Il mistero della scomparsa dei bucatini De Cecco negli Stati Uniti

La loro assenza dagli scaffali è finita al centro della divertita indagine di una giornalista, arrivata dopo grandi sforzi a una spiegazione

(Zbigniew Bzdak/Chicago Tribune/TNS)
(Zbigniew Bzdak/Chicago Tribune/TNS)

Negli Stati Uniti, nel bel mezzo della pandemia da coronavirus, non scarseggiavano solo carta igienica, gel igienizzante e mascherine ma anche un altro bene considerato da molti essenziale per superare un momento così difficile: i bucatini, gli spaghetti forati che sono tra i formati di pasta più popolari in America. La loro assenza dagli scaffali, e in particolare l’assenza dei bucatini della marca italiana De Cecco, è stata scoperta per necessità personali dalla giornalista Rachel Handler, che ha deciso di dedicare alla questione una divertita indagine pubblicata sul sito di cucina Grubstreet, coinvolgendo dirigenti d’azienda, alti esponenti della National Pasta Association e persino la Food and Drug Administration (FDA), l’agenzia governativa statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici.

Handler era riuscita a ricostruire in parte perché i bucatini erano scomparsi, e aveva anche avanzato l’ipotesi di un possibile complotto ai danni di De Cecco, architettato da un rivale forse con la complicità di un membro del Congresso. Dopo aver raccolto vari apprezzamenti e le segnalazioni accorate dei molti che avevano avuto lo stesso problema, negli scorsi giorni Handler ha pubblicato un secondo e ultimo capitolo dell’indagine, che ha risolto il mistero grazie all’aiuto dei dirigenti di De Cecco.

I primi sospetti
I dubbi erano iniziati a marzo, con l’arrivo della pandemia. Andando a fare la spesa, Handler aveva notato che dove prima c’era abbondanza di bucatini, ora erano introvabili. È vero che l’alta richiesta di pasta e beni di prima necessità – come il lievito in Italia – aveva lasciato gli scaffali dei supermercati sguarniti di pasta, ma spaghetti, fusilli e rigatoni finivano per ricomparire mentre i bucatini, ormai, non si vedevano da un pezzo. Per Handler era un problema, considerata la sua passione per i bucatini, in particolare quelli di De Cecco: «al dente sono perfetti, hanno la consistenza migliore», aveva scritto, aggiungendo che vanno bene con qualsiasi condimento e che ne «assorbono il 200 per cento in più rispetto agli spaghetti senza buco». Handler si diceva particolarmente entusiasta del fattore “slurpiness”, cioè l’essere particolarmente adatti a venire risucchiati.

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Lasciò correre qualche mese, finché a maggio durante una chiacchierata su Zoom un amico disse per caso: «Ragazzi, avete anche voi problemi a trovare i bucatini? Non li vediamo da un po’». Contenendo il panico, Handler ipotizzò che forse era solo un problema del quartiere: «sono certa che i bucatini torneranno».

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Ad agosto a Handler fu chiaro che la situazione era seria: i bucatini erano irreperibili e il gruppo di amici si era dovuto adattare comprando spaghetti, penne e fettuccine, cedendo a «un fattore di incertezza in tempi, per di più, già incerti di loro». Handler non si era arresa del tutto e continuava a trattarlo come un problema newyorkese che sarebbe stato facilmente risolto sconfinando in un altro stato. Il gruppetto iniziò a vagheggiare di affittare un’auto per tornare dal New Jersey o dalla Pennsylvania carichi di bucatini.

L’inizio delle indagini
In autunno le speranze del gruppo di amici vennero stroncate da una telefonata. La madre di Handler, che viveva a Chicago, la chiamò e le disse: «Non sono riuscita a trovare i bucatini da nessuna parte qui. A New York ne avete?». «Il mio cuore si fermò», ricorda Handler. Anche la madre mangiava soltanto De Cecco, che aveva già provato a contattare in tutti i modi, finendo per rintracciare al telefono il responsabile delle vendite nel Midwest: le disse che i bucatini De Cecco erano ancora in produzione ma che la loro vendita era stata sospesa dalla FDA. E aggiunse che «sfortunatamente, è possibile che non torneranno almeno fino a gennaio. Spero che per febbraio siano tornati». Handler, racconta, decise che era suo dovere andare fino in fondo e scoprire la verità sulla scomparsa dei bucatini e su cosa c’entrasse la FDA.

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Per prima cosa scoprì che non c’erano tracce del mistero sulla stampa: era stato pubblicato soltanto un articolo, ad aprile sulla rivista W, in cui il comico del Saturday Night Live Bowen Yang si lamentava che i bucatini fossero più rari della carta igienica. Handler iniziò a riempire di email e chiamate De Cecco, cercando di rintracciare un responsabile di qualsiasi area e luogo per ottenere una spiegazione: non ottenne risposta allora né nei quasi 4 mesi successivi. Si concentrò allora sulla National Pasta Association, il sindacato dei produttori di pasta degli Stati Uniti, fondato nel 1904. Riuscì a parlare con Rosario Del Nero, chef e portavoce dell’associazione che confessò subito: «Certo, è colpa mia. Li ho comprati tutti io! I bucatini sono la pasta più sensuale di tutte».

Del Nero si rivelò comunque utile nello spiegarle che i bucatini sono più complicati da fare per la presenza del buco e nel confermarle che negli ultimi tempi erano diventati alla moda in una piccola nicchia: prima grazie a una certa fortuna dell’amatriciana, poi grazie alla popolarità dei bucatini con lo scalogno di Allison Roman, probabilmente la più seguita divulgatrice di ricette su internet di questi tempi (prevede di soffriggere pezzotti di scalogno, aggiungerci l’aglio e un bel po’ di concentrato di pomodoro e condire con prezzemolo fresco).


Secondo Del Nero la difficoltà di produzione, combinata alla scarsa richiesta rispetto ad altri formati, aveva spinto le aziende a distribuirne di meno durante la pandemia, a vantaggio di più popolari penne e spaghetti. Non sapeva niente di una loro carenza più “strutturale”, né del presunto coinvolgimento della FDA: «Forse scopriremo qualche tipo di complotto a livello internazionale. Saresti ricordata come quella che ha scoperto la crisi mondiale dei bucatini».

Del Nero si fece risentire qualche tempo dopo, quando le diede una spiegazione piuttosto stramba: le persone avevano iniziato a utilizzare i bucatini al posto delle cannucce per ridurre il consumo di plastica (la FDA raccomanda di non mangiare pasta cruda perché la farina può contenere dei batteri di un ceppo di Escherichia Coli).

I maccheroni arricchiti e la FDA
Nel frattempo Handler aveva scovato un paragrafo sul sito della FDA pubblicato il 30 marzo in cui si parlava di De Cecco, in cui si diceva che la pasta dell’azienda italiana non soddisfaceva un particolare tipo di standard, quello degli “enriched macaroni”, i maccheroni arricchiti. I bucatini dell’azienda, infatti, contenevano 10,9 milligrammi di ferro ogni mezzo chilo anziché i 13-16,5 milligrammi raccomandati. Carl Zuanelli, presidente della National Pasta Association e amministratore delegato di Nuovo Pasta, un pastificio americano, le spiegò quale fosse il problema.

Dopo la Seconda guerra mondiale l’industria della pasta americana, soprannominata Big pasta, era contrariata dall’introduzione sul mercato americano dei noodles di ramen Nissin, gli spaghetti utilizzati per il popolare piatto giapponese. Erano più economici e avevano inferiori standard nutritivi rispetto alla pasta secca allora in commercio. Così Big Pasta fece pressione finché ottenne una legge che stabiliva che la pasta secca dovesse essere arricchita di alcuni nutrienti e vitamine per poter essere venduta negli Stati Uniti: «non è meglio né peggio, è solo diversa».

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Puntualizzò anche che «di solito la FDA non se ne va a ficcare il naso, hanno ben altre cose da fare», insinuando che l’agenzia non avrebbe scoperto la carenza di ferro durante un controllo di routine ma che sarebbe stata indirizzata da un rivale scontento del successo di De Cecco. La teoria di Zuanelli le venne confermata da un legale, rimasto anonimo, che conosce bene il mondo di Big Pasta: la FDA «è piuttosto lenta nel prendere misure sulle violazioni degli standard. […] Forse un rivale ha spinto un membro del Congresso a fare pressioni sull’agenzia».

Handler si rimise a telefonare e a scrivere a tutti i contatti di De Cecco che trovava in giro, presentò un FOIA (cioè una richiesta di accedere ai documenti di un’agenzia federale) alla FDA sulle importazioni di bucatini e cercò di parlare con le aziende rivali. Le rispose soltanto Barilla, la marca di pasta più venduta negli Stati Uniti, con un ricavo di 559 milioni di dollari nel 2017 (De Cecco era sesta, con 45,5 milioni). L’azienda le confermò che durante la pandemia aveva diminuito le scorte di bucatini e anche di altri formati per aumentare quelle dei formati più richiesti; aggiunse anche i bucatini di recente si vendevano più di prima, cosa che avrebbe potuto contribuire alla difficoltà nel reperirli. Assicurò infine che aveva aumentato la produzione a luglio, che le quantità sarebbero tornate presto nella norma e che non aveva mai avuto problemi con la FDA. La National Pasta Association confermò a Handler che tutte le aziende di pasta avevano ridotto la disponibilità di bucatini per lo stesso motivo: garantire la presenza dei formati di pasta più richiesti.

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A dicembre Handler aveva quindi pubblicato i risultati della sua indagine, in cui spiegava che la scarsità di bucatini era reale e diffusa in tutto il paese e che era una scelta delle aziende di pasta per far fronte alle necessità della pandemia. A questa spiegazione, aggiungeva quella sul ritiro dei bucatini De Cecco su ordine della FDA, ancora circondata da un certo mistero.

Cosa dice De Cecco
Un ultimo tassello è andato a posto in questi giorni, quando Handler è finalmente riuscita a parlare con Giacomo Campinoti e Paolo Consalvi, rispettivamente direttore esecutivo e direttore delle finanze di De Cecco negli Stati Uniti. Le hanno spiegato di non averle risposto nei tre mesi precedenti perché non avevano ancora preso delle decisioni chiare e perché, travolti come tutti dalla pandemia, dovevano occuparsi di gestire la situazione di emergenza.

Ma il problema dei bucatini negli Stati Uniti ora è stato risolto, le hanno detto, e la pasta ha la quantità di ferro richiesta: De Cecco sta semplicemente aspettando il via libera della FDA che, visto il momento complicato, è particolarmente lento ad arrivare. Non hanno saputo spiegarle perché i bucatini non fossero in regola, ma Campinoti ha detto che potrebbe essere un problema dovuto al formato che avrebbe impedito al ferro di uniformarsi, considerato che gli altri tipi di pasta rispettano gli standard.

Hanno anche raccontato di aver dovuto distruggere tutti i bucatini che si trovavano negli Stati Uniti: la pasta arricchita con il ferro, infatti, può essere venduta solo lì e in pochi altri paesi, come l’Arabia Saudita, la Tanzania e Israele. Riportarli in Italia e poi rivenderli in sconto su altri mercati sarebbe stato economicamente ancora più svantaggioso. Non hanno voluto commentare i sospetti che dietro la segnalazione ci fosse l’invidia di un rivale e hanno promesso di tenere Handler aggiornata su quando i bucatini sarebbero tornati sugli scaffali. Dopo aver letto l’inchiesta «ho avuto dei sentimenti contrastanti», ha ammesso Consalvi. «Poi però ho letto che una ragazza su Twitter ti voleva mandare i bucatini di un rivale e che tu le avevi risposto “Ma io voglio De Cecco”, e così ho capito che sei una vera fan».