Sulla crisi politica è tutto un po’ fermo

Sono giorni di articolati retroscena e poco altro, in attesa degli appuntamenti in Parlamento la prossima settimana

Luigi Di Maio e Matteo Salvini alla commemorazione del crollo del ponte Morandi a Genova, il 14 agosto. (ANSA/LUCA ZENNARO)
Luigi Di Maio e Matteo Salvini alla commemorazione del crollo del ponte Morandi a Genova, il 14 agosto. (ANSA/LUCA ZENNARO)

Sono passati nove giorni da quando è cominciata la crisi di governo, e quattro giorni da quando invece sono successe le ultime cose concrete, con il dibattito al Senato sulla calendarizzazione delle comunicazioni del presidente del Consiglio Conte, contro il quale la Lega aveva presentato una mozione di sfiducia innescando la crisi. In mezzo c’è stato Ferragosto, e non è successo granché: l’impressione è che tutti i protagonisti della crisi siano in attesa e stiano studiando il da farsi, mentre i quotidiani continuano a pubblicare retroscena un po’ fumosi che spesso si contraddicono a distanza di poche ore.

Il principale riguarda la presunta intenzione del segretario della Lega Matteo Salvini di provare a riconciliarsi con il Movimento 5 Stelle, l’ex alleato di governo con cui si sta scontrando dal giorno in cui è cominciato tutto. Dopo giorni di insulti più o meno velati, in cui la frattura tra Salvini e il leader del M5S Luigi Di Maio era sembrata insanabile, negli ultimi due giorni ci sono stati dei piccoli segnali di distensione arrivati dalla Lega. Mercoledì, durante una conferenza stampa a Castel Volturno, Salvini aveva smentito di aver mai detto a Conte di voler «staccare la spina al governo», aggiungendo: «il mio telefono è sempre acceso». Aveva addirittura detto di sperare di essere ancora ministro dell’Interno a lungo», e a un certo punto aveva alluso alla necessità di un governo «con i ministri del sì».


I giornali hanno dato molto spazio alle dichiarazioni di Salvini, interpretandole come un tentativo di riconciliarsi con Di Maio dopo aver visto che le cose non stavano andando nel modo desiderato. Secondo questa ipotesi, Salvini sarebbe preoccupato di una possibile alleanza tra M5S e Partito Democratico, ampiamente ipotizzata negli ultimi giorni, e si sarebbe reso conto di aver calcolato male i tempi della crisi, innescandola troppo in ritardo per poter sperare in un voto anticipato a ottobre. Il passaggio sui “ministri del sì” ha fatto tornare tra le possibilità avanzate dai giornali quella di un rimpasto di governo, con una sostituzione di alcuni ministri sgraditi alla Lega.

In realtà, non ci sono ancora vere indicazioni che Salvini stia pensando di cambiare strategia: i quotidiani di oggi scrivono però che la Lega starebbe pensando di ritirare la mozione di sfiducia presentata contro Conte al Senato, e che formalizzerebbe la crisi di governo. Al momento non è ancora stata calendarizzata, ma la Lega potrebbe chiedere di votarla martedì prossimo, quando ci sarà il primo vero appuntamento importante con le comunicazioni di Conte al Senato.

Non è chiaro cosa succederà quel giorno. C’è chi pensa che Conte parlerà all’aula e poi rassegnerà le proprie dimissioni al Quirinale, mentre altri pensano che possa chiedere lui stesso la fiducia, per costringere la Lega a una scelta. Il punto è che se sarà sfiduciato, sembra difficile o impossibile che due giorni dopo la Camera approvi definitivamente la riforma del numero dei parlamentari, come previsto dal calendario. Salvini continua a dire di volerla votare – lo ha ribadito su Twitter venerdì – incalzato dalle richieste di Di Maio: ma non si è ancora capito se tecnicamente l’approvazione della riforma permetta il voto anticipato a ottobre, anche se il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui spetterà la gestione vera e propria della crisi, sembra determinato a escludere da subito questa ipotesi.

Non è quindi chiaro se Salvini dica di volerla votare perché ormai ha rinunciato all’idea del voto a ottobre, oppure se pensi che si possano fare tutte e due le cose. C’è anche un’altra ipotesi: che le apparenti aperture di Salvini siano solo un tentativo di far fallire le trattative tra M5S e PD.

Sappiamo poco anche di quello che sta davvero succedendo nel M5S. I giornali raccontano di una fazione interna che vorrebbe trattare con il PD per un nuovo governo, e di un’altra che vorrebbe prolungare la maggioranza con la Lega. Di Maio sembra però contrario alla seconda ipotesi, non fidandosi più di Salvini dopo l’improvvisa crisi provocata la scorsa settimana.

Anche nel PD continua il dialogo interno, con l’ex ministro dei Trasporti Graziano Delrio che ha auspicato nei giorni scorsi un accordo con il M5S “alla tedesca”, cioè un patto scritto come quello tra i socialdemocratici e i conservatori in Germania. L’ex segretario Matteo Renzi sostiene qualcosa di simile da giorni, mentre l’attuale segretario Nicola Zingaretti sembra un po’ più cauto, pur non escludendo l’ipotesi.

Insomma: sono giorni di grandi retroscena e di poca sostanza, e l’impressione è che gli stessi leader politici siano in attesa delle mosse altrui per capire che strategia adottare. È probabile che le cose si muoveranno davvero a partire da lunedì, quando forse si capirà cosa farà Conte al Senato e soprattutto che intenzioni abbia Mattarella. Sul Corriere della Sera di oggi il quirinalista Marzio Breda scrive che il presidente «non intende essere messo in mezzo a manovre (per esempio su una maggioranza da inventare o da ricostruire) e dispute (sul programma) che spetta alla politica risolvere».