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  • Giovedì 26 marzo 2020

Il coronavirus in Svizzera

I casi sono più di diecimila ma le restrizioni imposte dal governo sono meno rigide che altrove, con qualche preoccupazione nelle aree più colpite

Ospedale di Neuchatel in Svizzera (EPA/JEAN-CHRISTOPHE BOTT)
Ospedale di Neuchatel in Svizzera (EPA/JEAN-CHRISTOPHE BOTT)

Il primo caso di coronavirus (SARS-CoV-2) in Svizzera risale al 25 febbraio: un abitante del Ticino che era stato a Milano qualche giorno prima. Oggi, dopo un mese, i casi accertati sono 10.059 in tutto lo stato e i morti 155. I cantoni di Vaud e di Ginevra, a ovest, sono quelli con il numero più alto di contagi, rispettivamente 2.100 e 1.500 circa, con 17 e 12 morti. La situazione più preoccupante è quella del Canton Ticino, il cantone più vicino alla Lombardia, dove i casi accertati sono 1.401 ma i decessi sono già 67.

Il Ticino è anche l’unico cantone in cui sono stati presi provvedimenti più severi rispetto a quelli federali: dal 22 marzo sono chiuse per legge le aziende e i cantieri, ed è stato chiesto alla popolazione di ridurre al minimo gli spostamenti e alle persone con più di 65 anni o con problemi di salute di stare in casa. A questa fascia della popolazione è inoltre vietato uscire per fare le spesa. Le restrizioni per risolvere la crisi sanitaria sono teoricamente di competenza del governo centrale, e la decisione del Ticino di introdurre provvedimenti più rigidi rispetto a quelli del resto dello stato è diventato oggetto di un contenzioso tra il cantone e la confederazione. Si teme infatti che la chiusura delle aziende in Ticino possa causare una crisi economica peggiore del previsto in tutto il paese.

Nel resto della Svizzera scuole, università, ristoranti, bar e luoghi ricreativi sono stati chiusi il 16 marzo, ma le restrizioni per la cittadinanza non sono troppo severe: è permesso uscire di casa e le imprese possono lavorare, ma rischiano di dover chiudere se non rispettano gli standard di igiene e distanziamento sociale. Sono rimasti aperti i negozi di generi alimentari, i take-away, le mense aziendali, i servizi di fornitura di pasti e le farmacie, le stazioni di servizio, le stazioni ferroviarie, le banche, gli uffici postali, gli alberghi e gli uffici della pubblica amministrazione.

Le persone continuano ad andare a lavorare, possono passeggiare e fare attività fisica all’aperto. Sono però vietati assembramenti da più di 5 persone e tutti devono rispettare la distanza di sicurezza di due metri. La multa per chi non rispetta queste restrizioni è di 100 franchi svizzeri, poco meno di 100 euro. L’ordinanza federale emanata per fronteggiare l’emergenza ha anche sospeso tutti gli interventi ospedalieri non urgenti e ha autorizzato i fornitori di servizi postali a lavorare anche di domenica per consegnare alla popolazione gli ordini fatti online.

La decisione del governo federale di non imporre misure restrittive rigide come quelle degli altri stati europei più colpiti, dove i cittadini possono uscire di casa solo per un numero ristretto di motivi, divide la popolazione svizzera. Da un lato, le zone della Svizzera tedesca si mostrano allineate con le autorità, dall’altro nella Svizzera francese e nel Canton Ticino, dove la situazione è più grave, sono nate diverse proteste e alcuni cittadini hanno lanciato una petizione per chiedere il confinamento totale anche in Svizzera.

Daniel Koch, responsabile della Divisione Malattie trasmissibili all’Ufficio federale della sanità pubblica e uno dei principali riferimenti ufficiali nella gestione dell’emergenza, ha detto alla televisione svizzera: «Inaspriremo forse ancora un po’ le misure, ma lo scopo non è di andare fino al confinamento. Le misure che adottiamo devono corrispondere alla nostra cultura, alla nostra società e alla nostra democrazia. Non siamo la Cina e non vogliamo diventare un regime totalitario». Il ministro della sanità Alain Berset ha detto alla stampa che il governo teme che restrizioni troppo rigide possano spingere le persone a non rispettarle. Simonetta Sommaruga, presidente della Svizzera, ha fatto un discorso di incoraggiamento ai cittadini chiedendo alle persone con più di 65 anni o con problemi di salute di stare a casa e a tutti di rispettare le distanze di sicurezza.

In Svizzera la preoccupazione che il sistema sanitario possa non reggere risale al 17 marzo, nove giorni fa, quando i contagiati erano 2.600 e Daniel Koch aveva espresso la preoccupazione che se non si fosse ridotta la velocità del contagio gli ospedali svizzeri sarebbero collassati nel giro di dieci giorni. La Svizzera ha circa 8 milioni e mezzo di abitanti e ha a disposizione fino a 1.200 letti in terapia intensiva, ma Koch ha detto che il vero limite sono la scarsità di personale ospedaliero e di attrezzature salvavita come i ventilatori.

Finora in Svizzera sono stati effettuati 83mila test, circa 10mila per milione di abitanti. Il ministro della Sanità Alain Berset ha detto che la Svizzera è tra i paesi che hanno effettuato il maggior numero di test in percentuale per identificare la presenza del virus nella popolazione.

Nel frattempo, il 20 marzo, il Consiglio Federale ha annunciato un pacchetto di 32 miliardi di franchi (circa 30 miliardi di euro), che si vanno a sommare ad altri 10 miliardi già sbloccati in precedenza, come sostegno federale alle aziende che stanno risentendo della crisi dovuta alla pandemia. Ieri il governo ha stanziato altri 20 miliardi in forma di crediti e fideiussioni solidali a sostegno delle piccole e medie imprese, che potranno richiedere alle banche prestiti garantiti dallo stato per risolvere problemi di liquidità e compensare le entrate mancanti. Sono state introdotte anche nuove misure a sostegno dei dipendenti che devono stare a casa, dei lavoratori autonomi e dei disoccupati.

Da oggi i confini svizzeri sono chiusi a tutti gli stranieri, esclusi quelli provenienti dal Liechtenstein. L’ingresso è comunque ammesso alle persone con un titolo di soggiorno svizzero, a chi deve recarsi in Svizzera per motivi di lavoro o per motivi di assoluto bisogno e a chi trasporta merci. La Svizzera sta anche facendo rimpatriare tutti i turisti all’estero che, una volta rientrati, dovranno passare 10 giorni in quarantena.