Il Barcellona vota per tornare la squadra di una volta

Almeno 110.000 soci del club, un tempo il migliore al mondo, eleggeranno un nuovo presidente a pochi giorni dall'arresto di Bartomeu

Gerard Piqué in Barcellona-Siviglia, semifinale di Coppa del Re (David Ramos/Getty Images)
Gerard Piqué in Barcellona-Siviglia, semifinale di Coppa del Re (David Ramos/Getty Images)

Il Barcellona, la squadra che più di ogni altra ha segnato il calcio professionistico negli ultimi vent’anni, eleggerà domenica il suo nuovo presidente. Con le elezioni, il club spera di riprendersi da quello che viene descritto come uno dei periodi peggiori della sua storia, fatto di sconfitte clamorose e di tanti casi che hanno tormentato di continuo l’ambiente attorno alla squadra, l’ultimo dei quali risale a una settimana fa: l’arresto del presidente uscente Josep Maria Bartomeu, dimessosi lo scorso ottobre dopo essere stato di fatto sfiduciato dai soci.

Il Barcellona è una delle quattro squadre spagnole ad azionariato popolare in cui la maggioranza è rappresentata dai soci. Il Barcellona di soci ne ha circa 163.000, e secondo la stampa spagnola almeno 110.000 di questi dovrebbero votare alle elezioni di domenica nei seggi allestiti in Catalogna, nel resto della Spagna oppure via posta. I candidati sono tre: Joan Laporta, Victor Font e Toni Freixa.

Laporta è già stato presidente tra il 2003 e il 2010 e venne sconfitto da Bartomeu alle elezioni del 2015. Con lui il Barcellona diede inizio al suo famoso periodo di successi, prima con Frank Rijkaard e poi con Pep Guardiola, promosso ad allenare la prima squadra da quella delle riserve. Grazie anche all’affermazione decisiva di Lionel Messi, il Barcellona di Guardiola e Laporta divenne la squadra più forte del mondo e si costruì l’immagine che, nonostante tutto, mantiene ancora.

Victor Font è invece un imprenditore nel settore tecnologico che orbita intorno al club da alcuni anni. Ha proposto la sua candidatura promettendo di portare il Barcellona nel futuro e, in caso di elezione, di coinvolgere nel suo progetto l’ex capitano Xavi Hernandez e Toni Nadal, zio e allenatore del tennista Rafa Nadal. Il terzo candidato, Toni Freixa, è considerato il più vicino all’ex presidente Bartomeu, avendo fatto parte del suo gruppo dirigenziale. Secondo un sondaggio della radio catalana Cadena Ser, Laporta sarebbe il favorito, come in parte confermato dal maggior numero di firme raccolte per la candidatura e dalla sua ambiziosa campagna elettorale, per la quale ha fatto affiggere un cartellone lungo trenta metri a pochi passi dallo stadio degli storici rivali del Real Madrid con scritto: «Non vedo l’ora di rivedervi».

Per gli ultimi presidenti, essere a capo del Barcellona ha significato soprattutto una cosa: guai con la giustizia. Nel 2012, prima di lasciare la squadra che aveva di fatto creato, Guardiola disse «vado via prima di farci del male», alludendo probabilmente a malumori e dinamiche poco chiare all’interno della dirigenza. Due anni dopo, l’allora presidente Sandro Rosell dovette dimettersi per le accuse di appropriazione indebita e riciclaggio di 6 milioni e mezzo di euro provenienti dalla vendita di diritti televisivi legati alle partite. Rosell fu assolto nel processo che ne seguì, ma scontò quasi due anni di carcere preventivo.

Nel 2015 venne eletto alla presidenza il suo vice, Bartomeu, descritto frequentemente come il peggior presidente di sempre, in quanto ritenuto il maggiore responsabile del declino della squadra fra progetti tecnici obsoleti, scarso utilizzo di giocatori provenienti dal famoso settore giovanile del club, la Masia, e tanti acquisti sbagliati e spesso molto costosi, come quelli di Philippe Coutinho e Ousmane Dembele.

L’esonero di Ernesto Valverde, ritenuto ingiusto dalla squadra, peggiorò ulteriormente i rapporti tra Bartomeu e i giocatori più rappresentativi, alcuni dei quali, come Messi e il catalano Gerard Piqué, secondo le indagini in corso iniziarono ad essere screditati pubblicamente da un’agenzia di marketing spagnola incaricata direttamente dalla società. Sotto la presidenza di Bartomeu, Messi è arrivato a chiedere la cessione, cosa ritenuta da molti come impossibile fino a qualche anno fa, visto l’attaccamento del giocatore alla squadra e alla città dove di fatto è cresciuto.

Non viene difficile pensare che l’ambiente malsano creatosi all’interno del club nel corso degli anni — e peggiorato ancora dalla recente pubblicazione del contratto di Messi sui giornali spagnoli — abbia contribuito alle pesanti sconfitte subite dal Barcellona di questi tempi: su tutte quella per 8-2 contro il Bayern Monaco nei quarti di finale della Champions League dell’anno scorso, ma anche il 3-0 subito in casa contro la Juventus nella stagione in corso e per ultimo il 4-1 contro il Paris Saint-Germain agli ottavi di Champions. Risultato che adesso, con un nuovo presidente, la squadra dovrà provare a ribaltare nel ritorno.

Oltre al piano sportivo, la nuova dirigenza dovrà occuparsi di una questione probabilmente ancora più preoccupante, quella legata ai conti della società, peggiorati rapidamente dagli effetti della pandemia. Gli ultimi bilanci — scrive il New York Times — hanno infatti evidenziato un debito di oltre 1 miliardo di euro nei confronti di istituti di credito, fisco e altre squadre, con circa 600 milioni di euro da pagare a breve termine.