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  • Martedì 18 febbraio 2020

L’Europa avrà una nuova missione navale in Libia

Sostituirà l'Operazione Sophia, da tempo depotenziata, e avrà come obiettivo principale quello di far rispettare l'embargo sulle armi

(EPA/FOCKE STRANGMANN)
(EPA/FOCKE STRANGMANN)

Lunedì il Consiglio dell’Unione Europea, l’organo che riunisce i rappresentanti dei governi degli stati membri, ha deciso di avviare una nuova missione militare navale in Libia per sostituire l’Operazione Sophia, nata nel 2015 ma da tempo assai depotenziata. Mentre l’Operazione Sophia aveva come obiettivo principale quello di fermare il traffico di migranti, la nuova operazione – i cui dettagli saranno definiti nelle prossime settimane – avrà invece quello di far rispettare l’embargo sulle armi in vigore in Libia, che viene violato sistematicamente da diversi paesi dal 2011, anno dell’inizio della guerra civile.

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L’Operazione Sophia era nata nel 2015 su richiesta anche dell’allora governo italiano di centrosinistra, ma ormai da un paio d’anni circolavano critiche sulla sua efficacia.

Qualche tempo fa, per esempio, Politico rimproverava all’Unione Europea di avere approvato una missione dagli obiettivi contraddittori. Da un lato, le navi militari prestavano soccorso a migliaia di migranti in fuga dalla Libia – più di 22mila soltanto nel 2016; dall’altro, la lotta al traffico di esseri umani prevedeva anche l’addestramento della controversa Guardia costiera libica, un corpo formato soprattutto da milizie e ritenuto in combutta coi trafficanti.

A partire dal 2018, la cosiddetta Guardia costiera libica ha potenziato le sue operazioni e riportato migliaia di migranti nei centri di detenzione della Libia, dove vengono compiute sistematiche torture e violenze.

Secondo alcuni documenti interni alle istituzioni europee e trapelati mesi fa, i funzionari europei sapevano bene che diversi gruppi della Guardia costiera libica erano in combutta con i trafficanti di migranti, e che le politiche di sostegno alla Libia erano per lo più inefficaci, se non dannose per la stabilità del paese. L’approccio dell’Unione Europea, però, non era cambiato.

L’Operazione Sophia aveva iniziato a indebolirsi nel 2018, per ragioni diverse. L’allora ministro dell’Interno italiano, Matteo Salvini, l’aveva criticata perché a suo dire la presenza delle navi militari al largo delle coste libiche attirava i migranti verso le acque italiane, una tesi mai sostenuta da prove concrete. Salvini aveva chiesto all’Unione Europea di limitare lo scopo dell’Operazione, proponendo persino di eliminarla (del resto la Guardia costiera libica riceveva già mezzi e addestramento dalla sola Italia grazie al Memorandum fra Italia e Libia firmato nel 2016).

Senza l’appoggio del governo italiano, che aveva il comando dell’Operazione, tutti gli altri paesi si erano tirati via via indietro.

La decisione di modificare l’obiettivo principale della missione, dalla lotta al traffico di migranti al rispetto dell’embargo sulle armi, è dipesa probabilmente anche dagli eventi degli ultimi mesi in Libia.

I combattimenti fra le fazioni di Fayez al Serraj, a capo dell’unico governo riconosciuto come legittimo dall’ONU, e del maresciallo Khalifa Haftar, che ormai controlla buona parte del paese, si sono intensificati e stanno causando centinaia di morti. Il flusso dei migranti verso l’Europa è invece assai diminuito: nel 2019 sono sbarcati in Italia circa 11mila migranti, meno di un decimo di quelli arrivati nel 2017.

Della nuova operazione che sostituirà Sophia, comunque, non si sa moltissimo. Josep Borrell, l’Alto rappresentante degli Affari esteri dell’Unione, ha fatto sapere che prevederà lo schieramento di «mezzi aerei, navali e satellitari», mentre alcune fonti diplomatiche hanno spiegato a Politico che la missione sarà attiva soprattutto nella parte orientale della Libia, dove si sospetta che la Turchia stia da tempo inviando armi a bordo di navi.

Nel prossimo Consiglio dell’UE si proverà invece a capire come far rispettare l’embargo nel confine di terra che la Libia condivide con l’Egitto, molto più difficile da controllare.

Borrell ha definito la discussione sulla nuova operazione navale «una delle più lunghe e intense che io ricordi». Diversi paesi con una linea molto severa sull’immigrazione, su tutti Ungheria e Austria, erano inizialmente contrari a impiegare nuove navi al largo della Libia, per gli stessi timori di Salvini. Alla fine però il compromesso è stato trovato: «i governi hanno deciso che toglieranno le navi nel caso in cui la loro presenza provocasse un “fattore di attrazione per i flussi”», ha sintetizzato la Stampa (di nuovo, non esiste alcuna prova che la presenza di navi al largo della Libia sia un fattore di attrazione per i migranti).

Resta da capire come si comporteranno le navi della nuova operazione quando incontreranno dei migranti in fuga dalla Libia. Borrell ha fatto capire che per via delle leggi internazionali in materia di soccorso in mare, i comandanti delle navi non potranno rifiutarsi di intervenire, mentre l’attuale ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, ha chiesto che in quel caso i migranti siano fatti sbarcare a turno in paesi diversi. Su quest’ultimo punto però non è stato raggiunto alcun accordo.

Alla fine dell’incontro, Di Maio si è detto soddisfatto del compromesso, spiegando che «è inutile pattugliare le coste della Libia occidentale perché in quell’area già lavoriamo con la Guardia costiera libica».

Diversi esperti di immigrazione segnalano da tempo che l’assenza di mezzi navali europei, assieme alla progressiva diminuzione delle navi delle ong e alla estensione delle operazioni della Guardia costiera libica, hanno reso molto più difficile sapere cosa succede nel tratto di mare fra Italia e Libia, e probabilmente assai più mortale la traversata.

Per quanto riguarda il rispetto dell’embargo sulle armi in Libia, finché non emergeranno maggiori dettagli non ci sono garanzie che la nuova operazione possa funzionare meglio rispetto a Sophia.