Cosa hanno deciso sui rimborsi per i concerti, alla fine

Il Parlamento ha modificato la norma contestata che prevedeva i soli voucher, stabilendo il rimborso dopo 18 mesi

Un manifesto del concerto di Paul McCartney a Napoli. (ANSA / CIRO FUSCO)
Un manifesto del concerto di Paul McCartney a Napoli. (ANSA / CIRO FUSCO)

Con il cosiddetto “decreto rilancio”, approvato la settimana scorsa in via definitiva dal Senato, il Parlamento ha modificato i termini che regolano i voucher e i rimborsi per le persone che avevano comprato i biglietti per concerti e spettacoli che non sono avvenuti o non potranno avvenire per via dell’emergenza coronavirus. La modifica più importante, arrivata dopo settimane di discussioni e polemiche, è che i voucher dei biglietti di concerti e spettacoli che non si sono tenuti dovranno essere rimborsati da chi li ha venduti se non saranno utilizzati entro un periodo di 18 mesi, se nel frattempo non sono stati riprogrammati.

Perché siamo arrivati a questo punto
La prima decisione del governo, che era contenuta nel decreto Cura Italia, era stata di consentire agli organizzatori dei concerti di erogare dei voucher di pari importi rispetto a quello del biglietto dello spettacolo annullato. I voucher, secondo questa prima versione, potevano essere utilizzati per futuri concerti dello stesso organizzatore, ma non era previsto nessun tipo di rimborso della somma spesa. Era una misura pensata per tutelare gli organizzatori dei concerti e in generale il settore dello spettacolo, che ha subito enormi danni economici dalla pandemia e dalle limitazioni agli assembramenti e sta facendo molta fatica a ripartire, ancora più che le altre attività.

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Ma la mancanza di una possibilità di ottenere un rimborso per chi aveva comprato i biglietti era stata estesamente criticata, tra gli altri anche da Paul McCartney, l’ex componente dei Beatles che aveva due concerti in Italia in programma a giugno, ovviamente annullati. Alla fine il governo aveva fatto sapere che avrebbe modificato la legge per prevedere anche i rimborsi.

Cosa prevede la nuova normativa
Il “decreto rilancio” dice quindi che i voucher forniti dagli organizzatori dei concerti rinviati a data da destinarsi hanno una durata di 18 mesi, alla scadenza dei quali – se il concerto non è stato riprogrammato e se il cliente non ha usato i voucher per altri eventi – deve avvenire il rimborso della cifra spesa originariamente.

Dal testo del decreto, sembra che il rimborso alla scadenza del voucher sia una procedura automatica, che non richiederà richieste specifiche. I 18 mesi di validità del voucher cominciano dalla data di emissione dello stesso, ed è in questa finestra che deve essere eventualmente riprogrammato il concerto perché non scatti la procedura di rimborso (in quel caso rimane valido il biglietto acquistato).

Le cose che ancora non si capiscono
Il decreto specifica anche che «in caso di cancellazione definitiva del concerto, l’organizzatore provvede immediatamente al rimborso con restituzione della somma versata». Non è chiaro però se questo valga anche per i concerti – per esempio quello di Paul McCartney – di cui era stata annunciata la cancellazione, ma che magari potrebbero essere riprogrammati il prossimo anno se sarà di nuovo possibile tenere grandi eventi.

I dubbi interpretativi in realtà sono molti, stanno segnalando diverse associazioni di categoria. Per esempio, non è chiaro cosa succede a chi aveva chiesto il voucher per un concerto cancellato, ma nel frattempo lo aveva usato per comprare i biglietti di un altro concerto riprogrammato, tra quelli – pochi – che si stanno tenendo e quelli già fissati nel 2021. Possono chiedere di tornare al voucher, per lasciarlo scadere e ottenere il rimborso? Oppure non possono tornare indietro? Alcuni promoter musicali hanno scritto ai possessori dei biglietti spiegando di essere in attesa di chiarimenti dal governo.

C’è anche un altro passaggio poco chiaro del decreto: quando si parla dell’obbligo di rimborso dopo i 18 mesi di validità dei voucher si riferisce specificamente «agli organizzatori di musica leggera». Non è una categoria molto precisa, e non è chiaro se escluda altre categorie di eventi, per esempio i concerti di musica classica. Questa ambiguità è stata segnalata tra gli altri da Assomusica, che ha sostenuto che «rischia di discriminare tra spettatori e spettacoli, dividendo tra chi può beneficiare del rimborso e chi solo dei voucher» e auspicando al più presto maggiore chiarezza.