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  • Domenica 23 febbraio 2020

«È il momento di opporre al virus una reazione di grande coscienza collettiva»

Lo ha scritto la virologa Ilaria Capua sulla Stampa, chiedendo che nel picco della diffusione del coronavirus chi può farlo stia a casa

(EPA/ROMAN PILIPEY)
(EPA/ROMAN PILIPEY)

La virologa Ilaria Capua, molto nota per i suoi studi sull’influenza e in un secondo momento per essere stata al centro di un delicato caso di diffamazione da parte di alcuni giornali italiani, ha scritto un editoriale sulla Stampa per chiedere cautele ancora maggiori di quelle prese nelle ultime ore per contrastare il nuovo coronavirus (SARS-CoV-2), di cui in Italia si sono registrati più di cento casi negli ultimi due giorni.

Capua ha spiegato che in seguito a una diffusione capillare del virus «si bloccherebbero i servizi, si intaserebbero gli ospedali e si darebbe un grosso colpo alla produttività del paese», e che per questo è necessario che tutti seguano alcune misure di precauzione contro il contagio, almeno in questa fase: lavorando da casa, facendo la spesa a domicilio, e stando attentissimi alla propria igiene, per cominciare.

L’emergenza sanitaria che stiamo affrontando è una «sindrome simil-influenzale da Coronavirus». Dobbiamo quindi trattarla come un probabile brutta influenza: Covid-19 è un’infezione che provoca nella maggior parte dei casi sintomi lievi.

In alcuni più gravi, e in altri, purtroppo, gravissimi. Esattamente come accade in ogni normale influenza stagionale. Questo però è il momento di opporre al virus una reazione di grande coscienza collettiva. Dobbiamo fare forse il più grande sforzo di responsabilità della nostra epoca. Il problema vero di questa malattia è legato ai numeri: se il contagio coinvolgesse tantissime persone contemporaneamente correremmo rischi gravissimi. Nell’ipotesi che si dovesse ammalare (o mettere in quarantena) il 20 per cento della popolazione italiana, si bloccherebbero i servizi, si intaserebbero gli ospedali e si darebbe un grosso colpo alla produttività del Paese. Non illudiamoci: ci vorrà un anno per trovare il vaccino e mi aspetto che la sindrome influenzale da coronavirus continuerà a diffondersi sino a primavera inoltrata.

Nel frattempo l’Italia, come il resto dei Paesi del mondo, devono non solo seguire le linee guida internazionali, ma attuare comportamenti individuali in grado di rendere la vita più difficile al virus. Penso quindi che durante il picco dell’epidemia le scuole potrebbero lasciare a casa i propri allievi e sostituire l’insegnamento diretto con piattaforme tipo Skype o FaceTime. Le aziende potrebbero attuare il tele-lavoro e anche piccole azioni quotidiane come smettere di fare la spesa possono avere una grande incidenza nel blocco della diffusione del virus: si potrebbe ad esempio potenziare la consegna a domicilio.

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