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  • Giovedì 17 ottobre 2019

Si vota a Gibilterra, e c’entra Brexit

Il capo del governo ha anticipato di due mesi le elezioni per rinnovare il Parlamento locale e tenersi pronti al "no deal"

(Matt Cardy/Getty Images)
(Matt Cardy/Getty Images)

Giovedì a Gibilterra, cittadina britannica nella punta sud della Spagna, si vota per rinnovare il Parlamento locale formato da 17 membri, che poi eleggerà a sua volta il “chief minister” (ministro principale), cioè il capo del governo gibilterrino. Le elezioni dovevano tenersi a dicembre ma l’attuale ministro principale, Fabian Picardo, ha deciso di anticiparle prima della data di Brexit, fissata al momento al 31 ottobre, per poter preparare al meglio le misure da prendere in caso di “no deal”, l’uscita senza accordo del Regno Unito dall’Unione Europea.

Cos’è Gibilterra e che status ha nell’Unione Europea

Gibilterra è una piccola penisola con una superficie di appena 6,8 chilometri quadrati, gran parte occupati da una montagna piena di tunnel e cunicoli che un tempo erano la principale difesa della città. Si trova nella punta meridionale della Spagna, a poche miglia nautiche dal Marocco, all’estremità dello stretto che porta il suo nome. Fu occupata dal Regno Unito all’inizio del Settecento, e fu trasformata in una fortezza e in una base navale usata per controllare l’accesso al Mar Mediterraneo. È abitata da circa 33mila abitanti, quasi tutti di lingua inglese, che in un referendum del 2002 votarono in massa per rimanere nel Regno Unito, escludendo quindi la possibilità di unirsi alla Spagna.

Gibilterra è sottoposta a un regime speciale all’interno dell’Unione Europea, che in parte potrebbe proseguire anche in caso di Brexit. Non fa parte dell’unione doganale europea, ma dal confine con la Spagna passano liberamente ogni giorno circa 10mila cittadini spagnoli che arrivano dalla vicina città di La Linea per lavorare, spesso come domestici o camerieri, ma non solo: passano anche cittadini britannici che hanno proprietà nel sud della Spagna, oltre che beni e merci di ogni tipo. Se dovesse esserci una Brexit senza accordo, questo confine potrebbe diventare “rigido”, con controlli su persone e merci: potrebbero quindi crearsi lunghe code e difficoltà di accesso, e l’intera economia di Gibilterra ne risentirebbe.

Per tutte queste ragioni, nel referendum del 2016 su Brexit il 96 per cento degli elettori aveva appoggiato l’opzione del Remain, cioè la permanenza del Regno Unito nell’Unione Europea.

La Spagna e la sovranità di Gibilterra

C’è poi un’altra questione importante, che riguarda la sovranità di Gibilterra. Il rischio è che con Brexit il governo spagnolo torni a fare pressioni affinché a Gibilterra venga applicata una soluzione di sovranità condivisa tra Spagna e Regno Unito, ipotesi che per esempio era stata fatta qualche anno fa dall’allora ministro degli Esteri spagnolo José Manuel García-Margallo, esponente del Partito Popolare, il principale partito di destra in Spagna.

Lo status di Gibilterra era stato anche uno dei punti più complicati da risolvere durante i negoziati tra il governo britannico di Theresa May e l’Unione Europea, che avevano portato all’accordo poi bocciato tre volte dal Parlamento di Londra. A un certo punto il governo spagnolo di Pedro Sánchez aveva minacciato di far saltare l’accordo al Consiglio Europeo se non si fosse cambiato l’articolo che permetteva al Regno Unito di estendere anche a Gibilterra gli accordi raggiunti con l’Unione Europea, contraddicendo un precedente accordo che la Spagna aveva trovato con Bruxelles. Alla fine la questione era stata risolta a favore della Spagna, che aveva ottenuto il diritto di porre il veto a qualsiasi accordo futuro tra Unione Europea e Regno Unito riguardante Gibilterra.

Al momento non ci sono certezze sulle intenzioni spagnole, perché in Spagna si tornerà a votare il 10 novembre, e il rischio maggiore per Gibilterra è che vincano le destre, i partiti più agguerriti nel riottenere un qualche grado di sovranità sulla penisola.

La campagna elettorale gibilterrina e i sondaggi

Dal 2011 Gibilterra è governata da una coalizione formata dal Partito Laburista Socialista, di cui fa parte Picardo, e dal Partito Liberale. Secondo gli ultimi sondaggi, questa coalizione vincerà di nuovo con un margine notevole di voti sugli altri due partiti presenti in Parlamento, i Socialdemocratici (centrodestra) e Together Gibaltar (sinistra).

Picardo, ha scritto Politico, ha basato tutta la sua campagna elettorale cercando di convincere gli elettori che il governo gibilterrino è preparato in caso di “no deal”, diversamente da quanto sostenuto dal documento governativo britannico pubblicato ad agosto dal Times e poi diffuso per vie ufficiali a settembre. Picardo ha sostenuto che il suo governo ha preparato passo a passo le misure da prendere a partire da 48 ore prima dell’uscita del Regno Unito senza accordo fino ad arrivare ai giorni immediatamente successivi a Brexit, quando si potrebbero verificare numerosi problemi al confine con la Spagna. Il documento diffuso dal governo britannico, chiamato “Operation Yellowhammer” (PDF), è stato usato dalle opposizioni gibilterrine per attaccare Picardo, per il momento però senza ottenere grandi spostamenti delle preferenze elettorali.

Picardo è stato anche molto critico nei confronti della Commissione Europea, che ha accusato di avere preso per lo più le posizioni della Spagna ignorando quelle di Gibilterra, nonostante l’enorme opposizione a Brexit registrata nella penisola nel referendum del 2016.

Dopo le elezioni di giovedì, ha scritto Politico, Picardo continuerà a fare campagna elettorale, questa volta a favore di un secondo referendum su Brexit, che lui ritiene necessario per legittimare la decisione presa dai britannici quasi tre anni e mezzo fa di lasciare l’Unione Europea.