Cosa significa “studiare dai gesuiti”

Lo ha fatto Mario Draghi, come tanti altri personaggi illustri per i quali viene puntualmente ricordato: cosa c'è di tanto speciale?

Roma, 1965 (Ron Case/Keystone/Getty Images)
Roma, 1965 (Ron Case/Keystone/Getty Images)

Ciclicamente sui giornali nelle biografie di personaggi importanti vengono sottolineati gli studi giovanili nell’Ordine cattolico dei gesuiti, come implicita indicazione di un’istruzione particolarmente prestigiosa e ammirevole, diversa da tutte le altre. Anche Mario Draghi, incaricato due giorni fa di provare a formare un nuovo governo, «ha studiato dai gesuiti». Come del resto moltissimi altri economisti, giornalisti, personaggi dello spettacolo e politici: compresi l’ex presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi e l’ex presidente del Consiglio Mario Monti, citatissimi in questi giorni come precedenti di illustri economisti chiamati a risolvere i guai della politica, rispettivamente nel 1993 e nel 2011.

Per capire cosa abbia di così speciale l’educazione impartita dai gesuiti, occorre cominciare dalla Compagnia di Gesù, l’ordine religioso fondato nel 1540 da sant’Ignazio di Loyola – un cavaliere basco che diventò molto religioso dopo aver rischiato di morire – con una storia lunga secoli, e piuttosto frammentata. Si può dividere grossomodo in due periodi: il primo va dall’anno della fondazione a quello del provvisorio scioglimento, avvenuto nel 1773, e il secondo da quando la Compagnia venne ristabilita, nel 1814, fino ad oggi. Tra i tratti essenziali del pensiero di sant’Ignazio c’era la prescrizione di una zelante obbedienza ai superiori e alla Santa Sede (Perinde ac cadaver, cioè obbedire “come un corpo morto”), ma anche un’attenzione alla vita interiore e all’intelletto. Il suo testo più famoso sono gli Esercizi spirituali, un manuale di preghiera e meditazione interiore ancora oggi molto studiato.

L’istruzione e la diffusione della fede sono sempre stati due elementi fondamentali della Compagnia. I gesuiti viaggiavano molto, furono efficienti missionari e si spinsero fino in America Latina e nell’estremo Oriente. La loro competenza e organizzazione li fece diventare talmente influenti che nel Settecento furono perseguitati da molti regnanti dell’epoca, che li cacciarono dai loro paesi. A quel punto il papa fu costretto a sciogliere l’ordine, che continuò tuttavia a operare fino a quando non fu nuovamente riformato.

Fin dalla sua fondazione, la Compagnia costruì un sistema scolastico capillare e internazionale, in un’epoca in cui l’istruzione veniva impartita solo in modo individuale. Le unità che componevano questo sistema erano i collegi, presenti in tantissime città italiane ed europee. L’importanza che davano alla cultura e alla sua trasmissione resero speciali e ammirati i gesuiti per un motivo molto preciso: nel Cinquecento tanto il clero quanto l’élite aristocratica erano profondamente ignoranti. Il primo viveva perlopiù nei conventi ed era poco incline ad aprirsi alla società, la seconda era – all’epoca – rissosa e violenta. Anche per queste ragioni la Compagnia di Gesù sviluppò nel corso dei decenni un metodo per istruire la classe dirigente e dare così un contributo, nella loro visione, a rendere il mondo terreno più vicino a quello di Dio.

Oggi questa vocazione della Compagnia di Gesù è in qualche modo rimasta. Per fare solo qualche nome, hanno studiato in un istituto gesuita l’ex sindaco di Roma Francesco Rutelli, l’ex presidente dell’Inter Massimo Moratti, i fratelli Luigi e Giancarlo Abete (rispettivamente ex presidente della BNL ed ex presidente della FIGC), l’ex presidente di Poste Italiane Luisa Todini, l’ex senatore Marcello Dell’Utri, il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, e i deputati Piero Fassino e Graziano Delrio. Anche Papa Francesco, peraltro, è un gesuita.

La qualità dell’istruzione data dai gesuiti è una fama che si portano dietro da secoli, che ha avuto fasi di crisi soprattutto nell’Ottocento ma che oggi è diventata quasi proverbiale: «Un giorno potei dire a Fidel Castro, apprezzandone la sottigliezza dialettica, che lui mi batteva perché aveva studiato dai gesuiti», scrisse Giulio Andreotti. Castro frequentò infatti per alcuni anni una scuola gesuita dell’Avana.

Secondo Sabina Pavone, docente di storia moderna dell’Università di Macerata, il successo del metodo di istruzione gesuita era dovuto a diversi fattori: «Ignazio studiò alla Sorbona di Parigi dove imparò il modus parisiensis, che prevedeva la divisione per classi e per età degli studenti», spiega Pavone. «A questo metodo si aggiungeva il modus italicus, che invece aveva un’attenzione speciale per lo studio del latino e delle materie umanistiche». I gesuiti inoltre erano più aperti rispetto al resto del clero di allora. Il loro metodo pedagogico era allo stesso tempo rigoroso ma permeabile alle influenze della società che li circondava.

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Per avere una dimensione dell’influenza che ha avuto la Compagnia di Gesù sulla cultura italiana, basti pensare che il liceo classico di oggi è per certi versi una derivazione degli antichi collegi gesuitici, dove si dedicava una grande attenzione allo studio del greco antico e del latino (e anche dell’ebraico).

Oggi una delle scuole gesuite più famose in Italia è il “Massimiliano Massimo” di Roma, quello che Draghi ha frequentato dalle elementari al liceo. A Milano c’è l’Istituto Leone XIII, che a sua volta comprende la scuola primaria e la secondaria, a Torino l’Istituto Sociale, a Napoli l’Istituto Pontano, a Palermo l’Istituto Gonzaga, a Messina il Collegio Sant’Ignazio.

Buona parte degli insegnanti adesso è laica, dice Pavone, ma una caratteristica che è rimasta intatta è «l’approccio allo studio attraverso l’esercizio del pensiero critico, un richiamo al principio del “dovere dell’intelligenza”, elemento chiave dell’identità ignaziana». Nonostante molte scuole gesuite siano private ed esclusive, generalmente chi le frequenta lo fa per ricevere un’istruzione migliore e non per riservarsi un percorso “facilitato”, come capita in altri casi. «E poi non bisogna trascurare la rete di relazioni che ti fornisce l’ambiente gesuita», aggiunge Pavone. «È una rete di conoscenze internazionale: pensiamo alla Georgetown University negli Stati Uniti, che è ancora oggi una delle più importanti del paese, oppure alle università che ci sono in Giappone e in Europa».

Non è una rete di conoscenze “clientelari”, precisa però Pavone. Semplicemente, studiare dai gesuiti permette di frequentare un ambiente ben inserito nella società e con una lunga tradizione di legami culturali, diffusi in tutto il mondo. Oggi non si usa più, ma in passato era comune il detto secondo cui chi aveva studiato dai gesuiti diventava in qualche modo un gesuita laico, “un gesuita con l’abito corto”.