Stiamo diventando meno caldi?

La nostra temperatura corporea media potrebbe non essere più 37 °C, dice una nuova ricerca che però non sta convincendo tutti

(HBO)
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Carl Reinhold August Wunderlich era un medico piuttosto meticoloso, come sapevano bene i suoi colleghi dell’ospedale universitario di Lipsia, in Germania. Assistendo i suoi pazienti intorno alla metà dell’Ottocento, in un periodo storico in cui la scienza medica era ancora piuttosto incerta, fu tra i primi a intuire che la febbre non fosse di per sé una malattia, ma un sintomo. Introdusse l’uso delle cartelle cliniche e della periodica rilevazione della temperatura dei pazienti, con termometri più precisi, per tenere traccia dell’evoluzione dei loro sintomi. Sulla base di 25mila misurazioni, Wunderlich concluse che la temperatura ideale del corpo umano fosse 37 °C, indicando un valore che sarebbe stato poi riconosciuto universalmente, diventando il punto di riferimento per stabilire se un paziente abbia la febbre.

A distanza di un secolo e mezzo dal lavoro di Wunderlich, e degli studi seguenti sul tema, un gruppo di ricercatori sostiene di avere scoperto un sensibile cambiamento nella nostra temperatura corporea: siamo meno caldi di oltre mezzo grado Celsius. La nuova ricerca, pubblicata sulla rivista eLife e basata su dati raccolti negli Stati Uniti, ha ricevuto molte attenzioni in ambito medico, ma non tutti sono convinti delle sue conclusioni.

Wunderlich non fu naturalmente l’unico a occuparsi della temperatura corporea degli esseri umani: man mano che si affinavano le tecniche e gli strumenti per rilevarla, furono pubblicati altri studi sul tema. Tra i più recenti, e spesso citati, c’è uno studio del 1992 che fu condotto da alcuni ricercatori dell’Università del Maryland (Stati Uniti) su 148 pazienti, e che concluse che la temperatura corporea fosse mediamente intorno ai 36,8 °C. Un’altra ricerca, condotta nel 2017 su 35mila pazienti nel Regno Unito, stabilì invece un valore di 36,6 °C. In entrambi i casi il dato era inferiore a quello di Wunderlich, e di conseguenza i ricercatori conclusero che le sue misurazioni non fossero precise come quelle attuali.

Nel nuovo studio, un gruppo di ricercatori della Stanford University (Stati Uniti) ha invece concluso che il lavoro di Wunderlich fosse preciso a sufficienza e che, nel tempo, a cambiare sia stata la nostra temperatura. Lo studio si è basato su registri medici tenuti in passato negli Stati Uniti, come quelli militari, tra il 1862 e il 1930. Sono stati anche consultati registri con informazioni mediche tenuti tra il 1971 e il 1975, così come un altro set di dati risalente al periodo 2007-2017. Nel complesso, i ricercatori hanno analizzato quasi 680mila rilevazioni, coprendo un periodo di 157 anni.

Mettendo a confronto i dati, gli autori hanno notato che gli uomini nati nei primi anni dell’Ottocento avevano una temperatura superiore di 0,59 °C rispetto all’attuale, con una diminuzione media di circa 0,03 °C ogni dieci anni. Per quanto riguarda le donne, la differenza è invece di 0,32 °C dalla fine dell’Ottocento.

I ricercatori si sono poi chiesti se la riduzione fosse legata a cambiamenti fisiologici o più banalmente a errori di misurazione della temperatura. I dati sono stati analizzati per trovare andamenti simili, per esempio valutando stessi periodici storici e assumendo che fossero utilizzati termometri con caratteristiche analoghe. L’analisi ha permesso di identificare tassi di riduzione della temperatura compatibili con l’ipotesi dei ricercatori su un abbassamento dovuto a cambiamenti nel nostro organismo e non a errori nelle misurazioni.

Lo studio dice che dietro la riduzione della temperatura ci sono diverse spiegazioni possibili. La prima è che l’avvento di sistemi di condizionamento e riscaldamento, negli ambienti in cui trascorriamo più tempo, abbia influito sulla nostra termoregolazione.

Un altro fattore, dicono i ricercatori, potrebbe essere il miglioramento nel trattamento di malattie come la tubercolosi e la malaria, e nelle cure dentali: nel complesso, la frequenza degli stati infiammatori si è ridotta e di conseguenza i meccanismi che comportano una temperatura corporea più alta. Si stima, per esempio, che a metà Ottocento circa il 2-3 per cento della popolazione vivesse con la tubercolosi, cosa che comportava una più alta temperatura ed episodi febbrili più frequenti.

La ricerca non ha però convinto tutti i medici, e diversi ricercatori si chiedono se le conclusioni non siano affrettate. I più critici hanno fatto notare che ci potrebbero essere molte altre variabili non tenute in considerazione, e che spiegherebbero la differenza tra le misurazioni nel corso di un periodo di tempo così esteso. Appare inoltre strano che in meno di due secoli ci sia stato un simile cambiamento, considerati i tempi molto più lunghi dei processi evolutivi.

Gli autori dello studio hanno risposto alle critiche ricordando che ambienti e condizioni in cui viviamo sono cambiati enormemente negli ultimi 150 anni, anche grazie ai progressi della scienza medica. E questi cambiamenti possono avere influito sensibilmente sulle nostra capacità di regolare la temperatura corporea.