• Mondo
  • Domenica 13 settembre 2020

In Europa c’è un’aria cattiva

L'ultima relazione dell'Agenzia Europea per l'Ambiente descrive un quadro preoccupante, e mostra quanto uccida l'inquinamento

La Tour Eiffel di Parigi, in Francia, circondata dallo smog nel 2014. (AP Photo/ Jacques Brinon)
La Tour Eiffel di Parigi, in Francia, circondata dallo smog nel 2014. (AP Photo/ Jacques Brinon)

Nei giorni scorsi è stata pubblicata la nuova relazione dell’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA), l’organizzazione dell’Unione Europea che ha il compito di fornire informazioni indipendenti e qualificate sull’ambiente per contribuire a migliorare la salute del territorio e dei cittadini europei. Il rapporto si intitola Healthy environment, healthy lives e chiarisce che in Europa ogni anno un numero significativo di morti è legato all’inquinamento.

Anche se le stime possono variare parecchio in base ai parametri utilizzati, e quindi vanno prese con una certa cautela, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) circa il 13 per cento delle morti registrate in Europa nel 2012 (l’anno più recente per cui l’OMS ha reso disponibili i dati) sarebbe da attribuire a fattori di inquinamento ambientale: in numeri assoluti si parla di 630mila persone. Secondo l’EEA 400mila morti ogni anno sarebbero dovute in particolare all’inquinamento dell’aria, che colpisce principalmente i paesi più poveri e quelli più soggetti a temperature molto fredde o a ondate di grande caldo. In generale, gli effetti dell’inquinamento atmosferico portano a sviluppare malattie polmonari e cardiovascolari, diversi tipi di cancro e ictus, ma anche diabete, asma e problemi neurologici.

Fattori ambientali e individuali
Il rapporto spiega che oltre ai fattori relativi all’ambiente in cui viviamo – come clima, aree verdi e traffico – le caratteristiche individuali sono essenziali per capire come l’ambiente influenzi la salute dei cittadini e la loro aspettativa di vita. Persone più povere tendono ad avere un’alimentazione meno curata e a essere sovrappeso, fumano di più, fanno meno esercizio e pertanto rischiano di avere più problemi di salute rispetto a persone con una condizione economica più stabile.

Per effettuare le sue valutazioni l’EEA ha incrociato i rischi per la salute di origine ambientale con fattori che aumentano la vulnerabilità individuale a questi rischi. Questo ha permesso all’EEA di evidenziare grosse differenze tra i paesi del nord Europa e quelli del sud, ma anche tra i paesi dell’Europa occidentale e quelli dell’Europa orientale.

– Leggi anche: Anche i comportamenti individuali servono

I cinque fattori di rischio di origine ambientale considerati dall’EEA sono l’esposizione al particolato (PM10), al diossido di azoto (NO2) e all’ozono, oltre a temperature molto alte o molto basse. Per via degli estesi periodi con alte temperature, diverse zone di Italia, Grecia e Spagna sono esposte a tre o anche a quattro dei cinque fattori di rischio ambientali.

Per valutare le caratteristiche di ciascun paese che aumentano la vulnerabilità ai rischi di origine ambientale si sono tenute in considerazione la percentuale di bambini sotto i 5 anni, la percentuale di anziani sopra i 75 anni, le entrate medie di ciascuna famiglia, la disoccupazione sul lungo periodo della popolazione in età lavorativa e la percentuale di persone senza un elevato grado di istruzione. Alcune regioni di Grecia, Italia e Slovacchia hanno dai tre ai quattro di questi cinque fattori: tra i paesi considerati più a rischio, perché i pericoli di origine ambientale si incrociano con le vulnerabilità, ci sarebbero quindi sia Grecia sia Italia. Nel nord Europa, ha evidenziato la EEA, non ci sono paesi dove si incrocino più di due fattori e caratteristiche di vulnerabilità.

Dalle valutazioni del rapporto emerge che la percentuale delle morti che possono essere attribuite all’inquinamento ambientale nei paesi del continente varia dal 9 per cento in Norvegia e Islanda fino al 23 e al 27 per cento rispettivamente di Albania e Bosnia ed Erzegovina. Tra i paesi dell’Unione Europea, quello con la mortalità più alta per cause legate all’inquinamento ambientale è la Romania, col 19 per cento. Altri paesi europei molto colpiti sono Montenegro, Macedonia del Nord e Serbia.

Non solo aria cattiva
Sebbene secondo quanto ha ricostruito l’EEA la maggior parte delle morti per fattori ambientali sia dovuta all’inquinamento dell’aria, non vanno sottovalutati nemmeno l’inquinamento acustico e la contaminazione dell’acqua. Nella relazione, per esempio, vengono citati alcuni studi in cui si chiarisce che la contaminazione da parte di sostanze perfluoroalchiliche – componenti chimici usati per rendere resistenti ai grassi e all’acqua materiali come tessuti, carta e rivestimenti per contenitori di alimenti – possono causare cancro ai reni e al seno, diabete, malattie cerebrovascolari, e favorire l’insorgere della malattia di Alzheimer e Parkinson. Anche la presenza di arsenico rilevato nell’acqua potabile viene associata tra gli altri a tumore ai polmoni e infarto.

– Leggi anche: A cosa servono le caraffe filtranti?

E dunque cosa c’è da fare
Come ha detto il direttore esecutivo dell’EEA, Hans Bruyninckx, è necessario che i paesi europei adottino «misure decisive per proteggere le persone più vulnerabili nella nostra società, poiché la povertà spesso si accompagna a condizioni ambientali e sanitarie precarie». La relazione dell’EEA ha evidenziato alcuni punti di particolare attenzione, ma anche casi virtuosi di strategie che hanno contribuito a migliorare l’ambiente.

Tra gli interventi più immediati da mettere in atto, come ha già indicato la Commissione Europea, ci sono la riduzione del traffico e la limitazione dei veicoli alimentati con carburanti molto inquinanti, a cui andrebbero preferiti veicoli elettrici. Uno dei metodi per contenere l’emissione di agenti inquinanti è introdurre ancora più zone per veicoli a bassissime emissioni, che prevedono il pagamento di un pedaggio per l’accesso dei veicoli inquinanti in alcune aree delle città. È un sistema a cui si fa già ampio ricorso in Italia, che infatti stando ai dati raccolti da EEA è il paese europeo con il maggior numero di zone del genere – per esempio l’Area B di Milano, che è la zona a traffico limitato più grande d’Italia.

– Leggi anche: Cos’è il “Green Deal” europeo

Un’altra strategia da mettere in pratica, secondo l’EEA, è incoraggiare i cittadini a usare di più la bicicletta: è quello che sta facendo la Francia, che ha destinato 20 milioni di euro alla riparazione di biciclette presso i meccanici autorizzati per spese non superiori ai 50 euro. Anche la capitale del Belgio, Bruxelles, sta intervenendo con la realizzazione di ulteriori 40 chilometri di piste ciclabili – similmente al Comune di Milano, che col Programma Strade Aperte e ciclabilità diffusa ha previsto la realizzazione di 35 chilometri di nuovi percorsi ciclabili entro la fine del 2020.

Secondo la EEA, poi, è fondamentale prestare attenzione al verde nelle aree urbane. Un esempio da seguire è quello della capitale del Portogallo, Lisbona, che ha messo in atto un piano grazie al quale dal 2002 al 2014 le emissioni di CO2 si sono ridotte del 42 per cento e che peraltro è la Capitale verde europea del 2020. In un quarto delle città analizzate nel rapporto – tra cui Glasgow, Madrid, Praga, Torino e Vienna –il 98 per cento dei cittadini che abitano in aree urbane può raggiungere facilmente aree verdi a piedi. Tuttavia, nel 10 per cento delle città, specialmente in Italia e in Romania, oltre il 20 per cento degli abitanti non ha a disposizione un’area verde raggiungibile a piedi.