Il film che salvò l’animazione Disney

Fu "La carica dei 101", che uscì 60 anni fa e ci riuscì anche grazie alle fotocopie e a una crudele ma splendida cattiva

Tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio dei Sessanta, il grande dipartimento Disney che si occupava di film d’animazione era messo piuttosto male. Per fare La bella addormentata nel bosco – il 16° Classico Disney, uscito nel gennaio 1959 e arrivato dopo Lilli e il vagabondo e Le avventure di Peter Pan – ci erano voluti sei anni e moltissimi soldi, eppure i suoi incassi erano stati scarsi. Parlando con Walt Disney, alcuni suoi consiglieri proposero addirittura di chiuderla lì con la costosa animazione e di puntare tutto su parchi a tema, televisione e film con attori in carne e ossa. Poi, sessant’anni fa, il 25 gennaio del 1961, arrivò La carica dei 101, il film che a detta di molti salvò l’animazione Disney. Grazie a una fondamentale svolta tecnologica, ma anche grazie a una serie di scelte assai azzeccate su cosa raccontare, e su come farlo.


Come ha scritto Collider, dopo il deludente rapporto costi/ricavi di La bella addormentata nel bosco, Walt Disney non chiuse il settore animazione dell’azienda a cui aveva dato il suo nome, ma di certo ne ridusse moltissimo i costi, riducendone animatori e artisti da 551 a 75. Nonostante fossero poco più di un decimo rispetto a quanti erano stati, quei dipendenti riuscirono però a lavorare molto più in fretta che in passato grazie all’arrivo delle fotocopiatrici Xerox 914, che resero il loro lavoro (e quello di moltissimi altri) molto più pratico e veloce.

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La carica dei cento uno (che solo in seguito sarebbe diventato La carica dei 101, come è noto oggi) fu infatti il primo film animato grazie alla tecnica xerografica, che sarebbe poi stata usata fino alla successiva grande rivoluzione, quella del digitale. Grazie alla possibilità di fare fotocopie con le fotocopiatrici Xerox – i cui primi modelli pesavano quasi 300 chili – Disney, infatti, riuscì a fare il film nella metà del tempo e alla metà dei costi che ci sarebbero voluti senza. In particolare, la possibilità di poter replicare certe immagini senza doverle ogni volta ridisegnare da capo, si rivelò particolarmente utile in un film che, secondo alcune stime, mostrava in tutte le sue scene oltre sei milioni di macchie sui suoi 101 dalmata: 72 su Pongo, il protagonista maschile, 68 sulla sua compagna Peggy e 32 su ognuno dei 99 cuccioli.

Fotocopie a parte, il successo del film fu anche nella decisione, da parte di Disney, di raccontare una storia contemporanea, senza streghe, principesse o incantesimi; una storia nella quale i protagonisti guardano la televisione. Già Lilli e il vagabondo, uscito nel 1955, aveva protagonisti canini e (fatta eccezione per il fatto che quei cani parlavano) nessun elemento magico. Era però un film più tradizionale nei temi e, soprattutto, una storia ambientata a inizio Novecento, in una generica città e in un tempo piuttosto lontano da quello in cui vivevano i suoi spettatori.

E poi, La carica dei 101 aveva un’antagonista come ce n’erano state poche nella storia Disney: Crudelia De Mon (nella versione originale Cruella De Vil). Un personaggio che fece la fortuna del film e che, con ogni probabilità, continua ancora oggi a esserne la cosa più ricordata.


A proposito: per chi non se la ricorda, la storia è quella di un cane dalmata che trova una compagna canina per sé e una umana per il suo padrone, e dei due cani – Pongo e Peggy – che fanno 15 cuccioli, rubati da Crudelia De Mon che vorrebbe ucciderli, insieme ad altri, per usarli per fare delle pellicce. E poi di tutto quello che succede per portare alla liberazione dei 15 cuccioli e di altri 84 e del successivo vissero tutti felici e contenti (Pongo, Peggy, i 99 cuccioli e i due padroni umani).

La carica dei 101 è tratto da un libro del 1956 di Dodie Smith, autrice di libri per bambini e, sembra, proprietaria di dalmata che ebbero dei cuccioli. Poco dopo l’uscita del libro, qualcuno lo consigliò a Walt Disney, che ne acquisì i diritti (una cosa a cui, si dice, Smith ambisse già mentre scriveva il libro) e ne commissionò l’adattamento cinematografico, che rispetto al libro eliminò alcuni personaggi ma mantenne perlopiù invariata la trama.

Solo negli Stati Uniti e solo nel 1961 La carica dei 101 incassò circa 14 milioni di dollari e ottenne anche diversi apprezzamenti dalla critica cinematografica, che ne apprezzò soprattutto i risultati tecnici e la capacità di mantenere, anche in una storia come quella, alcuni dei più importanti temi con cui le storie Disney si erano distinte fino a quel momento. E, in effetti, riuscì a rilanciare l’animazione Disney, che nel decennio successivo realizzò La spada nella roccia, Il libro della giungla e Gli Aristogatti: tre film che beneficiarono a loro volta della tecnica xerografica sperimentata.

Sia il libro che il film ebbero dei seguiti (non granché apprezzati e ricordati) e negli anni Novanta furono fatti  La carica dei 101 – La serie e il rifacimento con attori veri La carica dei 101 – Questa volta la magia è vera, poi seguito da La carica dei 102 – Un nuovo colpo di coda. In entrambi, Crudelia De Mon era Glenn Close.

Quest’anno dovrebbe poi uscire Cruella, un nuovo film Disney in cui la detestabile (eppure adorata) antagonista sarà interpretata da Emma Stone.

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