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  • Mercoledì 1 gennaio 2020

Non esistono compagnie aeree “sostenibili”

Sempre più compagnie cercano di mostrarsi attente alla riduzione delle emissioni ma in realtà possono farci ben poco

(Scott Barbour/Getty Images)
(Scott Barbour/Getty Images)

Il “flight shame”, cioè lo stigma sociale associato al prendere l’aereo per via del suo impatto ambientale, è un fenomeno le cui proporzioni sono difficili da valutare, ma che è certamente in crescita vista la sempre maggiore attenzione alle cause ecologiste. Un recente sondaggio della banca svizzera UBS dice che il 21 per cento degli intervistati negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Germania e in Francia ha detto di aver ridotto il numero dei propri voli nell’ultimo anno.

L’esistenza di una certa ostilità sociale verso i voli è confermata anche dal comportamento delle compagnie aeree, che da tempo stanno provando a mostrarsi sensibili sul tema dell’impatto ambientale degli aerei di linea, impegnandosi in varie iniziative per compensare le proprie emissioni di gas serra. Ma un recente articolo del Wall Street Journal ha spiegato che questo genere di progetti sono nella maggior parte dei casi degli specchietti per le allodole: «Non c’è un modo semplice per risolvere il “flight shame”».

I viaggi aerei causano circa il 2,4 per cento delle emissioni antropiche di gas serra, una quantità contenuta se confrontata con il traffico su gomma, che ne causa il 16 per cento. Nel settore automobilistico, però, esiste la prospettiva delle auto elettriche, che secondo molti rappresenteranno il futuro dell’industria.

Per gli aerei elettrici le cose sono molto più complicate: a differenza dei serbatoi di carburante, le batterie non diventano più leggere nel corso del viaggio, e anche le più avanzate ed efficienti permettono ora come ora di percorrere distanze di poche centinaia di chilometri. Secondo il Wall Street Journal, anche facendo l’ipotesi ottimista che la velocità con cui attualmente riusciamo a progettare batterie sempre più potenti triplichi, gli aerei elettrici arriveranno nel prossimo secolo. Nel frattempo, le sperimentazioni più promettenti sono quelle per gli aerei ibridi, che hanno prospettive più ravvicinate temporalmente.

Avremo anche gli aerei elettrici?

Nell’attesa, diverse compagnie aeree hanno provato a mostrarsi attente alla questione ambientale.

L’olandese KLM, per esempio, ha fatto una campagna per sensibilizzare i clienti chiedendo loro di pensare alle possibili alternative a un viaggio aereo, prima di prenotare un biglietto. EasyJet ha annunciato di voler diventare la prima compagnia aerea “carbon neutral”, cioè con un bilancio complessivo di emissioni di gas serra nullo, attraverso la pratica del “carbon offset”. Consiste nell’investire soldi in progetti come riforestazioni, ammodernamenti energetici o la costruzione di parchi eolici o solari: questi investimenti sono certificati con un certo numero di tonnellate di anidride carbonica rimosse dall’atmosfera, perciò teoricamente un’azienda può fare investimenti simili fino a compensare le proprie emissioni.

La pratica della compensazione di anidride carbonica è però da tempo criticata, e ci sono grandi dubbi sulla sua efficacia. Una delle accuse principali è che sia un modo per le aziende di lavarsi la coscienza senza ridurre davvero le proprie emissioni. Esistono dubbi anche più concreti, visto che molte inchieste hanno dimostrato che in realtà la quantità di anidride carbonica rimossa dall’atmosfera grazie a questi progetti è molto inferiore a quella dichiarata.

Un recente studio dello Stockholm Environment Institute citato dal Wall Street Journal dice che tre quarti dei progetti finanziati con il sistema della compensazione delle emissioni di gas serra finanziati entro il 2015 sarebbero stati fatti comunque. Spesso poi questi progetti sono realizzati in paesi in via di sviluppo, dove è più difficile monitorare e valutare la loro efficienza.

L’iniziativa di EasyJet è stata accusata di ipocrisia, visto che da poco la compagnia aerea ha inaugurato una rotta tra Birmingham ed Edimburgo, distanti in treno soltanto 4 ore e mezza. Anche l’International Airlines Group, che possiede British Airways e Iberia, ha annunciato una campagna simile promettendo di azzerare le emissioni nette entro il 2050: per il 43 per cento, però, lo farà grazie ai “carbon offset”.

Il problema principale, se si considera l’evoluzione del fenomeno nel breve e medio periodo, è che le persone che prendono gli aerei stanno aumentando, e la International Air Transport Association stima che entro il 2037 saranno il doppio rispetto a oggi.

Anche se un aereo può essere più efficiente dal punto di vista energetico rispetto a un’auto, in termini di emissioni per passeggero, la competizione tra le compagnie spinge ad abbattere i prezzi dei biglietti, a discapito anche degli investimenti sui biocarburanti che generano meno emissioni. Nell’aviazione civile, le emissioni sono aumentate del 30 per cento tra il 2013 e il 2018.

Come ha spiegato di recente Wired, anche se il settore dell’aviazione si è impegnato a migliorare dell’1,5 per cento all’anno la propria efficienza energetica, questa tendenza è annullata dalla crescita complessiva del settore, del 4 per cento annuo. Per fare un esempio, Ryanair si vanta spesso delle proprie scarse emissioni, pur essendo la decima fonte di emissioni di gas serra in Europa, dopo nove centrali elettriche a carbone. Allo stesso tempo le affermazioni di Ryanair sono vere: confrontata con le altre compagnie, emette molta meno anidride carbonica per ogni chilometro percorso da ciascun passeggero.

Quindi anche se Ryanair emette annualmente circa il 60 per cento di anidride carbonica in più rispetto a EasyJet, le sue emissioni per chilometro per passeggero sono nettamente più basse. I motivi sono diversi: la flotta di Ryanair è più moderna, e soprattutto la compagnia ha sistemi efficientissimi per riempire il più possibile gli aerei. Le tratte che copre poi sono solitamente lunghe a sufficienza da compensare le maggiori emissioni al decollo, che incidono molto sui voli brevi, ma abbastanza corte da non dover caricare eccessivamente gli aerei di carburante.

L’unica soluzione per ridurre le emissioni, dicono gli esperti, sarebbe volare di meno. Per farlo, al di là delle sensibilizzazioni, si può per esempio introdurre una tassa per chi prende più di un certo numero di aerei all’anno, che peraltro interesserebbe una percentuale contenuta della popolazione: nel 2012, per esempio, il 57 per cento degli abitanti del Regno Unito non ha preso nessun aereo.