Un’altra canzone dei Marillion

La sintesi di tutti i loro tentativi di essere i Genesis, stavolta

(Future-Image via ZUMA Press)
(Future-Image via ZUMA Press)

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Esce un disco nuovo dei Crowded House, pop band australiana (lui è neozelandese, in realtà) di vecchissima data e grande successo laggiù e altrove, e da noi nota quasi soltanto per quella fantastica canzone che molti credono sia di Venditti.
Uno si ricorda bene soprattutto le cose di decenni fa, piuttosto che quelle di ieri: io per esempio credo di ricordarmi i numeri di telefono dei cinema di Pisa negli anni Settanta, 23075, 41339, 43390. Boh, magari sono il pin del mio bancomat. Oggi per esempio era il compleanno di una mia compagna delle medie che mi piaceva, e le regalai il 45 giri della Vie en rose di Grace Jones. Era il 1977, avevo tredici anni.

Childhood’s end?
Dei Marillion ho detto l’altra volta. Il loro desiderio di allora di essere i Genesis generò (bisticcio voluto, sì) reazioni contrapposte: alcuni fan dei Genesis disprezzarono il tentativo, altri lo apprezzarono come surrogato dei Genesis, che in quella forma imitata dai Marillion – quella dei primi tempi – non c’erano più.
Nel mio tenermi nel mezzo – come al solito – ci fu il riconoscere che sì, l’imitazione era un po’ smaccata a volte; ma anche che subito sotto alla grandezza, nel produrre belle cose, c’è l’imitazione della grandezza.

Ma insomma, quel disco del 1985 che fu il disco migliore e più venduto dei Marillion si quasi concludeva, come avevo accennato l’altra volta, con una cosa che nella costruzione e nell’arrangiamento voleva essere Follow you follow me dei Genesis (ovvero degli ultimi Genesis della transizione, senza ormai Peter Gabriel ma prima di staccarsi del tutto)*: naturalmente Follow you follow me è irraggiungibile, e il fallimento principale del tentativo dei Marillion fu che non gli venne il ritornello. Però.
Però è formidabile il resto, sia il giro di chitarra strimpellata con cui inizia tutto e la grazia con cui rientra ogni volta dopo il refrain, sia l’ingresso della batteria, sia il modo riverente con cui lui depone lì i versi, la mercanzia, stendendoli ben bene. E che versi.

And it was morning
And I found myself mourning

Poi parla di ritrovarsi e riscoprire quello che si era e che si voleva da ragazzi. E andare a cambiare il mondo, prima che sia troppo tardi. Moneta, pianeta.

You want to change the world.


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* “Childhood’s end” è anche il titolo di un famoso romanzo di fantascienza di Arthur C. Clarke che avrebbe ispirato tra le altre Watcher of the skies, altra canzone dei Genesis dei loro primissimi epici tempi, per fare un altro giro. Poi se li volete fare tutti, Watcher of the skies fu cantata nel 2010 (davanti ai Genesis e a un pubblico di celebrities notevole) dalla band americana dei Phish. Il cantante dei Marillion di Childhood’s end? si chiamava Fish.