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  • Domenica 29 settembre 2019

I bambini di Golzow

Il New York Times racconta come i rifugiati siriani hanno ridato vita all'economia e salvato la scuola di un piccolo comune della Germania dell'est

Nour, Kamala, Bourhan, Roaa e Mohammad nella scuola di Golzow, 22 giugno 2016 (Patrick Pleul/picture-alliance/dpa/AP Images
Nour, Kamala, Bourhan, Roaa e Mohammad nella scuola di Golzow, 22 giugno 2016 (Patrick Pleul/picture-alliance/dpa/AP Images

«I siriani hanno salvato la nostra scuola», ha detto Frank Schütz, sindaco di Golzow. Golzow è un paese di 820 persone che si trova nella Germania orientale, in Brandeburgo, proprio al confine con la Polonia, dove l’estrema destra è piuttosto radicata: qui, alle ultime elezioni, una persona su quattro ha votato per il partito neonazista Alternativa per la Germania (AfD).

La scuola di Golzow, 22 giugno 2016 (Patrick Pleul/picture-alliance/dpa/AP Images)

Come molte altre aree dell’ex Germania dell’Est, Golzow perse un terzo della propria popolazione negli anni successivi alla caduta del muro di Berlino. Nell’estate del 2015 il numero di bambini in età scolare raggiunse il minimo storico, tanto che non ci sarebbe stata una prima elementare. Nell’estate dello stesso anno – facendo seguito alla politica di Angela Merkel ribattezzata della “porta aperta” – anche a Golzow cominciarono ad arrivare i rifugiati dalla Siria e con loro i loro figli.

All’inizio le persone del posto erano perplesse, ha spiegato il sindaco. Il New York Times ha intervistato Marco Seidelt, un uomo il cui figlio undicenne si ritrovò tre compagni di classe provenienti dalla Siria: «Non può funzionare, hanno una religione diversa, i nostri figli non parleranno più un buon tedesco», disse allora l’uomo. Altri ancora avevano paura per la propria sicurezza.

La scuola di Golzow, 22 giugno 2016 (Patrick Pleul/picture-alliance/dpa/AP Images)

Ben presto, però, residenti e rifugiati trovarono un modo di convivere. Ora alla fiera annuale dei girasoli, scrive il New York Times, accanto alle crostate di mele si trovano i pasticcini arabi. Un signore che ha i nipoti lontani ha insegnato a nuotare e a pescare a tre bambini siriani che lo chiamano “Opa”, nonno in tedesco, e gli appartamenti vuoti sono abitati.

Halima Taha, siriana di 32 anni e madre di tre bambini, ha raccontato che il primo giorno di scuola, i genitori tedeschi accolsero le famiglie siriane con una torta, ignari del fatto che stavano digiunando perché era tempo di Ramadan. C’è stato un momento di imbarazzo, poi tutti si misero a ridere e Halima Taha tagliò la torta. I residenti di Golzow la aiutarono ad arredare il suo appartamento e la sua famiglia si sentì inclusa così rapidamente che oggi i suoi figli, quando litigano, si insultano in tedesco: «È in quel momento che sai che sono riusciti a integrarsi», ha detto la preside della scuola Gaby Thomas.

Halima Taha e la sua famiglia, Golzow, 30 maggio 2016 (AP Photo/Markus Schreiber)

«I bambini siriani hanno la stessa esperienza di vita delle persone più anziane del paese», ha spiegato il sindaco di Golzow. Sanno che cosa significa essere in guerra e «sanno che cosa succede quando esplode una granata: entrambi sussultano al suono dei fuochi d’artificio alla fiera dei girasoli». Molte persone sono venute a vivere qui dopo essere fuggite dalla Polonia, alla fine della Seconda guerra mondiale, e come i rifugiati siriani «sanno che cosa significa sentirsi degli sfollati». Il sindaco chiama i bambini siriani “I bambini di Golzow” (Die Kinder von Golzow) citando un famoso documentario girato a partire dal 1961 e che per quattro decenni seguì la vita di una classe della scuola locale. Uno di loro, intervistato dal New York Times, ha detto: «Se i bambini originari di Golzow hanno smentito i miti occidentali sulla Germania dell’Est, i nuovi bambini di Golzow hanno smentito i miti sugli immigrati».

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