Il tentativo dell’Uzbekistan di riavere i suoi turisti

Il governo si fa carico delle loro eventuali spese sanitarie a causa del coronavirus, e di comunicarlo in tutto il mondo

di Federica Frigeri

Tashkent, Uzbekistan (Zafar Khalilov/Xinhua via ANSA)
Tashkent, Uzbekistan (Zafar Khalilov/Xinhua via ANSA)

Negli ultimi giorni è stata riportata dai giornali di tutto il mondo la notizia di un bonus da 3000 dollari che l’Uzbekistan avrebbe dato ai turisti che si fossero ammalati di coronavirus durante un viaggio nel paese. In realtà non c’è nessun bonus, bensì un rimborso per le eventuali spese mediche, ma la notizia rivela i tentativi del governo uzbeko di salvare il settore turistico, che negli ultimi anni è diventato sempre più importante per la sua economia.

L’Uzbekistan è una repubblica dal 1991, quando si è dichiarato indipendente dall’Unione Sovietica. È uno dei paesi più poveri dell’Asia Centrale, agli ultimi posti delle classifiche sul reddito pro-capite, e storicamente il settore più importante della sua economia è stato quello dell’agricoltura, che utilizza più di un terzo della forza lavoro del paese. Dal 1992 l’Uzbekistan ha cominciato a investire nel settore turistico, con la creazione del comitato statale per lo sviluppo del turismo – “Uzbektourism” – e la fondazione della compagnia aerea Uzbekistan Airways. Il governo dell’attuale presidente Shavkat Mirziyoyev – eletto nel 2016 – ha puntato molto sullo sviluppo del settore, introducendo riforme nelle infrastrutture del turismo e nella rete dei trasporti, creando nuove opportunità di lavoro e facilitando la circolazione di turisti con l’eliminazione del visto d’ingresso per un numero sempre maggiore di paesi.

Le riforme approvate dal presidente hanno portato a un notevole incremento dei turisti: erano un milione nel 2016, sono diventati 5,3 milioni nel 2018, la maggior parte di loro provenienti dai paesi delle ex repubbliche sovietiche. Prima dell’inizio dell’epidemia da coronavirus, il paese si aspettava di raggiungere i 7 milioni di turisti all’anno entro il 2025 e di generare grazie a questo settore più del 6% del prodotto interno lordo entro il 2024.

Tre giorni dopo l’accertamento del primo caso di coronavirus – una donna di rientro dalla Francia – l’Uzbekistan aveva disposto il 16 marzo l’immediata chiusura delle frontiere, l’interruzione dei trasporti pubblici e delle attività commerciali e molte limitazioni agli spostamenti dei cittadini. Tra le altre cose, erano state sospese le celebrazioni del Nowruz, che segna l’equinozio di primavera ed è una delle feste più importanti per la tradizione uzbeka. L’introduzione immediata di misure di sicurezza era servita a contenere il contagio, facendo sì che in Uzbekistan a fine marzo ci fossero solo circa 100 casi confermati e due morti, a fronte di una popolazione di oltre 30 milioni di persone.

Le misure anti contagio hanno provocato grossi danni per l’economia del paese. I dati dell’UNDP (il programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo) mostrano una riduzione della previsione di crescita generale del prodotto interno lordo dal 5,7 per cento all’1,6 per cento. Entro la fine di marzo le esportazioni erano diminuite del 18 per cento rispetto all’anno precedente, e l’85 per cento delle piccole imprese aveva chiuso, con conseguente aumento della disoccupazione. Ad aprile, per evitare danni più gravi, il governo aveva disposto il primo allentamento delle misure restrittive, con successive modifiche a maggio, suddividendo il paese in tre zone con regole di diversa severità in base al numero dei contagi.

Sempre per far fronte al crollo dell’economia, la Banca Mondiale aveva approvato 200 milioni di dollari in finanziamenti per la politica, l’economia e la sanità uzbeka e il governo aveva introdotto alcune riforme economiche a supporto delle imprese e la creazione di uno speciale fondo anti-crisi.

Il 19 giugno il presidente Mirziyoyev aveva annunciato la creazione di un programma chiamato “Safe Travel Guarantee”, con lo scopo di rilanciare il settore turistico.
Il programma prevede l’introduzione di norme igieniche e sanitarie in tutti i siti turistici, e una certificazione volontaria da parte di hotel, ristoranti e strutture del turismo, per essere inseriti in una lista di aziende sicure. Il programma prevede inoltre che gli hotel in cui si dovessero sviluppare dei focolai siano costretti a pagare i costi delle spese sanitarie dei turisti contagiati.

Tra le altre misure a favore del turismo c’è il bonus di cui si è molto parlato nelle ultime settimane. Molti giornali, semplificando, hanno scritto che i turisti contagiati durante un viaggio in Uzbekistan avrebbero ricevuto un rimborso di 3.000 dollari. Il centro nazionale di informazioni turistiche uzbeko ha tuttavia spiegato al Post che il bonus è più semplicemente un rimborso per eventuali spese mediche. Chi dovesse contagiarsi potrà scegliere se curarsi a proprie spese e ottenere poi un rimborso oppure affidarsi al sistema sanitario uzbeko ed essere sottoposto alle cure a spese del governo locale. Il rimborso, inoltre, è ottenibile solo da chi abbia organizzato un viaggio con una guida locale certificata; e al momento i cittadini di Cina, Giappone, Corea del Sud e Israele sono gli unici che possono entrare in Uzbekistan senza sottoporsi a un periodo di 14 giorni di quarantena.

In seguito alle riaperture, tuttavia, i numeri dei contagi sono tornati a crescere, passando da 3702 casi totali registrati a inizio giugno, a oltre 8000 a fine mese. I contagiati totali ora sono più di 12.700 e questa settimana si è registrato il picco più alto in un giorno dall’inizio della pandemia. Il governo ha introdotto un nuovo lockdown a cominciare dal 10 luglio con la previsione di mantenerlo fino al 1° agosto e tutto il territorio è tornato ad essere zona rossa. Le regole prevedono coprifuochi notturni, chiusura delle moschee, di ristoranti, di parchi e del trasporto pubblico.

Questo e gli altri articoli della sezione Il coronavirus in 26 paesi del mondo sono un progetto del workshop di giornalismo 2020 del Post con la Fondazione Peccioliper, pensato e completato dagli studenti del workshop.