Si torna a parlare delle scorte

Il ministro dell'Interno dice di averle ridotte, ma qualcosa non torna nei numeri che ha diffuso

(ANSA/CLAUDIO PERI)
(ANSA/CLAUDIO PERI)

Le scorte delle forze dell’ordine nei confronti di persone considerate “a rischio” sono diminuite del 7,8 per cento nell’ultimo anno, passando da 618 a 569; gli agenti impegnati nelle scorte sono passati da 2.218 a 2.015. Sono dati diffusi dall’ufficio stampa del ministro dell’Interno, Matteo Salvini, che da anni periodicamente critica scorte ritenute “inutili”, citando spesso suoi avversari politici come lo scrittore e giornalista Roberto Saviano. Nell’ultimo anno i politici scortati sono passati da 82 a 58, i giornalisti da 45 a 32. I magistrati scortati, invece, sono rimasti 274.

Il Fatto però sostiene che in questi numeri ci sia qualcosa che non torna. In un articolo pubblicato oggi, infatti, il Fatto sostiene che nel luglio del 2018 – quando il governo Conte si era appena insediato – ottenne dal ministero dei dati secondo cui le persone scortate erano già tra 560 e i 580, e non le 618 di cui parla il ministero. Effettivamente altri giornali in quel periodo riportarono numeri simili, mentre a novembre lo stesso Salvini disse che c’erano 585 servizi di scorta attivi. Insomma, sembra che la riduzione fosse come minimo già ampiamente in corso mentre il governo si stava insediando.

La riduzione delle scorte, quindi, è avvenuta gradualmente nel corso dell’ultimo anno: e non è chiaro se sia avvenuta per una complessiva revisione dei criteri o come somma di una serie di singole decisioni sui vari casi. I giornalisti che Salvini aveva preso di mira minacciandoli di sospendere loro la protezione, come Roberto Saviano e Sandro Ruotolo, per il momento si sono visti confermare le scorte.

Dal 2002 le decisioni sulle scorte vengono presa da una struttura centralizzata con sede al ministero dell’Interno, l’Ufficio centrale interforze per la sicurezza personale (prima l’assegnazione veniva decisa invece su base provinciale). Non molto tempo dopo però – con il successo della letteratura sulla “casta” e i privilegi della politica – le scorte sono divenute argomento di indignazione e polemica, e i politici di ogni schieramento hanno promesso di eliminare quelle assegnate ingiustamente. Lo propose per esempio Annamaria Cancellieri, ministra dell’Interno durante il governo Monti, ma anche Matteo Renzi che nel maggio del 2014 disse: «C’è un sacco di gente che ha la scorta e non ne ha bisogno: per i politici sta diventando uno status symbol». Nonostante gli annunci, però, il numero di persone sotto scorta è rimasto sostanzialmente costante: già nel 2013 Beppe Grillo si lamentava sul suo blog per le 585 scorte all’epoca concesse a politici, giornalisti e magistrati.