Una canzone dei Blind Melon

Quella che cambiò loro le cose, prima che cambiassero in molto peggio

Attenzione, che dalla settimana prossima prendiamo due piccioni con una fava. Un piccione è che io stacco un po’ dalla newsletter fino alla fine di agosto, mese in cui anche molti di voi leggono meno le mail. Il secondo piccione è che gli iscritti alle Canzoni sono diventati molti di più e per esempio più di tre quarti di voi non c’erano nelle prime settimane (e quelle Canzoni erano molto belle, tra l’altro).
Quindi fino alla fine di agosto la newsletter arriverà regolarmente ogni sera con le canzoni di quelle prime cinque settimane, che ve le meritate tutti. Invece la pubblicazione della newsletter qui sul Post la sospendiamo. Poi da settembre ci rivediamo in diretta.
Oggi è il centenario della nascita di Amália Rodrigues, celebrato a dovere in Portogallo.
Stasera esce un disco di Taylor Swift a cui hanno messo mano Aaron Dessner dei National e Justin Vernon dei Bon Iver.
Nessuno mi scalda moltissimo tra i dischi candidati al Mercury Prize annunciati oggi (c’è Dua Lipa, pure), ma non li conosco tutti (meno originali del solito anche per Alex Petridis del Guardian).

No rain
Tra il 1991 e il 1992 c’era una nuova eccitazione nella discografia americana, che aveva iniziato a fare moderati investimenti da un paio d’anni sulle rock band “grunge” della west coast e di Seattle in particolare e si era all’improvviso ritrovata col successo planetario di Nevermind dei Nirvana e del primo disco dei Pearl Jam. Rock band molto rock cominciarono a essere inopinatamente arruolate in tutti gli Stati Uniti dalle grandi case discografiche, e tra queste i Blind Melon, nati in California tra musicisti prevalentemente del Mississippi. Furono affidati al produttore dei Pearl Jam e di altre band maggiori, mandati a registrare a Seattle, e in tour con i Soundgarden. Il disco uscì, andò così e così, ma il secondo singolo No rain fece tardivamente un gran botto col suo video su MTV e da lì in poi vendettero tantissime copie.

Beh, era un signor pezzo, con quel giro di chitarra, la vocetta di lui, e quel suono rock psichedelico che attingeva a vent’anni prima. L’aveva scritta il loro bassista Brad Smith e parla di depressione, e di rimanere a letto tutto il giorno senza l’alibi che fuori piova.
And I don’t understand why I sleep all day
And I start to complain that there’s no rain
And all I can do is read a book to stay awake
And it rips my life away but it’s a great escape

La band aveva insomma i numeri per inserirsi in quell’inattesa epoca di grande successo commerciale del rock americano, e aveva anche il suo cantante da copertina come le altre: Shannon Hoon, 25 anni, bello e biondo e tormentato: ma anche lui troppo tormentato. Fecero un secondo disco non male ma più vario nei suoni, che non andò bene come si sperava: durante il tour trovarono lui svenuto sull’autobus per un’overdose di cocaina, e morì a 28 anni. Era nata sua figlia tre mesi prima.
I just want someone to say to me, oh
I’ll always be there when you wake, yeah
You know I’d like to keep my cheeks dry today
So stay with me and I’ll have it made

La band è tornata insieme con un nuovo cantante anni dopo. Un mese fa è uscito un documentario su Shannon Hoon.

No rain su Spotify
No rain su Apple Music
No rain su YouTube