Nelle terapie intensive le cose si complicano

Il tasso di occupazione dei posti letto ha raggiunto il 28 per cento in tutta Italia e la situazione è difficile in undici regioni

(Michele Lapini/Getty Images)
(Michele Lapini/Getty Images)

In molte regioni italiane oltre il 30 per cento dei posti letto disponibili nei reparti di terapia intensiva è occupato dai malati di COVID-19 in gravi condizioni. Il 30 per cento è la soglia di allerta fissata dal ministero della Salute. Secondo gli ultimi aggiornamenti le persone attualmente ricoverate nelle terapie intensive sono 2.571, e tra venerdì e sabato sono stati notificati 214 nuovi ingressi. Al momento in Italia il tasso di occupazione dei posti letto è al 28 per cento, una percentuale in aumento negli ultimi giorni e vicina alla soglia di allerta.

L’occupazione dei posti letto e l’andamento degli ingressi nelle rianimazioni sono due degli indicatori più importanti per valutare la situazione epidemiologica. Sono dati rappresentativi perché non sono soggetti a limiti e variabili che invece caratterizzano il tracciamento dei positivi. Da un anno, ormai, è chiaro che l’aggiornamento quotidiano dei nuovi contagiati mostra solo una parte della reale incidenza sul territorio a causa della scarsa efficacia del monitoraggio e del contact tracing. Nelle ultime settimane, con l’aumento dei contagi, il tracciamento dei positivi e dei loro contatti è saltato in molte regioni così come era avvenuto nei mesi di ottobre e novembre.

Il numero dei pazienti attualmente ricoverati, invece, è un indicatore molto più stabile anche se va letto con attenzione e confrontato con il numero totale dei posti letto disponibili nelle rianimazioni. In questo modo si può monitorare il livello di saturazione degli ospedali per capire se il sistema sanitario riesce a rispondere con efficacia all’aumento dei pazienti in gravi condizioni. Il numero di posti letto, infatti, non è fisso: molte regioni li possono aumentare in caso di emergenza.

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Nonostante il tasso di occupazione a livello nazionale sia al 28 per cento, ci sono regioni dove la situazione negli ospedali è sotto controllo e altre invece in una fase delicata a causa di un aumento del numero dei pazienti negli ultimi sette giorni. Le regioni con il tasso di occupazione oltre la soglia del 30 per cento sono undici: Abruzzo, Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Toscana, Umbria e le province autonome di Bolzano e Trento.

Il tasso di occupazione più alto è in Umbria, dove il 58,2 per cento dei posti disponibili nelle terapie intensive è occupato dai pazienti malati di COVID-19. La percentuale è molto alta anche nella provincia autonoma di Trento, 53,3 per cento, e in Molise, al 48,7 per cento.

Già da metà gennaio in Umbria si è registrato un notevole aumento dei contagi e dei ricoveri in terapia intensiva. La regione è stata la prima a disporre una zona rossa locale in tutta la provincia di Perugia e in alcuni comuni della provincia di Terni dove è stata rilevata un’alta prevalenza della cosiddetta variante inglese. Negli ospedali sono attualmente ricoverate 82 persone in gravi condizioni. Mercoledì 10 marzo sarà aperto un nuovo ospedale da campo, allestito accanto all’ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia. L’ospedale da campo avrà 12 posti letto di terapia intensiva.

Negli ultimi sette giorni anche la Lombardia ha attivato molti posti disponibili nelle terapie intensive per rispondere all’aumento dei ricoveri avvenuto in quasi tutte le province. Il tasso di occupazione è vicino al 40 per cento, ma ci sono province dove la percentuale è molto più alta.

(Robert Hradil/Getty Images)

A Brescia, per esempio, dove nelle ultime due settimane sono stati trovati migliaia di positivi. Da giovedì a venerdì, nelle terapie intensive degli ospedali in provincia di Brescia si è passati da 88 a 115 ricoverati. Agli Spedali civili di Brescia il tasso di occupazione dei posti letto in terapia intensiva ha raggiunto il 97 per cento ed è stato necessario trasferire alcuni pazienti all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. «In autunno all’azienda socio sanitaria Spedali Civili avevamo avuto il picco dei ricoveri con 300 posti letto occupati. Adesso abbiamo già superato i quattrocento e siamo ancora lontani dal picco», ha detto al Giornale di Brescia il direttore generale dell’ASST Massimo Lombardo.

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Anche le regioni con ospedali più piccoli sono in affanno. In Abruzzo il tasso di occupazione dei posti letto è al 41 per cento. Salvatore Maurizio Maggiore, responsabile dell’Unità operativa di anestesia e rianimazione dell’ospedale Santissima Annunziata di Chieti, spiega che rispetto alla prima ondata i medici sono più preparati, ci sono più posti letto e sono state comprate attrezzature, ma non è stato risolto il problema della carenza di personale. «La situazione delle terapie intensive in Abruzzo è critica ormai da giorni. Anche a Chieti il problema è serio, con un tasso di occupazione dei letti molto alto. Siamo in difficoltà», ha detto Maggiore.

In questa infografica si può vedere il numero dei pazienti ricoverati nelle terapie intensive delle regioni italiane dall’inizio di ottobre fino al 6 marzo. In molte regioni in questa fase dell’epidemia ci sono più pazienti ricoverati rispetto alla seconda ondata. Grazie al filtro è possibile consultare i dati di tutte le regioni.

L’afflusso quotidiano di malati nelle terapie intensive è un altro indicatore importante. Una delle regioni che nell’ultima settimana hanno registrato un aumento dei nuovi ingressi è l’Emilia-Romagna, dove l’incidenza dei nuovi positivi è alta in tutte le province e molti ospedali sono in difficoltà.

Sabato 6 marzo l’azienda ospedaliera di Modena ha diffuso un appello per invitare la popolazione a non andare al pronto soccorso se non in caso di infortuni sul lavoro e traumi gravi. «Non accedete per velocizzare l’iter di approfondimenti diagnostici né per cercare di abbreviare l’eventuale richiesta di tampone, perché tali comportamenti mettono in crisi la capacità di risposta dell’intero sistema», ha detto Stefano Toscani, direttore del dipartimento di Emergenza-Urgenza dell’azienda sanitaria di Modena.

Questa infografica mostra l’andamento dei nuovi ingressi nei reparti di terapia intensiva. Anche in questo caso, il filtro consente di consultare i dati di tutte le regioni.

Da metà febbraio l’andamento dei nuovi ingressi di malati in gravi condizioni negli ospedali italiani e la saturazione dei reparti ha portato alla riattivazione della CROSS, la Centrale Remota Operazioni Soccorso Sanitario della Protezione civile nazionale. Grazie all’utilizzo di elicotteri coordinati dalla centrale operativa del 118 di Pistoia, in Toscana, vengono trasferiti pazienti da una regione in difficoltà ad ospedali di regioni dove l’epidemia non è oltre i livelli di allerta. Dal 17 febbraio, grazie alla CROSS, sono stati trasferiti quindici malati: 12 dal Molise, 2 dall’Umbria e uno dalle Marche. I pazienti sono stati trasferiti in ospedali del Lazio e della Puglia. Questo coordinamento è stato molto utile durante la prima ondata dell’epidemia, nei mesi di marzo e aprile dello scorso anno, mentre non era stato utilizzato durante la seconda ondata.