La fine dei grandi magazzini Debenhams, dopo 242 anni

Sono un pezzo di storia britannica, stroncato dal coronavirus e dalla rivalità della moda economica e online

(Leon Neal/Getty Images)
(Leon Neal/Getty Images)

I grandi magazzini britannici Debenhams chiuderanno dopo 242 anni di storia. L’azienda ha dato la notizia martedì, 24 ore dopo l’annuncio che il gruppo di abbigliamento Arcadia, che controlla tra gli altri Topshop, era andato in amministrazione straordinaria: Arcadia è il principale concessionario di Debenhams e la notizia del suo possibile fallimento ha allontanato l’azienda britannica JD Sports, l’unico compratore interessato al momento. Debenhams inizierà quindi a smantellare gradualmente le operazioni: chiuderà i suoi 124 negozi rimasti in Regno Unito, mentre 12mila dipendenti rischiano di restare senza lavoro.

Debenhams è soltanto l’ultimo in ordine temporale dei grandi magazzini e delle grandi catene di abbigliamento che sono stati stroncati dalla crisi portata dal coronavirus, ma le perdite causate dalle prolungata chiusura dei negozi e dal crollo delle vendite sono state solo l’ultimo grave problema di una situazione difficile da tempo. Molte catene, infatti, non sono riuscite a reggere la concorrenza delle più agguerrite catene di fast fashion, che offrono abbigliamento alla moda a prezzi contenuti e con un ricambio continuo, come Primark, e alla rivalità  dei rivenditori online, come Asos e Boohoo, forniti, comodi e svelti nel consegnare gli ordini.

Le difficoltà di Debenhams erano ben evidenti dal 2018, quando aveva perso 491 milioni di sterline di ricavi rispetto all’anno precedente, aveva chiuso 50 negozi e tagliato 4000 posti di lavoro. Nel 2019 era entrato in amministrazione straordinaria e poi di nuovo nell’aprile del 2020. In questi giorni, i negozi fisici e quello online sono comunque aperti per le vendite di Natale, per smaltire il magazzino e gli ordini già fatti; il sito è crollato dopo l’annuncio della liquidazione a causa delle troppe visite di chi cercava un’ultima occasione.

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Nonostante la fine un po’ amara, Debenhams ha avuto un ruolo importante nella storia della moda e della società britannica, arrivando a contare più di 200 negozi in 18 paesi al mondo e collaborazioni con alcuni dei migliori stilisti del momento. Il primo negozio venne fondato nel 1778 da William Clark al numero 44 di Wigmore Street, nel West End di Londra: vendeva tessuti preziosi, guanti, cappellini e parasole. Nel 1813 l’imprenditore William Debenham investì nell’azienda, che cambiò nome in Clark & Debenham. Il primo negozio fuori Londra fu aperto a Cheltenham nel 1818 ed era una riproduzione di quello originale a Wigmore Street. In quegli anni, gli affari prosperavano grazie alla moda vittoriana dell’epoca e al suo rigido codice di abbigliamento.

Dopo la Prima guerra mondiale, Debenhams iniziò a espandersi con una serie di acquisizioni e nel 1928 si quotò alla borsa di Londra. Continuò ad aprire nuovi negozi, ad allargare la sua offerta di abbigliamento e a diversificarla: nel 1950 era diventato il più grande magazzino del Regno Unito, con 110 punti vendita e 84 marchi, e continuò a crescere fino alla metà degli anni Sessanta.

(Jeff J Mitchell/Getty Images)

Una nuova fase della sua storia si aprì nel 1985, quando venne acquistato da Burton, il gruppo fondato a inizio ‘900 dal 18enne lituano Montague Burton al suo arrivo nel  Regno Unito, e che possedeva già Topshop, Dorothy Perkins e altri marchi che nel 1997 confluirono nel gruppo Arcadia. L’anno dopo, Debenhams venne scorporato dal gruppo e nuovamente quotato in borsa, mentre nel 2002 Arcadia fu acquistato dall’imprenditore Sir Philip Green, che lo portò al successo: i suoi marchi, a partire da Topshop, divennero all’ultima moda, anche grazie alle collaborazioni con modelle e celebrità, da Kate Moss a Beyoncé.

Gli anni Duemila, nonostante il periodo economico poco favorevole, furono un periodo di crescita per Debenhams, soprattutto sotto la guida di Belinda Earl. Aveva iniziato a lavorare a 16 anni come commessa nella sede di Debenhams di Plymouth, dov’era nata, per pagarsi i vestiti, e ci era tornata 24 anni dopo come amministratrice delegata, dopo due anni a capo di una divisione dei grandi magazzini Harrod’s. Fu Earl a introdurre la linea “Designers at Debenhams”, una serie di collaborazioni tra stilisti emergenti e il grande magazzino, che proponevano collezioni ricercate e alla moda a prezzi accessibili e che ebbero un enorme successo.

Earl se ne andò nel 2003, senza aver trovato un acquirente unico per Debenhams. L’azienda venne così comprata da un consorzio di aziende finanziarie per 600 milioni di sterline che, tre anni dopo, ne guadagnarono 1,2 miliardi dopo averla quotata sul mercato azionario. Debenhams però era già gravata da un miliardo di sterline di debiti e da allora la situazione è precipitata: i profitti scendevano, i debiti si accumulavano, gli affitti salivano. Provò a reagire aprendo sempre più negozi ma finì per aumentare ancora di più i suoi debiti fino a quando, nel 2018, la situazione divenne insostenibile.