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  • Mercoledì 29 gennaio 2020

Il nuovo coronavirus e la censura in Cina

Sui social network locali circolano molte critiche nei confronti del governo, con soluzioni creative per superare le censure

(Kevin Frayer/Getty Images)
(Kevin Frayer/Getty Images)

I casi confermati da nuovo coronavirus (2019-nCoV) in Cina sono ormai quasi 6mila e le persone morte a causa delle complicazioni portate dal virus almeno 132. Il governo cinese è al lavoro per ridurre il rischio di nuovi contagi, ma da diversi giorni deve fare i conti con le critiche dell’opinione pubblica, soprattutto su Internet, dove in molti hanno ideato stratagemmi per superare la censura e diffondere le loro accuse contro le amministrazioni locali e nazionali. Come segnala il New York Times, molto materiale critico riesce a superare la censura, nonostante lo stretto controllo tradizionalmente esercitato dal governo sui mezzi di comunicazione.

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Le critiche sono rivolte a diversi bersagli e in alcuni casi vengono tollerate dalla censura, che sta cercando di indirizzare l’irritazione dell’opinione pubblica verso i funzionari di minor rango del Partito Comunista cinese. Entro certi limiti, sono consentite le critiche nei confronti degli amministratori provinciali e locali, accusati di non avere conoscenze ed esperienza per ridurre il rischio di nuovi contagi. Critiche a livelli più alti, per esempio nei confronti del presidente Xi Jinping, sono invece rimosse velocemente dai social network e dai siti.

Wang Xiaodong, il governatore della provincia di Hubei dove si trova la città di Wuhan, l’epicentro della crisi sanitaria, ha ricevuto numerose critiche dopo una conferenza stampa tenuta domenica 26 gennaio. Wang è stato preso di mira sui social network cinesi per avere sbagliato due volte l’indicazione del numero di mascherine protettive messe a disposizione dalla sua provincia. Un commentatore ha scritto: “Se il virus è onesto, confido non risparmi questa persona inutile”. Nelle ore successive alla conferenza sono circolate foto di Wang privo di mascherina, e immagini di altri due funzionari locali che avevano invece indossato le mascherine in modo scorretto: uno senza coprirsi il naso, l’altro mettendola al contrario.

Le cose non sono andate meglio per Zhou Xianwang, il sindaco di Wuhan. Durante un’intervista concessa alla televisione di stato, in molti hanno lasciato commenti online alla diretta chiedendo le dimissioni del sindaco. Zhou ha ammesso che la città avrebbe potuto rivelare più velocemente le informazioni sul nuovo coronavirus, riducendo il rischio di nuovi contagi in un’area metropolitana che conta oltre 11 milioni di abitanti.

Per quanto riguarda il presidente Xi, la censura dimostra di essere più attenta e sensibile, rimuovendo sistematicamente i contenuti che lo criticano o che potrebbero costituire imbarazzi per il governo. Nei primi giorni della crisi sanitaria, quando Xi ancora non aveva affrontato il tema pubblicamente, diversi utenti dei social network sono comunque riusciti a diffondere post critici nei suoi confronti. Alcuni lo hanno fatto in modo criptico, senza indicarlo direttamente, con frasi e domande allusive come: “Dov’è finita quella persona?”.

Altri hanno invece pensato di sostituire il nome di Xi con quello del presidente statunitense Trump, in frasi difficili da equivocare se prese nel giusto contesto. All’avvicinarsi del Capodanno cinese, un utente ha scritto: “Non voglio trascorrere un altro minuto di quest’anno, il mio cuore è pieno di dolore, spero che Trump muoia”.

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Su Douban, un social network utilizzato per scrivere e condividere pareri su film, serie tv e musica, molti utenti hanno scritto finte recensioni della serie tv Chernobyl di HBO, con chiari riferimenti alla crisi sanitaria dovuta al nuovo coronavirus. Tra i tanti: “Questo è il socialismo” e “In ogni epoca, in ogni paese, è la stessa storia: nascondere tutto”.

Alcune testate, formalmente non dipendenti dal governo, ma comunque controllate dalle autorità cinesi, nelle ultime settimane hanno offerto una copertura fuori dai toni classici della propaganda. Il New York Times cita i casi della rivista Caixin, che ha pubblicato inchieste e analisi approfondite sul nuovo coronavirus, e gli articoli della testata digitale The Paper, la cui supervisione è affidata al Comitato di Shanghai del Partito Comunista. Il sito ha anche pubblicato un video di un cittadino di Wuhan, che non riusciva a trovare un ospedale dove ricevere assistenza per il suo caso sospetto di contagio da coronavirus.

Gli esperti di mezzi di comunicazione della Cina ricordano comunque che l’informazione “indipendente” nel paese è diversa da come la intendiamo in Occidente, e che quasi sempre le testate riescono a esistere perché il governo sa che ci sono temi che possono essere coperti meglio rispetto a come farebbero televisioni, siti e giornali di stato. Le autorità hanno comunque il controllo finale su ciò che viene pubblicato e possono disporre la cancellazione degli articoli, senza dare alternative alle testate. Gli stessi fornitori di connessioni a Internet (provider) ricevono indicazioni su quali contenuti oscurare, rendendoli invisibili agli utenti cinesi.

In generale, la censura in queste settimane ha fatto rimuovere numerosi articoli sul nuovo coronavirus e la sua diffusione, ritenuti sconvenienti o pericolosi per l’immagine del governo. Molte informazioni sono state rimosse perché definite “pettegolezzi” e “voci incontrollate”, che avrebbero potuto diffondere false informazioni e il panico tra la popolazione. La circolazione di notizie false interessa i social network cinesi come quelli nel resto del mondo, ma l’assenza di chiare informazioni dai canali ufficiali ha probabilmente favorito il diffondersi di un maggior numero di dicerie, alcune delle quali difficili da verificare.

La censura riguarda anche contenuti che potrebbero essere pericolosi per la salute pubblica. Nei giorni scorsi sono circolati per esempio consigli fai-da-te contro il coronavirus senza alcuna base scientifica, come il consiglio di usare aceto e altre sostanze naturali da diffondere nell’aria per ridurre il rischio di contagi. I media ufficiali hanno poi rafforzato la loro comunicazione, per dare indicazioni più precise sulle buone pratiche di igiene da seguire per ridurre il rischio di contagio.

Il problema di fondo è che lo stretto controllo sui mezzi di comunicazione – rafforzato negli ultimi anni e da quando ci sono i social network – ha fatto sì che la popolazione abbia sempre meno fiducia nelle informazioni che riceve dai canali ufficiali, riconducibili al governo cinese. Inoltre, in molti ricordano come andarono le cose circa 16 anni fa con la SARS, altra malattia causata da un coronavirus, e che inizialmente la Cina cercò di nascondere, temendo che potesse danneggiare l’immagine del paese in un momento in cui la sua economia stava crescendo rapidamente. Il governo cinese ricevette dure critiche da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e riuscì a superare la crisi sanitaria grazie agli sforzi condotti dalla comunità internazionale.

Rispetto a 16 anni fa, il governo cinese ha mantenuto un atteggiamento più aperto, anche se non sono mancate le critiche per avere inizialmente sottovalutato la pericolosità dei primi casi anomali di polmonite riscontrati a Wuhan alla fine dello scorso anno, e che avrebbero poi portato all’identificazione del nuovo coronavirus. Nelle ultime settimane, la Cina ha comunque condiviso numerose informazioni sul virus e sulle sue caratteristiche genetiche, coordinandosi con l’OMS per affrontare il problema, cercando di limitare i nuovi contagi.