Una vita da Anna Wintour

Un po' di cose sulla leggendaria direttrice di Vogue, che oggi compie 70 anni: il Diavolo veste Prada, la passione per il tennis e la copertina che ha cambiato la moda

Anna Wintour a una sfilata di Gucci a Milano nel 2013 
(Vittorio Zunino Celotto/Getty Images)
Anna Wintour a una sfilata di Gucci a Milano nel 2013 (Vittorio Zunino Celotto/Getty Images)

Ci sono poche figure del giornalismo mondiale con una fama, un carisma e un potere paragonabile a quello di Anna Wintour, la direttrice di Vogue America (la più importante rivista di moda al mondo) dal 1988: da allora ha ottenuto molti altri incarichi nel mondo dell’editoria, ha rivoluzionato il mondo della moda facendo pesare il suo giudizio praticamente su tutti ed è diventata un personaggio pop, conosciuto anche da chi di moda non ne sa niente.

Oggi, domenica 3 novembre, compie 70 anni e per l’occasione abbiamo messo insieme un po’ di cose che l’hanno resa quella che è: dalla passione per il tennis agli onnipresenti occhiali da sole, dai pettegolezzi attorno al Il diavolo veste Prada al documentario su di lei, da non perdere.

Da dove viene e cosa fa
Anche se da trent’anni domina il mondo della moda dal suo ufficio di New York, Anna Wintour non è americana. È nata infatti a Londra nel 1949, suo padre era il direttore del quotidiano londinese Evening Standard e sua madre era un’americana figlia di un professore di legge di Harvard; il nome è quello della nonna materna. Iniziò a interessarsi alla moda da adolescente, mentre suo padre la consultava per avvicinare il giornale ai più giovani.

A 15 anni iniziò a lavorare in una boutique e a studiare moda ma lasciò presto la scuola per lavorare come giornalista nella rivista Oz. Nel 1970 si occupò di moda per la rivista Harper’s & Queen: grazie ai suoi tanti agganci si assicurò collaborazioni importanti, come quella con il fotografo Helmut Newton. A causa degli screzi con la direttrice Min Hogg, nel 1975 si licenziò e si trasferì a New York con il suo fidanzato di allora, il giornalista Jon Bradshaw.

Venne assunta come giornalista di moda da Harper’s Bazaar ma dopo un servizio di modelle con i dreadlock venne licenziata; passò a un’altra rivista, Viva, che venne chiusa nel 1978; Wintour trascorse due anni senza lavorare, dividendosi tra Parigi e New York, dove tornò definitivamente nel 1980 per lavorare per il New York Magazine: qui trovò il suo pubblico – donne indipendenti che lavoravano e spendevano i loro soldi – sperimentò il successo dei personaggi famosi in copertina e si costruì un nome nell’ambiente.

Fece un colloquio per Vogue e disse all’allora direttrice Grace Mirabella che quello che voleva era il suo posto. Venne assunta nel 1983 ma come direttrice creativa e iniziò a cambiare il giornale alle spalle di Mirabella; nel 1984 divenne direttrice dell’edizione britannica e ne prese il controllo licenziando buona parte di chi ci lavorava e rimpiazzandola con gente di talento e di suo gradimento, meritandosi nel frattempo l’odiato soprannome di Nuclear Wintour. Nel frattempo, nel 1984, si era sposata con lo psichiatra infantile David Shaffer, con cui ebbe due figli, Charles nel 1985 e Katherine, detta Bee, nel 1987. Divorziò da Shaffer nel 1999 e i giornali scrissero che era per via di una storia che aveva con l’investitore Shelby Bryan, che sposò nel 2004.

Divenne direttrice di Vogue America nel 1988 e applicò la stessa ricetta vincente: licenziare e innovare.

La copertina del suo primo numero, uscito a novembre, fu rivoluzionaria e sconcertante. Raffigurava una modella sconosciuta, la 19enne Michaela Bercu, fotografata da Peter Lindbergh e vestita con una giacca con una croce di gioielli di Christian Lacroix che costava 10mila dollari su un paio di jeans di Guess da 50. Bercu sorrideva spettinata, con gli occhi chiusi e la pancia sporgente, i jeans furono una trovata dell’ultimo minuto perché Bercu era ingrassata in vacanza e non entrava nella gonna che era stata scelta prima: gli stampatori chiesero se fosse un errore – in copertina all’epoca c’erano ragazze ingessate, scatti in studio e vestiti da sera – il pubblico pensò che la modella fosse incinta, ma niente di tutto questo era vero: «semplicemente appena vidi la foto sentii il vento del cambiamento», spiegò anni dopo Wintour.

Nel 2014 la modella Gigi Hadid venne fotografata per Vogue in una posa e dei vestiti simili.

Wintour continuò a mescolare moda alta e bassa, a mostrare di più il corpo delle modelle spesso scoperte da lei, a preferire i servizi all’aperto e a mettere personaggi famosi in copertina, da Madonna (la prima) ai contestatissimi Kim Kardashian e Kanye West. Da rivista di lifestyle, Vogue ritornò a parlare prettamente di moda, imponendosi, grazie al gusto e ai contatti di Wintour, come il punto di riferimento della moda mondiale, in grado di dettare l’agenda e fare la fortuna di uno stilista o di un fotografo.

Il personaggio Anna Wintour
È pieno di storie e pettegolezzi che circolano attorno ad Anna Wintour e che lei non si preoccupa di smentire. «La fama di Anna Wintour è nata non solo dal successo, ma dal silenzio. Nessuno sa essere più misteriosa di lei, con quel taglio, quegli occhiali da sole e quelle sottili braccia incrociate sul petto», come ha scritto Amy Larocca sul New York Magazine in una rara intervista con Wintour. Una delle leggende più accreditate è che la dispotica protagonista del libro, e poi omonimo film, Il diavolo veste Prada sarebbe ispirata a lei: Lauren Weisberger, autrice del libro ed ex assistente di Wintour, lo ha sempre negato ma un vecchio articolo del New York Times mise subito insieme un po’ di coincidenze.

La leggenda divenne un fatto dato per scontato e ne scherzarono insieme anche la stessa Wintour e l’attrice Meryl Streep, che interpreta l’esigente e brusca direttrice nel film.

Wintour è riconoscibile anche per il suo aspetto, in un modo paragonabile solo a quello del leggendario stilista di Chanel Karl Lagerfeld. Magra, impassibile, vestita in modo impeccabile, porta lo stesso caschetto da quando aveva 14 anni e indossa, anche al chiuso, enormi occhiali da sole neri: «mi aiutano quando sono un po’ stanca o assonnata» disse una volta, e un’altra ancora che «sono incredibilmente utili perché ti permettono di nascondere cosa stai pensando».

Condé Nast oltre a Vogue
Dal 2013 Anna Wintour, oltre a essere direttrice di Vogue, è anche direttrice artistica di Condé Nast, uno dei maggiori gruppi editoriali americani che pubblica Vanity Fair, GQ e il New Yorker. Wintour ha cercato di rinnovare molte testate del gruppo e, accusano molti, ha finito per appiattirle sull’estetica e sui toni di Vogue oppure per decretarne la fine, facendole chiudere del tutto. Dopo ripetute voci di un suo possibile ritiro, nell’agosto 2019 Wintour ha ricevuto anche l’incarico di “global content advisor” di Condé Nast, con il compito di supervisionare le riviste pubblicate dal gruppo fuori dagli Stati Uniti.

Dal 1995 Wintour organizza l’annuale Met Gala del Costume Institute del Metropolitan Museum of Art di New York, una serata che cade ogni primo lunedì di maggio e che è stata paragonata agli Oscar della moda. Partecipano le celebrità del momento che sono invitate a vestirsi secondo un tema scelto da Wintour. A lei è dedicato anche il Centro del Museo: ne raccoglie la collezione di moda ed è stato inaugurato da Michelle Obama nel 2014.

Anna Wintour al Met Gala 2019
(Neilson Barnard/Getty Images)

Pellicce e magrezza
Di recente il mondo della moda sta vivendo una rivoluzione che ha messo in discussione molti dei valori incarnati e rivendicati da Wintour, come la magrezza estrema delle modelle, i ritocchi pesanti alle fotografie e la passione per le pellicce, della cui moda è considerata tra le principali responsabili e per cui venne più volte aggredita dagli animalisti (con lanci di torte al tofu e di un procione morto al ristorante). Negli ultimi anni anche Vogue è diventato più attento ai temi della cosiddetta diversity – la valorizzazione di tutti i tipi di corpo indipendentemente dal colore, dalla forma e dall’età – e dell’inclusione.

Wintour e i Democratici
Anna Wintour è anche famosa per essere una sostenitrice dei Democratici americani, soprattutto a partire dal Duemila, con la candidatura di Hillary Clinton al Senato. Da allora ha raccolto fondi per John Kerry, candidato alla presidenza nel 2004, Barack Obama e poi di nuovo Hillary Clinton nel 2016, a cui, si dice, diede anche dei consigli su come vestirsi nei momenti più cruciali della campagna elettorale.

Wintour e il tennis
Oltre alla moda, la più grande passione di Wintour è il tennis. La si vede spesso in tribuna durante le partite dei tornei più importanti, è ammiratrice della tennista statunitense Serena Williams e grande fan e amica dello svizzero Roger Federer. Wintour ha raccontato che gioca a tennis ogni volta che può; pare che si svegli ogni mattina alle 6, tiri qualche colpo di racchetta, si faccia truccare e poi arrivi in ufficio, due ore dopo; la sera non andrebbe a letto dopo le dieci e un quarto, fermandosi al massimo una ventina di minuti alle feste e agli eventi mondani.

Quattro video da guardare
Quello di Condé Nast del 2014 con 73 domande ad Anna Wintour: ne viene fuori che il suo fiore preferito sono le tuberose, il cibo l’avocado, la stagione la primavera; ha paura dei ragni.

Qui, ospite dal comico James Corden finisce per mangiare una pizza avvolta da bacon.

Il modo migliore per farsi un’idea di Anna Wintour resta forse il documentario September Issue, girato da R. J. Cutler, uscito nel 2009 e incentrato sulla preparazione del numero di settembre 2007 di Vogue. Quello di settembre è il numero più importante dell’anno e ha il maggior numero di inserzioni pubblicitarie, che in quell’occasione portarono le pagine a 840; l’edizione del 2012 arrivò a 914 mentre, per fare un confronto che dà l’idea della crisi della pubblicità sui giornali di carta, quella del settembre 2019 ne aveva 596.

“Wintour is coming”, con mic drop.