Una canzone degli Steely Dan

Di avere trascurato certe band uno un po' si vergogna

(Scott Gries/Getty Images)
(Scott Gries/Getty Images)

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Dirty work
Di avere trascurato certe band uno un po’ si vergogna, e cerca di non farlo sapere per timore di quelli che gli diranno che loro, invece, la band l’avevano scoperta da subito (e anzi “ora sono un po’ commerciali”). Ma il dritto della medaglia è che quando in ritardo ti metti per la prima volta in pari, sei a posto per un pezzo e hai un tesoro di cui godere. Come trovare cento euro nella tasca del cappotto.
Quando mi misi a lavorare su Playlist mi capitò in più di un caso: non è che io sapessi già tutte quelle canzoni, anche se nel libro poi finsi di sì. Studiai parecchio sui pezzi che mi mancavano, soprattutto un’estate. E un pezzo che mi mancava erano gli Steely Dan.
Quello che sapevo erano tre cose. La bellezza “strana” del disco che si chiama Aja, che mi aveva passato il mio amico Mirco. Il loro pezzo più famoso e di successo radiofonico, Do it again. E il disco da solo di Donald Fagen, stupendo e leggendario negli anni Ottanta, legato a quel ruggente periodo e molto a Mister Fantasy.
Così, quindici anni fa scoprii tutto il resto, e per quello vi rimando qui. Ma in realtà, non tutto il resto. Qualche anno fa, in un film americano che ora googlo e vi dico come si chiamava (American Hustle, ecco) in una teatrale scena rallentata esce una canzone palesemente degli Steely Dan che mi era sfuggita, sbadataggine mia (stava nel loro primo disco, del 1972, quello con uno dei più grandi assoli di chitarra di sempre). Con un andamento sostenuto e rilassato insieme, buono per uscire a godersi qualunque cosa, potendo uscire. O andare, se ti chiamano.
Times are hard
You’re afraid to pay the fee
So you find yourself somebody
Who can do the job for free
When you need a bit of lovin’
‘Cause your man is out of town
That’s the time you get me runnin’
And you know I’ll be around

Lui è un amante di lei, sposata, e lei lo tiene on the hook: quando chiama, lui accorre, a fare il lavoro sporco: e si autocommisera per questa sua servitù della gleba. La canzone è molto più facile e canticchiabile di altre cose degli Steely Dan, e secondo le leggende relative loro neanche la volevano nel disco ma la casa discografica insistette: e finì che nel disco la fecero cantare a David Palmer, terzo membro della band di breve iniziale durata. Per il resto della loro storia gli Steely Dan furono infatti due, Walter Becker e Donald Fagen, entrambi straordinari musicisti, il secondo più fenomeno, in un suo modo elegante e intellettuale. Si separarono per un bel po’, Fagen fece quel disco formidabile e altri, poi tornarono insieme, e nel 2017 comprai i biglietti per un loro raro concerto europeo. Fu molto bello, ma anche un po’ triste: Becker era morto due mesi prima.
I’m a fool to do your dirty work
Oh yeah
I don’t wanna do your dirty work
No more

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