Il governo candiderà Milano per il Tribunale Unificato dei Brevetti

È un nuovo ente europeo che – ammesso che nasca – dovrebbe garantire ricadute da 300 milioni all'anno: fino all'ultimo c'era in ballo anche Torino

(ANSA/ ALESSANDRO DI MARCO)
(ANSA/ ALESSANDRO DI MARCO)

Il governo italiano ha annunciato che candiderà Milano per ospitare la nuova sede del Tribunale Unificato dei Brevetti (TUB), un tribunale europeo che diventerà attivo nei prossimi anni. Per diverse settimane il governo era stato indeciso se scegliere Milano o Torino, guidate rispettivamente da un sindaco eletto col Partito Democratico e una sindaca del Movimento 5 Stelle, i due principali partiti che sostengono il governo.

Cos’è il TUB
Il Tribunale Unificato dei Brevetti sarà un tribunale internazionale che giudicherà le controversie sulle presunte violazioni del brevetto europeo con effetto unitario (European patents with unitary effect, EPUE), un meccanismo approvato nel 2013 dalla maggior parte dei paesi dell’Unione Europea per armonizzare le procedure per richiedere un brevetto – e proteggerlo da eventuali appropriazioni indebite – nei paesi europei.

Si parla almeno dagli anni Settanta dell’esigenza di avere un unico ufficio europeo che garantisca e protegga i brevetti europei, ma per vari ostacoli burocratici e amministrativi l’idea non si è mai concretizzata: al momento esiste una specie di brevetto europeo, ma consiste soltanto in una procedura agevolata per registrare lo stesso progetto nei 38 paesi che hanno aderito all’accordo, i quali però mantengono la giurisdizione sull’assegnazione e la violazione dei brevetti nei singoli stati. Avere 38 uffici al posto di uno solo richiede costi e risorse enormi per chi fa domanda per registrare un brevetto: soprattutto per le piccole e medie imprese, che devono pagare ogni anno più di una quota.

Il nuovo EPUE fu pensato per armonizzare e semplificare le procedure esistenti, ma da quando è stato approvato ha incontrato moltissimi ostacoli. Per prima cosa ci sono voluti diversi anni prima che gli stati membri ratificassero la sua introduzione (l’Italia, per esempio, lo ha fatto soltanto nel 2017). Poi c’è stata Brexit – Londra doveva essere una delle tre sedi del tribunale, oltre a quella centrale di Parigi e a Monaco di Baviera – e infine una sentenza della Corte costituzionale tedesca emessa nel marzo del 2020 che di fatto ha sospeso la partecipazione della Germania al nuovo meccanismo.

L’accordo del 2013 prevede che l’EPUE e il tribunale unitario entrino in vigore dopo l’approvazione di 13 stati membri – al momento sono 16 – fra cui però devono esserci i tre paesi che nel 2012 avevano il più alto numero di brevetti europei: e fra i tre paesi ci sono proprio Germania e Regno Unito (il terzo è la Francia). Fra gli esperti circola persino il dubbio che l’accordo possa non entrare mai in vigore: in una comunicazione del 21 luglio il ministero dello Sviluppo economico italiano ha scritto che «al momento non è possibile prevedere una data per l’entrata in vigore del nuovo sistema, che si stima, indicativamente, potrà essere operativo non prima del 2022».

Perché se ne parla proprio adesso
Per il 10 settembre è in programma a Bruxelles una riunione del Comitato preparatorio del Tribunale Unificato dei Brevetti (TUB), l’organo che si sta occupando di rendere operativo il tribunale una volta che dovesse entrare in vigore l’accordo del 2013. Secondo Repubblica, il Comitato «dovrà decidere come e dove spostare la terza sede del tribunale», dato che a meno di sorprese il Regno Unito uscirà dall’Unione Europea a fine anno (e poche settimane fa ha confermato che lascerà anche l’accordo sul brevetto europeo).

Da mesi si parlava della possibilità che il governo italiano candidasse una città a ospitare la terza sede del TUB, oltre a quelle di Parigi e Monaco di Baviera: diversi osservatori ritengono che l’Italia possa essere in qualche modo “risarcita” con l’assegnazione del TUB dopo che nel 2017 perse la possibilità di ospitare l’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) dopo un controverso sorteggio che favorì Amsterdam a danno di Milano. Sebbene il TUB non garantisca il giro d’affari e il prestigio dell’EMA, una stima di qualche anno fa della Commissione Europea citata dal Sole 24 Ore ipotizza che possa fruttare un giro d’affari di circa 300 milioni di euro all’anno per la città ospitante, oltre che potenziali sinergie con le università e gli studi legali locali.

Cos’è successo nella maggioranza di governo
Le posizioni sulla città che il governo dovrebbe proporre al Comitato erano diverse: alcuni parlamentari del Movimento 5 Stelle avevano spinto per Torino, la cui sindaca Chiara Appendino è una dei leader più riconoscibili del partito, e spiegato al Corriere della Sera che «a Torino hanno sede i più importanti studi legali a livello nazionale specializzati in proprietà intellettuale, senza contare importanti istituzioni come Università e Politecnico e centri di ricerca e innovazione privati». Secondo Linkiesta la candidatura di Torino era sostenuta anche dal ministro degli Esteri ed ex capo politico del M5S, Luigi Di Maio.

La candidatura di Milano era invece sostenuta dal Partito Democratico lombardo, dal sindaco della città Beppe Sala, eletto col centrosinistra, dal governo regionale, guidato dal centrodestra, e anche da alcuni dirigenti del M5S come il viceministro allo Sviluppo economico Stefano Buffagni, milanese.

A Milano si erano mossi anche vari pezzi della società civile, con una lettera firmata – oltre che dal sindaco di Milano Beppe Sala e dal presidente di regione Attilio Fontana – dalla presidente della Corte d’appello di Milano Marina Anna Tavassi e dal presidente della Camera di commercio milanese Carlo Sangalli, che sostenevano che scegliere Milano fosse la scelta più logica: «Milano è una delle città europee più innovative: delle 4.456 richieste di brevetto presentate dall’Italia presso lo European Patent Office nel 2019, il 21 per cento provengono da qui, 940, e si arriva al 34 per cento, 1.493, considerando la Lombardia», si legge nella lettera. La società che gestisce parte degli spazi di Expo ha già dato la disponibilità ad ospitare il TUB nelle proprie strutture.

I parlamentari piemontesi del Partito Democratico avevano invece fatto circolare l’ipotesi di una candidatura condivisa fra Torino e Milano, ma non era chiaro se il Comitato preparatorio del TUB potesse prendere in considerazione un’ipotesi del genere.

Alle fine il governo ha scelto Milano, al termine del Consiglio dei ministri di giovedì sera. Torino invece ospiterà l’Istituto italiano per l’intelligenza artificiale, che in una nota la presidenza del Consiglio ha descritto come «una struttura di ricerca e trasferimento tecnologico capace di attrarre talenti dal mercato internazionale e, contemporaneamente, diventare un punto di riferimento per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale in Italia».

«L’obiettivo», prosegue la nota, «è creare una sinergia tra le due città e il governo e allo stesso tempo consolidare l’asse nord-ovest del Paese: una strategia che renderebbe ancor più forti Milano e Torino e, con esse, l’Italia». Né il comune di Milano né quello di Torino hanno ancora commentato la decisione del governo.

Il TUB andrà davvero a Milano?
Non è chiaro quanto la candidatura di Milano sia davvero solida per gli altri paesi europei. Il Sole 24 Ore scrive che il governo francese e quello dei Paesi Bassi hanno candidato rispettivamente Parigi e Amsterdam; nel primo caso, la sede centrale potrebbe assorbire le competenze della terza sede, che dovrebbe occuparsi soprattutto di brevetti sanitari. «Non è escluso che in assenza di alternative convincenti le altre due divisioni centrali, Parigi e Monaco di Baviera, spingano per assumere su di sé le deleghe precedentemente assegnate a Londra», spiega il Sole.