La storia di Ignaz Semmelweis, che ci insegnò a lavarci le mani

E quindi oggi Google lo ricorda con un doodle, che comprende le istruzioni per farlo molto bene

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Ignaz Semmelweis nel 1858 (Wikimedia Commons)

Ignaz Semmelweis fu uno scienziato vissuto nel Diciannovesimo secolo, celebrato oggi da un doodle di Google: la celebrazione non è per l’anniversario della sua nascita o della sua morte, ma è legata a una scoperta che Semmelweis fece e che si sta rivelando fondamentale in questi giorni di pandemia di coronavirus (SARS-CoV-2). Semmelweis infatti è considerato il primo scienziato a capire l’importanza di un’adeguata igiene per prevenire le infezioni, compresa la buona pratica di lavarsi le mani accuratamente. Per questo Google lo celebra con un breve video in cui viene mostrata la tecnica corretta per lavarsi le mani.

Ignaz Semmelweis nacque a Buda (oggi Budapest), in Ungheria, nel 1818. Le sue scoperte gli valsero il soprannome di “salvatore di madri”, poiché capì che la febbre puerperale che colpisce alcune donne subito dopo il parto era trasmessa dai batteri presenti sugli operatori sanitari, quindi poteva essere evitata semplicemente facendo disinfettare loro le mani. Semmelweis si accorse del collegamento tra scarsa igiene e infezioni a poco più di vent’anni, mentre lavorava all’ospedale di Vienna: osservò che due reparti quasi identici avevano un tasso di pazienti morti molto diverso tra loro. Uno era frequentato perlopiù da medici specializzandi, l’altro da ostetriche. In quegli anni i medici operavano senza le minime protezioni, e Semmelweis capì che gli specializzandi erano portatori di batteri presi durante le dissezioni dei cadaveri, che poi trasportavano su altri pazienti.

Preparò quindi una soluzione igienizzante in una bacinella e vi fece lavare le mani ai medici dopo aver eseguito le autopsie: la pratica fece calare il tasso di mortalità post-parto dal 18 per cento al 2 per cento. Nonostante questo, la norma non fu interiorizzata dai medici dell’ospedale, che la rispettavano controvoglia e con poca costanza. Anche la comunità scientifica non accolse positivamente le sue scoperte e il suo libro sul tema fu recensito molto negativamente, cosa che gli indusse comportamenti imprevedibili (alcuni storici suppongono che abbia sofferto di Alzheimer). Nel 1865 fu rinchiuso contro la sua volontà in un ospedale psichiatrico e morì di infezione per le ferite riportate dopo essere stato picchiato dalle guardie dell’istituto.

Oggi l’attitudine a respingere le prove di una nuova scoperta quando contraddicono lo status quo viene definito “riflesso di Semmelweis”.

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