Un’altra canzone dei James

Granelli di polvere, di quelli che fluttuano nella luce

(Credit Image: © Robin Burns/ZUMA Wire)
(Credit Image: © Robin Burns/ZUMA Wire)

Le Canzoni è la newsletter quotidiana che ricevono gli abbonati del Post, scritta e confezionata da Luca Sofri (peraltro direttore del Post): e che parla, imprevedibilmente, di canzoni. Una per ogni sera, pubblicata qui sul Post l’indomani, ci si iscrive qui.
Bruce Springsteen se l’è cavata sulla guida in stato di ebbrezza, ma gli hanno fatto una multa di 500 dollari per aver bevuto alcolici in un Parco nazionale.
La Royal Albert Hall di Londra è un posto incredibile, se ci siete stati lo sapete. Se non ci siete mai stati, come me fino a sei anni fa, e ne avete sentito parlare, e avete visto le foto, e conoscete il verso della canzone dei Beatles, lo stesso quando ci finite dentro… è una di quelle occasioni in cui capite come sia imbattibile l’espressione “wow!”. Negli anni scorsi ci ho visto un po’ di tutto, Joan Baez, Phil Collins, i concerti di musica classica dei Proms, un coro gospel, e ogni volta è la sala che ruba la scena. Adesso la Royal Albert Hall compie 150 anni, in questa situazione, e ci hanno fatto un video narrato da Mick Jagger.
Boy George e Gary Barlow che fanno Patience dei Take That, per appassionati del genere.
C’è una canzone seminuova di Matt Berninger, che uscirà in un’edizione “deluxe” del suo ultimo disco: si chiama Let it be, ma non c’entra con quelli che volevano mettere delle buche nella Royal Albert Hall.
È uscito il disco nuovo di David Gray (su Spotify), e un nuovo singolo.

Dust motes
Era una giornata stupenda, oggi, a Milano, e immagino anche da voi. Sulle previsioni del tempo del Post per oggi c’era una cosa che non mi ricordo di avere mai visto in vita mia (come vi hanno detto già oggi nella newsletter del Post): bello, no?
Dovremmo andarcene, tutti quanti; io nel weekend sono andato a Mantova e poi in certe campagne bergamasche: c’era tanta gente in giro, Paolo Di Paolo ha scritto una cosa divertente su Repubblica, sul fatto che in questi weekend preprimaverili ognuno di noi esce, va fuori, si guarda intorno e gli vien fatto di dire “ma sono tutti fuori?”.

Sono stato a guardare certe colline e certe pianure, nel weekend: da un albergo che emetteva nel suo giardino una playlist di malinconie démodé – Andy Williams, Sinatra, Billie Holiday -, tollerabili, piano, e che addolcivano ulteriormente la vista. Vi ricordate anche voi le canzoni che avete ascoltato in certi posti?
Dovremmo andarcene, tutti quanti.

Dieci anni fa i James pubblicarono due “mini album” da meno di mezz’ora. Loro sono quella band di Manchester che ormai ha quasi quarant’anni e di cui già parlammo qui. Il secondo di quei due era più bello, e la seconda canzone una meraviglia: il titolo vuol dire granelli di polvere, di quelli che fluttuano nella luce, e inizia con gran dolcezza, notturna.

Dust motes in a beam of light
They slow down time
Snowflake on a black wool glove
Melting in the sunlight

Poi però le cose prendono una piega grave, se continuate a seguire le parole. Qualcuno gli ha fatto qualcosa di terribile, c’è un avvoltoio in attesa, e lui perdonerà quel qualcuno solo quando sarà morto.

There’s a vulture at the end of my bed
It’s 5 a.m., it thinks I’m dead
There’s a vulture at the end of my bed
Against the window, in silhouette
There’s a vulture would have me asleep
It’s looking at me like I’m some piece of meat

I’ll forgive you
I’ll forgive you
If you die
If you die

Ma come dico spesso, e ancora di più alla fine di giornate come questa, non ci pensate. Pensate ad andarcene, tutti quanti, e passare giornate a godersi panorami, ascoltando canzoni, piano.


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