Una criptovaluta nata per scherzo è diventata la decima al mondo

Breve storia di Dogecoin, ideata come meme e arrivata a valere miliardi di dollari

Nei primi mesi del 2021 una criptovaluta chiamata dogecoin è aumentata di valore del 1.500 per cento, diventando per qualche giorno la decima più grande al mondo, con una capitalizzazione di oltre 10 miliardi di dollari, più di aziende come Under Armour o Xerox. Ora le cose si sono un po’ assestate: Dogecoin è scesa al 13esimo posto, e negli ultimi sette giorni ha perso circa il 30 per cento del suo valore, che però continua a essere molto più alto che a inizio anno. La questione è che Dogecoin, che porta il nome di un celebre meme canino di parecchi anni fa, nacque praticamente per scherzo: il fatto che oggi sia sulle pagine di finanza del New York Times, di Bloomberg o del Wall Street Journal racconta varie cose su cosa sia successo alle criptovalute.

Brevissima premessa sui dogecoin
Così come i bitcoin, anche i dogecoin (la maiuscola si usa in genere per indicare il sistema, la minuscola per la valuta) sono una moneta digitale generata a computer attraverso un procedimento noto come estrazione (o mining) e che permette di effettuare scambi senza bisogno di un’autorità centrale. A differenza dei bitcoin, il cui numero è finito, nei dogecoin non c’è un limite massimo alla valuta che si può generare.


Il nome “Dogecoin” è un riferimento a un meme con protagonista un cane di razza shiba, le cui foto con una faccia stupita si diffusero nel 2013, in genere accompagnate da buffe frasi scritte in Comic Sans. Il nome “doge” – che evidentemente non ha niente a che fare con i capi di governo della Repubblica di Venezia – è solo un modo in cui, in slang americano, si storpia la parola “dog” (cane). In genere “doge” si pronuncia così.

– Leggi anche: Il miglior meme del 2013

Breve storia dei dogecoin
Il sistema Dogecoin fu creato nel dicembre 2013: circa cinque anni dopo l’ideazione di Bitcoin, quando già c’era un relativo fermento nei confronti di certe criptovalute. A creare il sistema Dogecoin furono Jackson Palmer e Billy Markus, due programmatori informatici, che spiegarono di averlo fatto per gioco, come commento “satirico” alla proliferazione di criptovalute di ogni tipo, diverse dalla dubbia attendibilità. Come per gran parte delle altre criptovalute, le implicazioni e applicazioni pratiche dei dogecoin non esistevano: era una valuta che esisteva sostanzialmente solo per essere scambiata, con un valore stabilito dal mercato ma di fatto puramente astratto, come dimostrato dalla sua estrema volatilità.

L’idea vera e propria fu di Plamer, che al tempo lavorava per Adobe, e che comprò il dominio dogecoin.com mettendolo online con qualche immagine. A occuparsi della parte tecnica fu però soprattutto Markus, che al tempo lavorava per IBM e che strutturò il sistema Dogecoin sulla base di quelli di altre due criptovalute: Luckycoin e Litecoin.

Come ha spiegato il Wall Street Journal, all’inizio fu davvero solo un gioco: la criptovaluta «non fu pensata per essere usata come forma di pagamento» e nei primi mesi la ricompensa per chi la “estraeva” dai propri computer era variabile e poteva consistere «in un dogecoin così come centinaia di migliaia di dogecoin». Col tempo, Dogecoin provò poi a proporsi anche come una criptovaluta “didattica”, che – anche grazie al suo bassissimo valore – poteva tornare utile agli utenti che volevano impratichirsi senza grossi rischi economici.

Dogecoin riuscì a farsi notare un po’ perché si basava su un famoso meme e un po’ perché nel Natale 2013 fu – senza colpa – al centro di un furto all’interno di un sito in cui era possibile scambiarsi criptovalute. La notizia fu raccontata da qualche sito e soprattutto discussa su Twitter, tra gli appassionati della sempre più grande nicchia che si interessava di criptovalute. Nel marzo del 2014 fu anche cambiato il giocoso e casuale sistema di ricompensa per chi estraeva, e Dogecoin raggiunse una capitalizzazione – cioè il valore complessivo di tutte le unità in circolazione – di circa 100 milioni di dollari.

Tra il 2017 e il 2018, quando alle criptovalute cominciarono a far caso anche molte persone che fino a un paio di anni prima nemmeno sapevano cosa fossero, anche Dogecoin ebbe un’impennata di valore, arrivando a raggiungere una capitalizzazione di circa due miliardi di dollari. Dopodiché, così come tante altre criptovalute, crollò.

Nel frattempo, sia Markus che Palmer abbandonarono il progetto lasciando che ad occuparsene fossero altri. Markus lo fece nel 2015: a quanto pare vendendo tutti i suoi dogecoin e usando il ricavato per comprarsi una Honda Civic di seconda mano.

Qualche giorno fa Markus ha spiegato sul canale Reddit dedicato a Dogecoin (e seguito da oltre un milione di utenti) di essere deluso da certe derive della criptovaluta, che secondo lui era invece basata su «gioia, gentilezza, apprendimento, dono, empatia, divertimento, senso di comunità, ispirazione, creatività, generosità, stupidità e assurdità».

Markus ha ricordato inoltre quali furono, per lui, i quattro momenti più significativi nella storia di Dogecoin: una sorta di raccolta fondi per sponsorizzare un pilota della NASCAR, un’altra per far sì che la squadra giamaicana di bob potesse andare alle Olimpiadi di Sochi, in Russia, e poi ancora una per far avere cani guida a chi ne aveva bisogno e per finanziare la costruzione di pozzi in Kenya.

L’auto Dogecoin al campionato NASCAR del 2014 a Talladega, Alabama (Chris Graythen/Getty Images)

I dogecoin oggi
Così come i bitcoin, tra la fine del 2020 e l’inizio del 2021 molte criptovalute hanno avuto una grande e rapida crescita. Poche, però, sono cresciute così tanto come i dogecoin. Tutto questo dopo che, come ha scritto il Wall Street Journal, «per quasi un decennio quella dei dogecoin era rimasta una piccola comunità che photoshoppava la faccia di un cane su qualsiasi cosa», e che a volte usava la criptovaluta per darsi piccole mance o ricompense su internet.

Si fa sempre molta fatica a dire come e perché una criptovaluta guadagna o perde valore, ma di certo non si sbaglia nel dire che una parte del merito in questo caso è di Elon Musk e dei suoi tweet assai influenti. Il primo arrivò a fine gennaio, ma poi ne sono seguiti altri: tutti scherzosi ma, allo stesso tempo, determinanti nell’influenzare le transazioni finanziare di molti.

Parlando di Dogecoin su Clubhouse, Musk ha detto che pure i suoi tweet su questa criptovaluta sono stati fatti per scherzo, ma anche che “fate loves irony” (“il destino ama l’ironia”) e che, dunque, «il risultato più divertente sarebbe vedere Dogecoin diventare la valuta globale del futuro». Come talvolta capita con Musk, è difficile capire dove finisca il gioco e dove inizi qualcosa di molto più serio, ed è possibile che dal suo punto di vista le due cose possano anche coesistere. Di certo, agendo in qualità di amministratore delegato della casa automobilistica Tesla, Musk ha scelto di puntare sui bitcoin anziché sui dogecoin.

– Leggi anche: I bitcoin sono diventati un’altra cosa

E adesso?
Ancor più che per altre criptovalute, il valore dei dogecoin è da considerarsi fluttuante e volatile e a ogni veloce salita di valore può seguire una drastica discesa (che in parte sta già avvenendo). Garrick Hileman, che lavora per la piattaforma di transazione di criptovalute blockchain.com, qualche giorno fa aveva detto al Wall Street Journal che i dogecoin potevano perdere piuttosto facilmente fino al 90 per cento del loro valore.

Intanto – ma questa è un’altra storia, di cui ancora si sa poco – si è saputo che c’è un singolo individuo o una singola organizzazione che controlla circa il 28 per cento di tutti i dogecoin in circolazione: cioè più di 36 miliardi di dogecoin, per un valore di circa due miliardi di dollari.

Di questo proprietario si sa solo che possiede questi dogecoin dal febbraio 2019 e, come ha scritto il Wall Street Journal, chi si intende di queste cose si è accorto che in più di un’occasione, in relazione a questo “conto”, sono state fatte transazioni per un equivalente di 28,061971 dogecoin. Musk, curiosamente, è nato il 28/06/1971: ma ovviamente potrebbe anche trattarsi di qualcuno che non è Musk e che ha messo quel riferimento proprio per depistare. Musk, nel frattempo, ha invitato questo anonimo investitore a liberarsi di tutti quei dogecoin, spiegando che troppa valuta nelle mani di una sola persona (o entità) rappresenta un problema.

In tutto ciò, Markus – uno dei due co-creatori – qualche giorno fa aveva detto: «L’idea che dogecoin valga così tanto è uguale all’idea che le azioni di GameStop siano arrivate a valere 325 dollari: non ha senso, è assurda».

– Leggi anche: Cosa ha insegnato la storia di GameStop