Perseverance ha iniziato il suo viaggio verso Marte

Il nuovo rover della NASA è partito oggi per un viaggio di milioni di chilometri, e al suo arrivo dovrà rispondere alla domanda delle domande: c'era vita sul pianeta?

di Emanuele Menietti – @emenietti

(NASA)
(NASA)

Su Marte c’è un cratere largo quasi 50 chilometri che si chiama Jezero, “lago” in diverse lingue slave. Si trova sul lato occidentale della grande pianura Isidis Planitia nella parte orientale del pianeta, e tra qualche mese diventerà la casa di Perseverance, il nuovo robot automatico (rover) grande più o meno quanto un SUV che la NASA ha lanciato oggi da Cape Canaveral. Il rover, che può essere considerato un parente stretto di Curiosity che da otto anni esplora il suolo marziano, avrà un compito arduo e ambizioso. Dovrà rispondere alla domanda delle domande su quel mondo lontano in media 254milioni di chilometri dal nostro: c’è mai stata vita su Marte?

Il lancio di Perseverance è avvenuto oggi alle 13:50 (ora italiana) da Cape Canaveral, la principale base di lancio degli Stati Uniti e una delle più famose al mondo, la stessa dalla quale partirono le missioni Apollo per l’esplorazione della Luna con esseri umani.

Sul grande razzo Atlas V di United Launch Alliance non c’erano astronauti a fare compagnia a Perseverance, che una volta spinto in orbita ha iniziato un viaggio interplanetario piuttosto tortuoso per raggiungere Marte a febbraio del prossimo anno.

Un rover familiare
La missione, che si chiama Mars 2020, ha richiesto più di sette anni di preparazione ed è una delle iniziative più ambiziose portate avanti dalla NASA negli ultimi anni. Raggiungere Marte non è semplice e far depositare qualcosa sulla sua superficie è ancora più complicato, come sanno bene le agenzie spaziali che ci hanno provato finora. Gli Stati Uniti sono infatti a oggi l’unico paese ad avere realizzato con successo atterraggi controllati, portando diversi rover su Marte. Il più grande di tutti, Curiosity, è ancora attivo dopo il suo arrivo nel 2012 e sta raccogliendo preziose informazioni sul pianeta.

A prima vista, Perseverance sembra essere tale e quale a Curiosity, sia per le dimensioni (3 metri di lunghezza per 2,7 di larghezza) sia per la forma, con il suo set di sei ruote e la caratteristica torretta con le telecamere e altri sensori in cima. In realtà gli ingegneri del Jet Propulsion Laboratory (JPL), la divisione della NASA che realizza i robot spaziali, in questi anni hanno lavorato sodo per realizzare una versione più evoluta e pesante di Curiosity, imparando dagli errori di progettazione e dai piccoli imprevisti cui è andato incontro il rover nella sua permanenza su Marte.

Le ruote sono state per esempio riprogettate per fare in modo che Perseverance si possa muovere più facilmente tra le asperità del suolo marziano, e le fotocamere sono state sostituite con sensori molto più definiti rispetto a quelli di Curiosity. Questo significa che quando il rover sarà attivo, potrà inviare verso la Terra immagini ad alta definizione che ci consentiranno di osservare Marte come non avevamo mai potuto fare prima. Arriveranno immagini straordinarie non solo esteticamente, ma anche per realizzare analisi più accurate sulla composizione e la conformazione del suolo nell’area del cratere Jezero.

Perseverance durante una fase di test (NASA)

Vita?
I ricercatori della NASA hanno scelto questa zona di Marte non a caso: le osservazioni condotte grazie alle sonde che orbitano intorno al pianeta, inviate negli scorsi anni, fanno ritenere che Jezero un tempo ospitasse un fiume, che sfociava in un lago. Il corso d’acqua potrebbe avere portato con sé sedimenti e minerali che nel lago avrebbero potuto costituire il giusto mix per alimentare microbi e forse altre forme di vita.

Dai dati delle sonde, la zona sembra essere il luogo ideale per cercare tracce di esseri viventi molto semplici, che potrebbero avere popolato il pianeta miliardi di anni fa, quando era in parte ricoperto da acqua liquida e appariva meno brullo e inospitale di oggi.

L’area prevista per l’atterraggio di Perseverance nel cratere Jezero (ESA / DLR / FU Berlin / Emily Lakdawalla)

Raggiunto Jezero, Perseverance si metterà alla ricerca di fossili molecolari, cioè di strutture e minerali dovuti alla presenza un tempo di esseri viventi. Questi indizi potrebbero essere di vario tipo: elementi chimici frutto di processi vitali, o molecole composte da carbonio e idrogeno, tra gli ingredienti base della vita, almeno per come la conosciamo sulla Terra.

Il rover è stato attrezzato con sette diversi strumenti, che potrà utilizzare per la ricerca di questi indizi; oltre alle fotocamere, comprendono radar e sistemi laser per l’analisi del suolo e della sua composizione. Ma Perseverance farà anche una cosa mai tentata prima e che fa parte di un piano estremamente ambizioso che terrà impegnata la NASA, e l’Agenzia Spaziale Europea (ESA), per il prossimo decennio: raccogliere campioni del terreno marziano da inviare sulla Terra per analisi più approfondite.

Mars delivery
Perseverance arriverà su Marte trasportando 43 provette di titanio, che diventeranno un mini magazzino per preservare sul pianeta i campioni che preleverà con il suo trapano, in attesa di una missione per portarli sulla Terra. Il trapano è collocato su un braccio robotico del rover e può contare su nove punte per perforare materiale di diversa densità. Quando riempie una provetta, Perseverance provvede a immagazzinarla nella sua parte inferiore, dove un altro braccio robotico ha il compito di scattare fotografie dei campioni e infine assicurarsi che la provetta sia chiusa ermeticamente.

Tecnici del JPL al lavoro con le provette in titanio dove saranno conservati i campioni (NASA)

Decidere in quali aree effettuare i prelievi non sarà semplice e sarà il principale argomento di discussione tra i ricercatori, considerato che avranno a disposizione un numero limitato di tentativi. Per stabilire le zone da perforare potranno comunque fare affidamento su Perseverance e i dati che raccoglierà su ciò che lo circonda, man mano che si sposta all’interno del grande cratere.

La missione prevede che siano raccolti almeno 20 campioni da portare sulla Terra in futuro, anche se i ricercatori confidano di riuscire a riempire tutte e 43 le provette. È bene ricordare che questa insolita raccolta avverrà a distanza di centinaia di milioni di chilometri da noi e che sarà gestita da un robot, con istruzioni inviate via radio dal nostro pianeta che impiegheranno in media 15 minuti per raggiungere Marte.

Una volta raccolti i campioni, i ricercatori dovranno decidere dove farli lasciare a Perseverance sul suolo marziano. Non è ancora chiaro se lasceranno il prezioso carico in un solo punto o se decideranno di creare due depositi distinti, in modo da avere un mini magazzino di riserva se qualcosa dovesse andare storto. Le provette di titanio sono state progettate per durare almeno 20 anni senza che l’ambiente marziano le degradi, quindi dovrebbero offrire tempo a sufficienza per terminare lo sviluppo della missione di recupero, sulla quale ci sono ancora diversi aspetti da chiarire.

NASA ed ESA hanno deciso di collaborare in questa seconda fase, che al momento appare un po’ cervellotica. L’idea è di inviare in futuro un nuovo rover su Marte con il compito di recuperare i campioni e di caricarli su un mini razzo, che dovrebbe poi spingerli nell’orbita marziana. La scatola contenente i campioni dovrebbe essere intercettata da una sonda in orbita intorno a Marte che dovrebbe poi intraprendere un viaggio interplanetario per tornare sulla Terra. È tutto molto complicato, ma sarebbe una enorme opportunità per la ricerca planetaria.

Contaminazioni
Una volta sul nostro pianeta, infatti, i campioni raccolti su Marte potrebbero essere analizzati con strumentazioni molto più precise e raffinate di quelle che si possono inserire su un rover. Le analisi consentirebbero di studiare in grande dettaglio gli strati di roccia e di suolo, rendendo più semplice l’eventuale identificazione di tracce di vita come fossili di organismi unicellulari.

La scelta di raccogliere ora i campioni e mantenerli sigillati non è inoltre casuale: con ogni missione verso Marte aumenta il rischio di contaminare il pianeta con sostanze e microbi provenienti dal nostro pianeta. La NASA e le altre agenzie spaziali fanno di tutto per ridurre al minimo questo rischio, lavorando in ambienti sterili e arrostendo i loro robot prima di inviarli verso Marte, ma nessun sistema garantisce una sterilizzazione totale. Le provette di titanio consentiranno di avere campioni senza contaminazioni, o per lo meno con contaminanti che potranno essere confrontati con quelli noti e che potremmo avere portato accidentalmente sul pianeta, in modo da escluderli dalle analisi.

Un mese
Nel caso in cui le condizioni meteo non avessero consentito di effettuare il lancio oggi, la NASA avrebbe avuto poco meno di un mese di tempo per programmare un nuovo tentativo. I tempi sono condizionati dalla posizione di Terra e Marte nelle loro rispettive orbite, in questo periodo più vicini del solito. Se fosse saltato il lancio questa estate, la NASA avrebbe dovuto rinviare di un paio di anni, in attesa di un nuovo avvicinamento dei due pianeti.

Oltre a qualche problema tecnico al razzo Atlas V, che ha comportato ritardi nella preparazione della missione, la pandemia da coronavirus ha contribuito a complicare l’organizzazione della missione. Negli ultimi mesi, cruciali per mettere a punto diversi dettagli, i ricercatori e gli ingegneri della NASA hanno dovuto lavorare da casa o mantenendo il distanziamento fisico, ripensando i turni di lavoro intorno al rover e al razzo. Le attività sono comunque proseguite senza grandi interruzioni, proprio per non dover rinunciare al momento propizio per il lancio data la vicinanza della Terra a Marte.

Anche altre agenzie spaziali hanno approfittato di questa circostanza. Nelle ultime settimane sia gli Emirati Arabi Uniti sia la Cina hanno lanciato le loro missioni verso Marte. Quella degli Emirati prevede l’invio di una sonda che rimarrà in orbita intorno al pianeta, mentre la Cina ha in programma di fare atterrare un proprio rover sul suolo marziano: sarebbe il primo robot non statunitense a muoversi sulla superficie di Marte, ma compiere un atterraggio controllato da quelle parti non è affatto semplice e sarà il principale ostacolo anche per Perseverance.

Arrivo
Dopo avere viaggiato per oltre sei mesi a una velocità di oltre 20mila chilometri orari all’interno di un involucro protettivo, Perseverance dovrà rallentare la sua corsa mentre entra nell’atmosfera marziana. Dopo quattro minuti avrà raggiunto i 1.600 chilometri orari, poco dopo si troverà a circa 11mila metri dal suolo e aprirà un paracadute che ne frenerà la corsa.

L’involucro si aprirà lasciando il rover agganciato a un argano dotato di retrorazzi, che si attiveranno per stabilizzare la discesa. L’argano calerà infine il rover al suolo, sganciandosi poi all’ultimo momento e volando per qualche centinaio di metri per sfracellarsi sulla superficie a debita distanza da Perseverance. Avverrà tutto automaticamente e la NASA confida di ripetere il successo di Curiosity, che fu calato su Marte con la medesima procedura.

(NASA)

Elicottero marziano
Perseverance non sarà comunque solo: esplorerà il grande cratere Jezero in compagnia di Ingenuity (“ingegno”), un piccolo drone che ricorda un elicottero. Sarà il primo oggetto nella storia delle esplorazioni marziane a decollare sul pianeta e a esplorarne il territorio, seppure per brevi spostamenti.

Ingenuity non ha con sé strumenti scientifici e in un certo senso costituisce da solo un esperimento scientifico. È stato pensato per verificare se sia possibile far volare droni su Marte nonostante la sua atmosfera molto rarefatta: un successo potrebbe aprire la strada a robot di nuova concezione, da utilizzare per rendere più rapidi gli spostamenti rispetto ai pochi metri al giorno coperti dai rover tradizionali.

Perseverance e Ingenuity in un’elaborazione grafica (NASA)

Si dice spesso che Marte sia l’unico pianeta interamente abitato da robot che conosciamo. Perseverance e Ingenuity si uniranno alla sempre più folta squadra che popola Marte e potranno aiutarci a capire se almeno un tempo ci fosse qualche altro inquilino di un mondo che a ogni missione ci appare sempre meno lontano.