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  • Sabato 26 settembre 2020

La strana storia dei mercenari russi del “gruppo Wagner” in Bielorussia

Prima arrestati e accusati di voler sabotare le elezioni, poi liberati e considerati vittime di un complotto ucraino: cosa è successo?

Alexander Lukashenko (TUT.by via AP)
Alexander Lukashenko (TUT.by via AP)

Alla fine di luglio un’unità speciale dei servizi di sicurezza bielorussi (KGB, come i servizi segreti dell’Unione Sovietica) fece un’operazione in un ex sanatorio trasformato in hotel risalente all’epoca sovietica, a lato di un lago vicino a Minsk, la capitale della Bielorussia. L’operazione, le cui immagini furono poi trasmesse dalla televisione nazionale, portò all’arresto di 32 uomini, tutti alloggiati al secondo piano dell’edificio e tutti accusati di essere mercenari russi. Il governo bielorusso sostenne che i mercenari fossero arrivati con l’obiettivo di destabilizzare il paese e influenzare le elezioni presidenziali, che si sarebbero tenute dopo due settimane.

La storia fu ripresa parecchio anche dai giornali internazionali, soprattutto perché i mercenari erano sospettati di essere membri del “gruppo Wagner”: il “gruppo Wagner” è un insieme un po’ nebuloso di società russe di sicurezza privata considerato molto vicino al presidente russo Vladimir Putin. Nonostante Putin abbia sempre negato collegamenti con il gruppo, diverse inchieste giornalistiche hanno mostrato come negli ultimi anni i mercenari di Wagner siano stati usati in più di un’occasione dal governo russo per destabilizzare paesi stranieri, tra cui Libia, Ucraina, Venezuela e Repubblica Centrafricana.

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Secondo la ricostruzione del New York Times, che ha parlato con alcune persone impiegate nella zona dell’hotel fuori Minsk, i mercenari russi attirarono l’attenzione delle persone del posto per alcuni comportamenti particolari. Veronika Step, DJ di una discoteca locale, ha raccontato che i 32 russi erano così poco socievoli da destare sospetti; lei e altre impiegate della discoteca si dissero, scherzando, che avrebbero dovuto chiamare la polizia «per scoprire cosa nascondevano». Yelena, addetta alle pulizie dell’hotel che ha voluto essere identificata solo col suo nome, ha detto di essere rimasta sorpresa dal sapere che i russi erano mercenari: «Non sembravano combattenti, solo alcuni avevano il fisico molto muscoloso».

Non si sa se i servizi segreti bielorussi sapessero fin da subito della presenza dei mercenari russi vicino a Minsk, o se lo abbiano saputo solo in un secondo momento dalla segnalazione di una persona del posto.

Si sa però che Lukashenko decise di arrestare i mercenari per alimentare la propaganda nazionalista e anti-russa che aveva adottato prima delle elezioni, pensando di aumentare i propri consensi. Nonostante Russia e Bielorussia fossero due paesi alleati, infatti, era almeno dal 2018 che i rapporti erano tesi, a causa di controversie legate alla vendita di greggio russo e al processo di integrazione nell’Unione Statale, organizzazione internazionale di cui fanno parte entrambi gli stati.

Alexander Lukashenko e Vladimir Putin (Tatyana Zenkovich, Pool Photo via AP, File)

Subito dopo gli arresti, la Russia provò a dare una spiegazione sul perché mercenari del “gruppo Wagner” si trovassero in Bielorussia.

L’ambasciatore russo a Minsk disse che gli uomini arrestati avevano semplicemente perso un volo e avevano bisogno di un posto dove stare mentre ne trovavano un altro. Non si sa se questa versione dei fatti sia vera: nel video degli arresti si vedono delle banconote e una carta telefonica del Sudan, paese in cui è attivo il “gruppo Wagner”. D’altra parte, ha notato tra gli altri il giornalista Ivan Nechepurenko, non ci sono spiegazioni convincenti sul perché i mercenari abbiano scelto di stare in un hotel dalla parte opposta della città rispetto all’aeroporto.

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Dopo le elezioni presidenziali, e l’inizio delle proteste contro Lukashenko, la posizione del governo bielorusso nei confronti della Russia comunque cambiò. Il presidente bielorusso chiese aiuto a Putin per sedare le proteste: lo chiamò personalmente quattro volte e mandò suo figlio più grande, Viktor, a controllare che le condizioni dei mercenari russi in prigione fossero buone. I mercenari furono liberati il 14 agosto: tornarono subito in Russia e tutte le accuse contro di loro furono fatte cadere. Per il governo bielorusso erano cambiate le priorità, e l’appoggio di Putin era diventato fondamentale per continuare a sopravvivere.

A quel punto cambiò anche la versione bielorussa sui mercenari russi.

Il regime di Lukashenko sostenne che i mercenari erano stati attirati in Bielorussia da agenti dell’intelligence ucraina, incaricati di portarli in Ucraina per poterli processare con l’accusa di avere combattuto a fianco dei ribelli separatisti nella guerra in Ucraina orientale. Il piano, ha sostenuto la Bielorussia, era di dirottare l’aereo diretto a Minsk su cui viaggiavano i mercenari russi, e forzare un atterraggio di emergenza in Ucraina. Il quotidiano indipendente Meduza, che si occupa di Russia e che è piuttosto rispettato, ha messo in ordine le inchieste giornalistiche svolte in Ucraina su questa vicenda, che sembrerebbero sostenere l’ipotesi del coinvolgimento ucraino. Altri sono stati molto scettici su questa versione, che al momento non ha trovato prove solide a suo sostegno.

Una volta tornati in Russia, diversi mercenari coinvolti nella vicenda sono stati intervistati in televisione e hanno sostenuto di non avere alcun legame con il “gruppo Wagner” e di avere semplicemente fatto scalo in Bielorussia mentre erano diretti in Venezuela per motivi di lavoro. Poco dopo la loro liberazione, inoltre, il capo del KGB, i servizi segreti bielorussi, è stato rimosso dal suo incarico e al suo posto è stato messo un funzionario considerato più amichevole nei confronti della Russia.