Recep Tayyip Erdogan
(AP Photo/Lefteris Pitarakis, File)

Dopo i giornali, la Turchia vuole controllare anche i social network

Una nuova legge proposta dal partito del presidente Erdoğan sta creando grosse agitazioni nell'opposizione

In Turchia il partito politico del presidente Recep Tayyip Erdoğan, che negli ultimi anni ha completato la trasformazione del paese in una democrazia di ispirazione religiosa e a guida autoritaria, ha proposto una nuova legge per estendere il controllo del governo anche ai principali social network.

La legge, che avendo il suo sostegno ha enormi possibilità di essere approvata, è solo l’ultima di una serie di misure che hanno ristretto il margine di azione dell’opposizione, dopo le decine migliaia di arresti dopo il fallito colpo di stato del 2015, la chiusura o l’acquisizione di giornali da parte di imprenditori vicini al governo e il licenziamento di migliaia di insegnanti della scuola pubblica e gli arresti di massa di dissidenti o presunti tali.

Uno dei passaggi più importanti della nuova legge obbligherà aziende come Facebook, Twitter e YouTube – piattaforme sulle quali gli attivisti e i politici di opposizione possono parlare a una platea altrimenti irraggiungibile con altri mezzi – a nominare un referente per la Turchia che gestisca le lamentele e le richieste di rimuovere materiale sgradito (già oggi la Turchia è uno dei paesi al mondo che chiede di rimuovere il maggior numero di contenuti a Twitter).

Le aziende che non nomineranno un referente saranno private dal governo di parte della banda internet a loro disposizione, fino a una riduzione del 90 per cento. In passato il governo turco aveva già impedito l’accesso ai principali social network e a Wikipedia in momenti particolarmente concitati della sua storia recente. Ciascuna azienda avrà tempo fino a 48 ore per gestire una richiesta e 24 ore per rimuovere un contenuto su ordine dei tribunali, la maggior parte dei quali è controllata dal partito di Erdoğan, l’AKP.

Yaman Akdeniz, avvocato turco e attivista per la libertà di parola, ha detto al Financial Times che le società che gestiscono i social network di fatto non avranno scelta: dovranno scegliere se cooperare con le autorità turche – e quindi aderire a una forma di censura – oppure perdere l’accesso al mercato turco.

Il governo turco spiega che la nuova legge si è resa necessaria perché i social network rimuovono con ritardo contenuti illegali che mostrano violenze sessuali, truffe oppure incoraggiano al terrorismo (un reato di cui in Turchia sono stati accusati tutti i principali oppositori di Erdoğan).

Il CHP, il principale partito politico di opposizione, ha detto al quotidiano turco Hürriyet che si opporrà «con ogni mezzo» all’approvazione della legge, compreso un eventuale ricorso alla Corte Costituzionale, uno dei rarissimi contrappesi ancora attivi fra le istituzioni turche.

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