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  • Domenica 20 dicembre 2020

I numeri dell’epidemia in Europa

Come sono i dati su morti, contagi e ricoveri nei vari paesi, e soprattutto dove peggiorano

Mentre i governi europei sono alle prese con le misure restrittive da adottare per il periodo delle festività natalizie, la seconda ondata di contagi da coronavirus sta interessando in queste settimane principalmente i paesi dell’Est. Croazia, Slovenia e Ungheria sono tra gli stati che hanno registrato i maggiori contagi negli ultimi 14 giorni, rapportati alla popolazione, con numeri tra il doppio e il triplo di quelli italiani. Francia e Spagna, paesi colpiti molto presto e massicciamente dalla seconda ondata, sono ora tra quelli che contano meno contagi, mentre in Svezia i numeri non sono buoni: giovedì il re Carlo XVI Gustavo ha detto che la strategia del paese, basata su restrizioni poco severe, ha «fallito». Il paese con più casi positivi, sempre in rapporto alla popolazione, è però stata la Croazia, che ne ha contati 1.209 ogni 100mila abitanti nelle ultime due settimane.

La mappa dell’andamento dell’epidemia mostra che c’è una grande differenza tra stato e stato. In Polonia, Austria, Italia, Spagna e Grecia nell’ultimo mese è stata registrata una diminuzione dei casi compresa tra il 37,5 e il 26,2%. Confrontare i dati tra paesi diversi comunque è complicato: soprattutto per quanto riguarda i casi, sono strettamente legati al numero di test, e per esempio la Polonia ne fa meno della metà dell’Italia, in proporzione alla popolazione. Nonostante il miglioramento, peraltro, il governo polacco ha annunciato questa settimana un ulteriore rafforzamento delle misure da fine mese, dopo un primo giro di restrizioni a inizio novembre.

Tra i paesi in cui i contagi aumentano, la Danimarca ha registrato quasi il 72% dei casi in più nelle ultime due settimane rispetto alle due precedenti; in Slovacchia la percentuale è stata del 41%, nei Paesi Bassi del 34%, nei paesi baltici tra il 20 e il 30%, in Svezia del 17%. La Germania, che da alcuni giorni ha a sua volta adottato misure più restrittive che saranno mantenute per un mese, ha registrato un aumento dei contagi del 13%.

I dati sui decessi mostrano che la Bulgaria ha registrato 26,8 decessi ogni 100mila abitanti negli ultimi 14 giorni, più di ogni altro paese europeo. Sono anche molti di più di altri paesi con un’incidenza simile del virus (il Portogallo, per esempio, che ne hanno registrati 11): dipende in buona parte dal fatto che il sistema sanitario bulgaro è molto più inattrezzato a gestire un’epidemia. Ma il basso numero di test suggerisce che, probabilmente, in Bulgaria la circolazione del coronavirus è ampiamente sottostimata (ancora più che negli altri paesi).

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Ungheria, Croazia e Slovenia sono gli altri tre paesi che hanno avuto più morti nelle ultime due settimane, tra i 22 e i 26 ogni 100mila abitanti, mentre l’Italia rientra di fatto nella fascia successiva, quella dei paesi che ne hanno avuti circa 15 ogni 100mila abitanti: una mortalità simile a Polonia, Repubblica Ceca, Austria e Svizzera. La Svezia, nonostante i molti contagi, ha registrato circa 4 decessi ogni 100mila abitanti: ma visto l’andamento è un dato che potrebbe peggiorare. Francia, Spagna e Regno Unito hanno avuto circa la metà dei decessi dell’Italia, in rapporto alla popolazione.

Una recente analisi dell’European Journalist Network, che ha confrontato i dati sull’eccesso della mortalità nelle province e nelle regioni di molti paesi europei, ha descritto un fenomeno che già conosciamo. Ci sono zone in cui nella prima ondata il coronavirus è arrivato soltanto marginalmente, e in cui il vero impatto della pandemia si è sentito soltanto in autunno. È un po’ quello che è successo in Italia con il Sud, che aveva superato la primavera con un numero relativamente basso di morti e malati, essendo entrato in lockdown quasi contemporaneamente al Nord Italia, dove circolava il virus. È successo qualcosa di simile anche per il Sud della Francia, e per tutto l’Est Europa.

Per quanto riguarda i test, i paesi europei che ne stanno facendo di più sono il Lussemburgo e la Danimarca, mentre l’Italia ne sta facendo più di Spagna e Germania, anche se meno del Regno Unito, e più o meno come la Francia.

I dati sui ricoveri ospedalieri nei reparti di terapia intensiva sono più disomogenei a livello europeo, ma salta all’occhio soprattutto la Germania, che ha più pazienti in rianimazione rapportati alla popolazione dell’Italia, che a sua volta ne ha circa la metà della Slovenia.

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