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  • Mercoledì 10 febbraio 2021

Com’è andato il primo giorno del processo di impeachment contro Trump

Il Senato ne ha riconosciuto la costituzionalità, anche grazie al voto di 6 Repubblicani: quindi si va avanti

La rotonda che collega i due rami del Congresso (AP Photo/Alex Brandon)
La rotonda che collega i due rami del Congresso (AP Photo/Alex Brandon)

Martedì il Senato degli Stati Uniti ha riconosciuto la costituzionalità del processo di impeachment nei confronti dell’ex presidente Donald Trump, approvando quindi la prosecuzione del procedimento. Per Trump è il secondo processo di impeachment dopo quello che si era tenuto all’inizio del 2020, terminato con un’assoluzione. Oggi l’accusa dei Democratici è che Trump abbia incoraggiato l’attacco al Congresso compiuto il 6 gennaio scorso da centinaia di suoi sostenitori.

Alla tesi della costituzionalità del processo si sono opposti quasi tutti i Repubblicani, che hanno sostenuto che il Congresso non avrebbe il potere di sanzionare un presidente che ha già lasciato il proprio incarico. I Democratici hanno detto invece che il processo serve soprattutto a censurare un certo tipo di comportamento, e sanzionare “gravi crimini e misfatti” compiuti da un’importante carica politica: quindi hanno sostenuto che un procedimento possa essere aperto anche dopo la fine del mandato di Trump.

Il riconoscimento della costituzionalità è avvenuto con il voto favorevole di tutti e 50 i senatori Democratici e di 6 senatori Repubblicani. L’esito è stato importante perché non era scontato che alcuni senatori Repubblicani avrebbero votato la mozione insieme ai Democratici: per condannare Trump servirà però il voto favorevole di 67 senatori, quindi i 6 Repubblicani di martedì non basteranno.

Come si prevedeva, i Democratici hanno presentato le loro accuse all’ex presidente mostrando all’aula del Senato un video in cui sono state montate insieme alcune scene tratte da comizi di Trump. Nel video si vede Trump mentre invita i suoi sostenitori ad andare al Congresso per protestare contro i presunti brogli alle elezioni, e vengono mostrate altre scene dell’assalto del 6 gennaio.

A presentare il video è stato il deputato Democratico e avvocato costituzionalista Jamie Raskin, che ha fatto un discorso molto coinvolgente. «Senatori, questo non può essere il futuro dell’America», ha detto dopo essersi interrotto per alcuni secondi per l’emozione. «Non possiamo avere presidenti che incitano la violenza della folla contro il nostro governo e contro le nostre istituzioni perché rifiutano di accettare la volontà del popolo».

– Leggi anche: La ricostruzione del Washington Post sull’attacco al Congresso

Per Raskin, il comportamento di Trump nei giorni successivi alle elezioni è stato «un modo per incitare un presidente a fare quello che vuole quando lascia l’incarico, compreso l’uso di mezzi violenti per “chiudere la porta”, aggrapparsi allo Studio Ovale a tutti i costi e bloccare il trasferimento pacifico dei poteri». Raskin ha definito la strategia difensiva di Trump “january exception” (“l’eccezione di gennaio”): ha accusato Trump di voler sostenere che un attacco come quello di gennaio non dovrebbe portare a un processo contro di lui, perché l’assalto è stato compiuto in un momento di trasferimento di poteri (a gennaio, prima dell’insediamento del nuovo presidente). «La “january exception” – secondo Raskin – sarebbe il peggior incubo dei nostri padri fondatori».

Joe Neguse, senatore Democratico del Colorado, ha commentato i fatti del 6 gennaio rivolgendosi a tutti i senatori e dicendo che «quello che avete vissuto quel giorno, quello che abbiamo vissuto quel giorno, quello che il nostro paese ha vissuto quel giorno è il peggior incubo dei nostri legislatori che prende vita. I presidenti non possono dare vita a un’insurrezione nelle ultime settimane e andarsene come se niente fosse».

Il discorso di Raskin e il video mostrato all’aula sono risultati molto efficaci, tanto da ottenere anche il plauso di alcuni senatori Repubblicani. Al contrario i discorsi con cui hanno iniziato la loro difesa gli avvocati di Trump, Bruce Castor e David Schoen, sono sembrati a diversi Repubblicani poco incisivi e a tratti confusionari. La loro tesi difensiva è che la Costituzione non prevede un processo di impeachment per un presidente il cui mandato è già scaduto, ma il modo in cui è stata presentata avrebbe deluso molti, compreso Trump, secondo due fonti di CNN

Nel suo discorso, Schoen ha definito la tesi accusatoria come il tentativo di dare «un avvertimento a qualsiasi altro candidato a una carica pubblica che voglia proporre un messaggio politico che è molto diverso dal loro punto di vista», alludendo al fatto che se Trump venisse condannato e interdetto dai pubblici uffici non potrebbe candidarsi nuovamente alle elezioni del 2024.

A votare a favore della costituzionalità del processo sono stati i senatori repubblicani Susan Collins, Lisa Murkowski, Mitt Romney, Ben Sasse, Pat Toomey e Bill Cassidy. Quest’ultimo, senatore della Louisiana, ha criticato molto duramente la difesa di Trump dicendo che «chiunque abbia ascoltato gli avvocati del presidente Trump ha visto che non erano concentrati, hanno tentato di evitare la questione e hanno parlato di tutto tranne che del problema in questione». Cassidy era tra i Repubblicani che pochi giorni fa avevano votato a favore di una mozione (poi respinta) per giudicare il processo incostituzionale, ed è stato l’unico Repubblicano a cambiare idea martedì.

Dopo le dichiarazioni di apertura del processo di martedì, mercoledì a mezzogiorno (le 17 in Italia) inizierà il dibattimento vero e proprio, e ciascun partito avrà a disposizione un massimo di 16 ore in due giorni per esporre i propri argomenti. Il processo dovrebbe durare meno di tre settimane, stima il Washington Post. I primi giorni spetteranno all’accusa, poi sarà il turno della difesa. Infine i senatori potranno fare domande alle parti. Nessuno si aspetta che Trump testimonierà.

Con l’inizio del processo, Trump è diventato il primo presidente statunitense della storia a subire due processi per impeachment. Nel primo processo, il Senato a maggioranza Repubblicana lo aveva assolto dall’accusa di aver ricattato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky per ottenere materiale imbarazzante sull’attuale presidente, Joe Biden.

È probabile che anche il secondo processo finirà allo stesso modo. Se invece Trump dovesse essere condannato, la pena non sarebbe la rimozione dall’incarico come previsto di norma dal processo di impeachment – Trump ha lasciato la carica di presidente il 20 gennaio – ma con tutta probabilità una interdizione dai pubblici uffici.

Non ci sono certezze perché finora nessun presidente era mai stato sottoposto a una procedura di impeachment dopo la conclusione del suo mandato: nella Costituzione non è prevista un’eventualità del genere, ma la maggior parte dei costituzionalisti pensa che il processo si possa comunque celebrare. Questo perché l’impeachment non è un procedimento giudiziario, ma politico: per questa ragione, sostengono, un procedimento può essere aperto anche dopo la fine del suo mandato.