Dove sono le mascherine a 50 centesimi?

Secondo molti il piano del governo non sta funzionando – le mascherine sono introvabili e ci sono stati guai con l'approvvigionamento – ma è un problema comune ad altri paesi

(ANSA/MASSIMO PERCOSSI)
(ANSA/MASSIMO PERCOSSI)

Da alcuni giorni in tutta Italia è entrato in vigore il prezzo calmierato delle mascherine chirurgiche, stabilito in 50 centesimi più IVA (61 centesimi in totale) dal commissario straordinario per l’emergenza coronavirus, Domenico Arcuri. La decisione, che doveva servire a ridurre le speculazioni economiche sulle mascherine chirurgiche usa e getta (il cui prezzo è aumentato fino a 15 volte rispetto a prima della crisi), sembra però aver avuto anche un altro effetto: molti farmacisti e altri distributori sostengono che da questa settimana la scarsità di mascherine, che dura da mesi, si sia persino aggravata.

Al momento non ci sono dati certi con cui misurare il numero di mascherine in commercio e la loro scarsità, ma molti sostengono che il prezzo calmierato imposto dal governo ne abbia limitato la circolazione. Lunedì 4 maggio, il primo giorno in cui il meccanismo creato da Arcuri è entrato pienamente in funzione, le mascherine a 61 centesimi sono state rapidamente esaurite in moltissime farmacie e supermercati.

La causa sembra essere stata, almeno in parte, il fatto che non tutte le mascherine che dovevano essere pronte questa settimana si sono rivelate a norma. Nelle scorse settimane, infatti, Arcuri aveva raggiunto un accordo con i distributori per rendere disponibili 12 milioni di mascherine a partire dal 4 maggio, ma circa un quarto del totale non era a norma.

Questo problema è stato aggravato dalla mancanza di procedure uniformi di razionamento. La possibilità di limitare il numero di mascherine acquistabili da ogni persona è stata lasciata ai farmacisti e agli altri distributori (in un servizio mostrato dalla trasmissione Piazza Pulita, l’unica farmacia che disponeva ancora di mascherine a 50 centesimi aveva limitato l’acquisto a una mascherina a persona).

Il piano di Arcuri è in realtà più complesso di una semplice imposizione di un prezzo centralizzato. Il commissario ha spiegato in varie conferenze stampa nelle ultime settimane di aver centralizzato gli acquisti di mascherine e preso accordi con una serie di produttori specializzati e con le associazioni dei distributori, per farle arrivare a supermercati e farmacie. In questo modo, ha spiegato, è stato possibile sottoscrivere contratti di acquisto per diverse decine di milioni di mascherine al prezzo di 38 centesimi al pezzo.

Questo stock diventerà gradualmente disponibile dalle prossime settimane. Per aumentare la disponibilità di mascherine durante questa attesa, il commissario ha sottoscritto accordi con farmacisti e distributori per rimborsare le perdite a chi ha acquistato mascherine a un prezzo superiore ed ora è costretto a venderle a prezzi più bassi. Secondo numerose testimonianze, però, molti commercianti non si fidano di questa promessa e quindi per il momento preferiscono tenere le mascherine già acquistate in magazzino.

La scarsità di mascherine non è un problema soltanto italiano. Sia quelle dotate di tessuti filtranti che quelle più semplici, le cosiddette “chirurgiche” usa e getta, che servono soltanto a limitare la possibilità di contagiare chi ci circonda, sono diventate un bene particolarmente scarso in tutta Europa e negli Stati Uniti sin dall’inizio della pandemia causata dal coronavirus. La ragione principale è che la produzione di questi dispositivi è concentrata in paesi come Cina ed India, che in seguito alla diffusione del contagio hanno dirottato gran parte della loro produzione sul mercato nazionale, riducendone la disponibilità per le esportazioni negli altri paesi.

Nelle prime fasi dell’epidemia, la scarsità in Europa e in Italia era così acuta che è stato difficile fornirne un numero adeguato anche al personale sanitario. Se all’interno degli ospedali la situazione è rapidamente migliorata, nelle altre strutture del sistema sanitario è invece proseguita a lungo. Per settimane, per esempio, i medici di famiglia hanno visitato pazienti senza alcun dispositivo di protezione, tranne i pochi che riuscivano ad acquistare privatamente (il risultato è che dei circa 150 medici morti durante la crisi, circa metà sono medici di famiglia).

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La mancanza di scorte e di piani di approvvigionamento prestabiliti da parte dei governi europei, nazionali e regionali, ha acuito ancora di più una situazione già grave. Varie soluzioni di fortuna sono state adottate per far fronte a questa situazione. In Germania, per esempio, il governo ha invitato la popolazione a creare mascherine di fortuna con prodotti casalinghi. In Lombardia il governo regionale ha ordinato agli abitanti di coprirsi il volto con sciarpe o altri oggetti in assenza di mascherine.

Quasi ovunque aziende di vario tipo si sono riconvertite alla produzione di mascherine, spesso utilizzando macchinari non del tutto adatti. I costi di produrre in queste condizioni si sono spesso rivelati molto superiori a quelli degli operatori specializzati del settore. Un imprenditore che ha riconvertito i suoi impianti alla produzione di mascherine ha raccontato a Fanpage che i suoi costi si aggirano intorno a 70 centesimi a mascherina (troppo per soddisfare le richieste di Arcuri, quindi). Prima della pandemia gli operatori specializzati del settore potevano vendere mascherine chirurgiche a un prezzo che poteva scendere fino a 10 centesimi al pezzo.

Questi problemi sono stati aggravati in molti casi da vere e proprie speculazioni. In Italia, Francia e persino negli Stati Uniti, le autorità giudiziarie hanno iniziato a indagare numerosi episodi in cui il prezzo delle mascherine è stato gonfiato senza apparenti ragioni, garantendo a produttori e distributori enormi profitti grazie alla situazione di panico e scarsità (anche Amazon ha bloccato alcuni rivenditori che sul suo sito vendevano mascherine a prezzi gonfiati). In Italia, e in diversi altri paesi, sono stati scoperti numerosi casi di truffe (di cui è stata vittima la stessa regione Lombardia) e la magistratura ha in corso diverse indagini.

In risposta a questi problemi, molti governi hanno imposto sulle mascherine varie forme di controllo dei prezzi, di centralizzazione degli acquisti e di distribuzione, con alterni risultati.

In Francia il prezzo di acquisto delle mascherine chirurgiche è stato fissato in 95 centesimi a pezzo, quasi il doppio di quello fissato in Italia. La decisione ha causato molte polemiche. Questa settimana, dopo che le principali catene di supermercati avevano annunciato di aver effettuato acquisti per un totale che ammonta a diverse centinaia di milioni di mascherine, le sette principali associazioni degli operatori sanitari francesi hanno scritto una dura lettera per chiedere al governo come sia possibile che i commercianti siano in grado di distribuire numeri così alti di mascherine dopo settimane di scarsità e razionamento, che avevano colpito anche chi negli ospedali e sul territorio era impegnato nella lotta al virus. Il sospetto è che le grandi catene di distribuzione abbiano accumulato scorte di mascherine nell’ultimo mese, e il governo è accusato di esserne stato a conoscenza.