. Gli scontri più violenti sono stati davanti al Palazzo Nazionale, sede del governo e residenza del presidente, dove sono rimaste ferite un’ottantina di persone. All’inizio del suo mandato, López Obrador aveva promesso un paese più equo per le donne, ma secondo diversi osservatori il suo governo sta continuando fare molto poco per combattere i problemi della violenza di genere, tra cui il femminicidio, che in Messico è un fenomeno sempre più diffuso.

Le manifestazioni hanno coinvolto alcune migliaia di donne in diverse parti di Città del Messico. Centinaia di loro hanno marciato verso il Palazzo Nazionale, nel centro della città, dove era stata posizionata una barricata di metallo per impedire l’accesso all’edificio. Alcune attiviste avevano con loro martelli, mazze e fiamme ossidriche. Un gruppo è riuscito ad abbattere parti della barricata e si è scontrato con la polizia, che ha lanciato bombe sonore per disperdere le manifestanti. Secondo le forze di sicurezza di Città del Messico, negli scontri sono rimaste ferite almeno 81 persone: 62 agenti di polizia e 19 manifestanti.

Le attiviste avevano raggiunto la sede del governo per rivendicare più diritti e la parità di genere, ma soprattutto per protestare apertamente contro López Obrador, che è stato accusato di non fare abbastanza per difendere i diritti delle donne messicane. Il problema della violenza sulle donne in Messico è molto grave e casi di stupri o abusi sono particolarmente diffusi.

Nel 2020 in Messico sono stati denunciati circa 16mila casi di stupro. Sempre l’anno scorso sono stati registrati 966 femminicidi, ma questo conteggio comprende esclusivamente i femminicidi definiti come tali dalle autorità locali. Le morti violente di donne, che comprendono anche gli omicidi volontari, sono state molte di più (3.723, sempre nel 2020) e le associazioni femministe ritengono che il numero ufficiale di femminicidi sia tenuto volutamente basso per cercare di nascondere il problema. Anche secondo i conteggi ufficiali, comunque, i femminicidi sono in aumento: nel 2015 erano stati 411.

Uno dei principali problemi è che la maggior parte delle violenze rimane impunita. Secondo un’inchiesta del sito di notizie Animal Politico, tra il 2014 e il 2018 soltanto il 5 per cento delle accuse per violenze sessuali aveva portato a una condanna. Per le femministe il governo messicano sta ignorando le richieste delle donne e sta tradendo le promesse che aveva fatto per rendere il Messico più egualitario e femminista.

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López Obrador, attivista e sindacalista di lunga data, è stato eletto a capo di una coalizione di sinistra nel 2018. Prima di essere eletto presidente, si era presentato come candidato femminista e difensore dei diritti dei più deboli, tra cui le popolazioni indigene. Tra le altre cose, per la prima volta nella storia del Messico, il suo governo è composto per la metà da ministre donne, compresa la ministra dell’Interno, uno dei ruoli più importanti di tutto il gabinetto. Da quando López Obrador è a capo del governo, però, gli attivisti hanno contestato duramente sia alcune sue dichiarazioni, sia alcune mosse politiche ritenute controverse.

Per esempio, l’anno scorso, dopo due femminicidi particolarmente cruenti che avevano colpito l’opinione pubblica (uno di una ragazza di 25 anni, uno di una bambina di 7), López Obrador aveva detto che questi casi erano stati «manipolati dai media», e che i suoi avversari conservatori si erano «travestiti da femministi» per attaccarlo. Negli ultimi giorni, inoltre, il presidente è stato ampiamente criticato per aver scelto come candidato alla carica di governatore dello stato di Guerrero, nel sud-ovest del paese, un suo alleato politico accusato di stupro e violenza sessuale.

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La risposta di López Obrador rispetto alle critiche è stata l’opposto di quello che si aspettavano gli attivisti che lo avevano contestato: ha difeso il candidato scelto, Félix Salgado Macedonio, e denunciato le sue accusatrici. Inoltre, in diverse occasioni López Obrador ha minimizzato i movimenti di protesta, accusando i gruppi femministi di farsi manipolare e di agire per fini politici.

Anche lunedì mattina, prima delle manifestazioni per la Giornata internazionale della donna, López Obrador ha fatto dichiarazioni ritenute controverse e contraddittorie. Ha ribadito l’impegno della sua amministrazione per rendere il Messico un paese più egualitario, citando il successo del governo composto per la metà da donne, e ha detto di sostenere i movimenti femministi, pur non tollerando episodi violenti. Allo stesso tempo, ha nuovamente accusato i conservatori di aver manipolato le femministe per fini politici e ha sottolineato che le proteste dei movimenti femministi sono iniziate soltanto da quando lui è al governo.

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