Le notizie di sabato sul coronavirus in Italia

I morti sono 415 in più rispetto a ieri per un totale di 26.384, i ricoverati in terapia intensiva sono 2.102, 71 in meno di ieri

Torino, 25 aprile, 2020
(ANSA/ALESSANDRO DI MARCO)
Torino, 25 aprile, 2020 (ANSA/ALESSANDRO DI MARCO)

I contagi da coronavirus totali registrati ufficialmente dall’inizio dell’epidemia in Italia, secondo gli ultimi dati diffusi oggi dalla Protezione Civile, sono 195.351, 2.357 in più di ieri. I morti sono 26.384, un incremento di 415 rispetto a ieri. I nuovi pazienti “guariti o dimessi” registrati sono 2.622, per un totale di 63.120. Le persone attualmente positive sono 105.847 (in calo per il sesto giorno di seguito), mentre quelle ricoverate in terapia intensiva sono 2.102, 71 in meno rispetto a ieri.

In Lombardia, la regione italiana più colpita, i morti registrati nelle ultime 24 ore sono stati 163, portando il totale a 13.269: i pazienti ricoverati in terapia intensiva sono 724, 32 in meno rispetto a ieri.

Leggendo i dati comunicati ogni giorno dalla Protezione Civile bisogna usare alcune cautele: in primo luogo per la distinzione tra il numero delle persone attualmente positive e quello complessivo dei contagiati, che può creare un po’ di confusione; e in secondo luogo perché sappiamo ormai che i contagiati e i morti sono molti di più di quelli rilevati dai dati. Inoltre c’è un problema su cosa intenda la Protezione Civile quando parla di “guariti”: si è scoperto infatti che questo dato comprende anche le persone dimesse dagli ospedali, ma che potrebbero essere ancora malate, mentre non comprende tutti quelli che sono guariti dopo essere stati malati, ma che non avendo fatto il tampone non sono mai entrati nei numeri ufficiali dei malati.

I dati di oggi sono da prendere con ulteriore cautela perché, essendo il 25 aprile un giorno festivo, è possibile che i laboratori abbiano analizzato meno tamponi del solito.

Le altre notizie di oggi

Il commissario per l’emergenza, Domenico Arcuri, ha detto che dal 4 maggio inizieranno i test sierologici a livello nazionale su un campione di 150mila cittadini. Arcuri ha anche annunciato che sono già state distribuite 138 milioni di mascherine; ha aggiunto che «siamo pronti a distribuire tutte le mascherine che serviranno per gestire la fase 2» – quindi anche ai funzionari della pubblica amministrazione, agli impiegati dei trasporti pubblici, ai membri delle forze dell’ordine, tra gli altri – e che verrà fissato un prezzo massimo al quale le mascherine potranno essere vendute.

Sabato l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha specificato che ad oggi «non ci sono prove» che una persona che abbia già contratto il coronavirus non possa essere infettata una seconda volta. L’OMS ha quindi messo in guardia contro la cosiddetta “patente d’immunità”, che comunque aveva già provocato parecchi dubbi nelle scorse settimane.

Il punto è che ad oggi non è chiaro se e per quanto tempo il sistema immunitario mantenga la memoria del coronavirus. Le incertezze sono dovute al fatto che conosciamo da pochi mesi questo virus e che serve tempo per verificare, in chi l’ha avuto, se si resti o meno immuni e per quanto. La questione dell’immunità pone quindi qualche dubbio anche sull’efficacia dei test sierologici, soprattutto se condotti a distanza di mesi dall’infezione da coronavirus. Se si restasse immuni per poco tempo, sarebbe più difficile se non impossibile trovare tracce nel sangue delle immunoglobuline specifiche, e non si avrebbero quindi informazioni certe sull’immunizzazione degli individui.

– Leggi anche: La complicata questione dei test sierologici

Perché i casi aumentano ancora?
Una conseguenza della scarsa precisione dei dati raccolti fin qui è che anche ora che la situazione sembra complessivamente migliorare (il calo dei ricoveri in terapia intensiva ne è un segnale) il numero dei nuovi casi sembra ancora molto alto.

Una possibile risposta è che l’aumento del numero dei casi confermati sia legato all’aumento del numero di tamponi effettuati: più test si fanno, più casi si trovano, come ha detto Luca Richeldi, pneumologo del Policlinico Gemelli di Roma, durante la conferenza stampa del 13 aprile. Questo dimostrerebbe anche che nelle prime settimane dall’inizio dell’epidemia il basso numero di test non aveva permesso di identificare tutti i casi, che sono stati (e sono ancora oggi) più di quanti dicano i numeri ufficiali.

– Leggi anche: Chi non ha fatto il tampone non esiste