L’Iran avrebbe accumulato la quantità sufficiente di uranio per produrre un’arma nucleare

Il reattore di Arak, Iran, 23 dicembre 2019 (Atomic Energy Organization of Iran via AP, File)
Il reattore di Arak, Iran, 23 dicembre 2019 (Atomic Energy Organization of Iran via AP, File)

Martedì 3 marzo, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (IAEA, l’organizzazione dell’ONU incaricata di controllare il settore dell’energia nucleare) ha diffuso un rapporto sui progressi raggiunti dall’Iran nella progettazione di armi nucleari. I responsabili dell’IAEA dicono che per la prima volta dal ritiro degli Stati Uniti dall’accordo sul nucleare del 2015, il paese sembra avere accumulato una quantità sufficiente di esafluoruro di uranio, il composto impiegato nei processi di arricchimento, per produrre una singola arma nucleare.

L’IAEA ha anche sostenuto che l’Iran ha negato l’accesso ai suoi ispettori in tre località di stoccaggio ritenute cruciali, dove si sospetta ci siano attività proibite dall’accordo. Il nuovo direttore dell’IAEA, Rafael Mariano Grossi, un diplomatico argentino, ha chiesto all’Iran di «collaborare immediatamente con l’agenzia», di consentire l’accesso ai tre siti e di rispondere alle domande «legate a possibili materiali nucleari non dichiarati e attività connesse al nucleare non dichiarate». Le autorità iraniane hanno però fatto sapere che non risponderanno, perché in base all’accordo non sono tenute a farlo per quanto riguarda attività del passato.

Dopo l’accordo del 2015 l’Iran aveva spedito all’estero la maggior parte dell’uranio arricchito accumulato negli anni, e aveva mantenuto una scorta di esafluoruro di uranio pari a 300 chili. Gli ultimi rapporti dell’IAEA dicono però che le riserve sono ora più di 1000 chilogrammi di materiale arricchito al 4,5 per cento, oltre il limite del 3,67 previsto dall’accordo del 2015. L’IAEA non ha comunque fatto previsioni sul tempo che sarebbe necessario a realizzare la bomba. David Albright, presidente dell’Institute for Science and International Security (un’organizzazione no profit con sede a Washington), ha spiegato che la quantità appena scoperta è «preoccupante» e che serviranno «altri tre o quattro mesi» per trasformarla nel materiale ad alto arricchimento richiesto da una bomba nucleare. Gli osservatori sostengono comunque che l’Iran abbia consentito all’IAEA di avere i dati sull’aumento delle riserve di uranio e sulle altre attività per fare pressione su Europa e Stati Uniti.

Nel maggio del 2018 il presidente degli Stati Uniti Donald Trump aveva annunciato il ritiro dall’accordo, ottenuto alla fine di negoziati lunghi e faticosi. L’accordo prevedeva una significativa riduzione della capacità dell’Iran di arricchire l’uranio e la rimozione di alcune delle sanzioni imposte all’economia iraniana negli anni precedenti. Al ritiro statunitense era seguita l’imposizione di nuove sanzioni, e l’Iran aveva risposto annunciando che avrebbe smesso di rispettare alcuni dei termini dell’accordo.