Non tutti credono ai supercentenari

Alcuni studiosi credono che sia molto probabile che chi supera i 110 anni di vita in realtà abbia una data di nascita sbagliata o abbia preso l'identità di qualcun altro

Kane Tanaka, la donna giapponese che nel marzo del 2019 è stata dichiarata la persona più vecchia al mondo dal Guinness dei primati, il 1 aprile 2019; secondo i suoi documenti ha 116 anni (Kyodo via AP Images)
Kane Tanaka, la donna giapponese che nel marzo del 2019 è stata dichiarata la persona più vecchia al mondo dal Guinness dei primati, il 1 aprile 2019; secondo i suoi documenti ha 116 anni (Kyodo via AP Images)

La persona più vecchia che sia mai vissuta, per quanto ne sappiamo, è la francese Jeanne Calment, nata ad Arles nel 1875 e morta nella stessa città nel 1997, dopo una vita lunga 122 anni e 164 giorni. Da bambina partecipò al funerale di Victor Hugo e vide Vincent van Gogh, stando a quanto raccontò per anni. Si sposò con un cugino di secondo grado, ebbe una figlia, Yvonne, che morì a soli 36 anni, e sopravvisse non solo a lei e al marito, ma anche al suo unico nipote. Nel 1986 divenne la persona più anziana di tutta la Francia e negli anni successivi la «decana dell’umanità», cioè la persona più vecchia del mondo, e per questo divenne piuttosto famosa nei suoi ultimi anni di vita. C’è però qualcuno che non crede che sia vissuta davvero così a lungo, e che in realtà a morire nel 1997 fu Yvonne, la figlia: quest’anno nella comunità degli scienziati che si occupano di demografia e longevità si è tornati a parlare della questione.

Tutto è cominciato a gennaio, quando la rivista scientifica Rejuvenation Research ha pubblicato un articolo del matematico russo Nikolay Zak secondo cui alla morte della madre, nel 1934, Yvonne Calment ne avrebbe preso l’identità per evitare di pagare una gran quantità di tasse di successione. L’argomentazione di Zak si basa sul confronto tra le fotografie disponibili di Yvonne e quelle di Jeanne Calment prima e dopo la morte della figlia, su varie incongruenze nelle interviste rilasciate da Calment da anziana, oltre che su un’analisi statistica secondo cui sarebbe poco plausibile che nel 1997 una persona abbia raggiunto i 122 anni di vita.

Zak non è l’unico scettico sull’età dei supercentenari. Le notizie sui primati relativi all’età attirano sempre molta attenzione e sono spesso riprese dai giornali, con riflessioni su cosa abbia permesso di arrivare ad età così avanzate, come diete o climi particolari. Come in molti altri ambiti che attirano l’attenzione mediatica, sia nella comunità scientifica che tra il pubblico generale ci sono persone a cui vengono dei dubbi. In particolare, c’è che pensa che i record di età siano dovuti, spesso, a errori nelle registrazioni delle date di nascita.

Il tedesco Gustav Gerneth, che per quello che sappiamo è l’uomo più anziano attualmente in vita, il 15 ottobre 2015, giorno in cui compì 110 anni (Zentralbild/picture-alliance/dpa/AP Images)

Tra questi scettici c’è il ricercatore dell’Università Nazionale Australiana Saul Justin Newman. È l’autore di un articolo diffuso quest’estate sul sito bioRxiv in cui sostiene che ogni supercentenario sia «intenzionalmente o incidentalmente un ladro di identità», una persona che per qualche ragione ha dei documenti (veri) che attestano la sua età in modo sbagliato. L’articolo non è stato rivisto da altri scienziati competenti sul tema, quindi bisogna prenderlo con le pinze, tuttavia Newman è autore di altri articoli scientifici pubblicati su questioni del genere, tra cui uno che contestava lo studio del 2018 dell’Università la Sapienza secondo cui nelle persone che superano i 105 anni il rischio di mortalità si stabilizzerebbe.

Newman ha analizzato il legame tra la presenza di numerosi ultracentenari in certe zone degli Stati Uniti e dell’Italia e la qualità delle registrazioni dei certificati di nascita. Negli Stati Uniti i sistemi statali per registrare le nascite furono introdotti in momenti diversi stato per stato, e in molti stati un secolo fa le anagrafi non funzionavano molto bene. Secondo l’analisi di Newman, l’82 per cento dei supercentenari che ci sono stati negli Stati Uniti sono nati prima che venissero introdotte anagrafi statali precise. Dall’introduzione dei metodi di registrazione attuali in poi, infatti, il numero di supercentenari è diminuito più o meno del 69 per cento (mentre invece la vita media si è allungata). Molti supercentenari, quindi, sarebbero tali solo perché nessuno aveva registrato correttamente la loro nascita se non molti anni dopo, con gli errori del caso.

In Italia la situazione è diversa, perché i registri anagrafici sono nazionali e più precisi, e vanno più indietro nel tempo. Tuttavia secondo Newman – che ha incrociato i dati dell’ISTAT sui supercentenari con altre statistiche – è comunque possibile che siano stati fatti degli errori: e secondo lui lo suggeriscono alcune caratteristiche delle zone in cui ci sono più supercentenari. In queste zone – le cosiddette zone blu – il tasso di criminalità è più alto rispetto al resto del paese mentre l’aspettativa di vita è più bassa; sono anche alcune delle zone meno ricche e con un minor livello di istruzione del paese. Eppure ci sono più supercentenari che altrove.

Una situazione simile sarebbe quella della regione di Okinawa, in Giappone, un’altra zona blu: è una delle parti del Giappone in cui si vive meno e peggio, oltre che quella in cui il tasso di omicidi pro capite è più alto. Insomma, secondo Newman, sia in Italia che in Giappone ci sarebbero molti supercentenari proprio nelle zone in cui, a logica, dovrebbe essere meno facile trovarne. Tra i supercentenari poi sarebbero piuttosto comuni alcuni comportamenti normalmente associati con una cattiva salute, come il fumo.

L’italiana Emma Morano, per quello che sappiamo la settima persona a essere vissuta più a lungo, il giorno del suo 117esimo compleanno, il 29 novembre 2016, a Verbania; Morano, che è anche l’italiana più longeva che si conosca e l’ultima a morire tra le persone nate nell’Ottocento, è morta il 15 aprile 2017 (ANSA/Xinhua via ZUMA Wire)

Secondo Newman, negli studi sui supercentenari vengono spesso ignorate tutte le cose che suggeriscono che queste persone non abbiano davvero l’età che dicono di avere. È più probabile che siano stati fatti degli errori nella registrazione della loro data di nascita piuttosto che abbiano davvero 110 anni, e per questo suggerisce di fare controlli più accurati sui certificati di nascita e altri documenti. In Giappone è stato fatto, in parte: e secondo un’indagine del 2010, infatti, 238mila persone che erano registrate come centenarie erano in realtà scomparse o morte. I dati sui centenari e sui supercentenari italiani e statunitensi sono già stati sottoposti a controlli e vengono considerati accurati dagli statistici, ma secondo Newman sono stati valutati in modo poco oggettivo: e questa è la parte più difficile da dimostrare della sua argomentazione.

Sabrina Prati, responsabile del servizio Registro della popolazione, statistiche demografiche e condizioni di vita dell’ISTAT, ha spiegato al Post come si ottengono i dati su centenari e supercentenari in Italia:

L’ammontare e le caratteristiche dei centenari sono note direttamente dai censimenti e dal calcolo annuale della popolazione. I censimenti tuttavia possono non dare stime accurate di questa popolazione. Per questa ragione esistono delle metodologie che consentono di ricavarne l’ammontare in modo retrospettivo, partendo dalla serie dei decessi per età e anno di nascita. Il metodo delle generazioni estinte procede proprio in questo modo, si sommano i decessi di ciascuna generazione successivi ad una data età per ottenere ex-post i sopravviventi a quell’età.

Con questo metodo di solito si ottengono risultati più precisi rispetto alle enumerazioni censuarie, almeno in quei paesi, come l’Italia e la Francia, nei quali la rilevazione dei decessi è di buona qualità. A partire dal 2008 inoltre l’ISTAT ha avviato una rilevazione che ha come unità di analisi la popolazione residente di 105 anni e più.

Attraverso un contatto diretto con le anagrafi viene verificata la reale esistenza in vita dell’individuo e, una volta accertata, lo stesso viene inserito nell’archivio dei semi-supercentenari (105 anni e +) e supercentenari (110 anni e +) con le seguenti informazioni: nome e cognome, data di nascita, età in anni e giorni compiuti, comune di nascita, comune di residenza, stato civile, cittadinanza. Gli individui vengono quindi “seguiti” fino al decesso la cui data è inserita nell’archivio. Per ogni cittadino di età superiore a 110 anni viene inoltre richiesta oltre alla verifica dell’esistenza in vita anche una copia del certificato di nascita direttamente al comune di nascita, se possibile una copia di quello originale.

Newman non accusa tutti i supercentenari di mentire: alcuni potrebbero davvero essere convinti in buona fede di essere così vecchi, perché non sanno che la loro data di nascita è stata registrata male. Tuttavia secondo lui la maggior parte dei finti supercentenari non sarebbe in buona fede, ma avrebbe cercato di ottenere dei vantaggi (per esempio una pensione) fingendo un’età superiore a quella reale; per esempio rubando l’identità di un fratello maggiore. La critica di Newman è comunque rivolta soprattutto agli scienziati che studiano i supercentenari, che secondo lui non terrebbero conto di come, quando si analizzano fenomeni molto rari (solo una su mille persone che raggiungono i 100 anni di età arriva a 110), sia facile fare errori statistici basandosi su assunti sbagliati.

In risposta alle critiche sui metodi seguiti per accertare l’età dei supercentenari, Prati ha detto:

Gli strumenti usati oggi, pur avendo migliorato la qualità dei dati rilasciati da ISTAT, non consentono di escludere del tutto la possibilità che nei registri di popolazione sia indicata una data di nascita non veritiera. Riteniamo tuttavia che questo rischio sia più teorico che effettivo e che produca effetti trascurabili sulle misure. I casi, peraltro rarissimi, di incompatibilità nella data di nascita riscontrati attraverso le rilevazioni statistiche che l’ISTAT conduce direttamente sulle famiglie, ad esempio, si verificano per lo più rispetto al giorno, meno spesso rispetto al mese e ancora assai più raramente rispetto all’anno.

Jeanne Calment il 21 febbraio 1997, giorno del suo 122esimo compleanno (AP PHOTO/Georges Gobet/POOL)

In Francia si è parlato molto della teoria di Nikolay Zak su Jeanne Calment – dato il particolare primato della donna e la sua notorietà sia nel mondo degli studi demografici che tra le persone comuni – al punto che la procura di Tarascona, vicino ad Arles, aveva iniziato un’indagine per stabilire se si dovesse rettificare il certificato di morte di Jeanne Calment. La scorsa settimana la procura ha però rinunciato all’indagine dopo che l’antropologo Loïc Lallys, incaricato di giudicare la fondatezza delle argomentazioni di Zak aveva smontato la sua bibliografia e i suoi metodi.

Due giorni prima peraltro sulla rivista scientifica The Journals of Gerontology era uscito uno studio volto a sostenere che Jeanne Calment fosse in effetti Yvonne Calment: il primo autore è il demografo Jean-Marie Robine, che incontrò diverse volte Calment e partecipò alla certificazione della sua età per il Guinness dei primati. Per Robine e i suoi colleghi esistono prove inconfutabili che negano la tesi di Zak. Tra queste c’è un articolo pubblicato ad Arles nel 1934 secondo cui un gran numero di persone avrebbe assistito al funerale di Yvonne Calment: secondo gli autori dello studio quindi il presunto scambio di identità sarebbe dovuto avvenire con la complicità di decine di persone. Altri documenti poi dicono che Yvonne era malata da anni prima della morte. Il movente per il presunto furto d’identità – evitare di pagare una gran quantità di tasse di successione dato che già negli anni precedenti la famiglia ne aveva dovute pagare – sarebbe smontato da un atto notarile del 1926 secondo cui il padre di Jeanne Calment avrebbe donato prima della morte tutti i suoi beni ai figli.

Infine, nemmeno l’analisi statistica di Zak reggerebbe. Considerando la longevità di tutte le persone nate in Francia tra il 1875 e il 1903, secondo gli autori dello studio di The Journals of Gerontology, un centenario avrebbe avuto una probabilità su 10 milioni di raggiungere i 122 anni. Una probabilità molto piccola, ma non tale da fare di Jeanne Calment un fenomeno impossibile a livello statistico.

Zak non è stato convinto dalle critiche al suo studio. Ha detto al quotidiano francese Le Parisien che solo un test del DNA potrebbe provare una volta per tutte se ci sia stata davvero una persona che ha vissuto più di 122 anni. Tra le persone che si sono appassionate alla vicenda è addirittura stata fatta una petizione online per chiedere al presidente francese Emmanuel Macron di far riesumare i resti di Jeanne e Yvonne Calment: solo dai vertici dello stato potrebbe arrivare un ordine di riesumazione dato che, se anche Yvonne avesse compiuto un furto di identità, con la sua morte il reato sarebbe estinto e quindi non ci sarebbero ragioni legali per motivare le riesumazioni dei resti delle due donne.

Secondo il Guinness dei primati la persona più vecchia al mondo tuttora vivente è la giapponese Kane Tanaka: ha 116 anni e 269 giorni. Tutte le dieci persone più vecchie al mondo sono donne e cinque sono giapponesi. L’uomo più vecchio al mondo è il tedesco Gustav Gerneth, che il prossimo 15 ottobre compirà 114 anni. In Italia il 1 gennaio 2019 c’erano 21 supercentenari, 11 in più rispetto a quelli che c’erano nel 2009. L’Italia insieme alla Francia è uno dei paesi europei con il maggior numero di supercentenari. Sabrina Prati ha spiegato:

Il numero di centenari va considerato in relazione all’aumento della sopravvivenza media della popolazione di cui hanno potuto avvantaggiarsi le generazioni nel corso di tutta la loro esistenza.  Le aspettative di vita sono dovute a un ampio numero di fattori individuali e di contesto e quindi è difficile individuare esattamente quali siano predominanti e soprattutto non è dai casi singoli che si possono trarre conclusioni generalizzabili a tutta la popolazione. I centenari intervistati spesso raccontano di stili di vita e comportamenti non proprio salutari, i centenari insomma non corrispondono a quanto ci si aspetterebbe.

Ma il discorso cambia quando le analisi si basano su osservazioni più ampie e su dati affidabili. Dal punto di vista statistico Italia e Francia hanno questa caratteristica in comune. Fino ad ora, ogni generazione è “invecchiata” restando più giovane delle precedenti, in condizioni fisiche e capacità cognitive migliori rispetto alle precedenti e si è potuta avvantaggiare di condizioni di contesto più favorevoli.