Il caso Siri s’ingrossa

La puntata di Report di stasera promette nuove rivelazioni sul sottosegretario leghista indagato per corruzione che ha ignorato l'invito a dimettersi del capo del suo governo

(ANSA/ALESSANDRO DI MEO)
(ANSA/ALESSANDRO DI MEO)

Il programma televisivo Report ha scoperto che un’operazione immobiliare realizzata dal sottosegretario alle Infrastrutture Armando Siri, politico leghista già condannato per bancarotta fraudolenta nel 2011 e oggi indagato per corruzione, è stata segnalata alle autorità antiriciclaggio della Banca d’Italia. Nonostante Siri abbia dichiarato nel 2017 un reddito di 25 mila euro, poco tempo fa ha acquistato una palazzina in provincia di Milano pagandola con 585 mila euro provenienti da una banca di San Marino. Sembra che la segnalazione sia avvenuta per via della provenienza sospetta del denaro. La puntata andrà in onda questa sera su RaiTre. Nel frattempo la procura di Milano ha fatto sapere di aver aperto un’indagine sull’episodio (senza però ipotizzare un reato o indagare singole persone).

Per il sottosegretario Siri, uno tra i dirigenti leghisti più vicini al segretario Matteo Salvini, questa notizia è l’ennesimo guaio da risolvere. Da oltre due settimane Siri è al centro degli scontri interni alla maggioranza parlamentare per via dell’indagine per corruzione nei suoi confronti portata avanti dalle procure di Roma e Palermo. Siri è accusato di aver cercato di far approvare una serie di emendamenti a favore dei produttori di energia eolica, per favorire un imprenditore vicino alla mafia siciliana. In questa operazione Siri avrebbe ottenuto o gli sarebbe stata promessa una tangente di 30 mila euro, di cui un imprenditore parla in un’intercettazione.

La scoperta di Report non appare immediatamente collegata alla vicenda per cui Siri è indagato ma di sicuro non aiuta il sottosegretario, le cui dimissioni sono state chieste dalle opposizioni e da tutto il Movimento 5 Stelle (in un post sul blog il Movimento invita addirittura Salvini a «tirare fuori le palle» e obbligare Siri a dimettersi). Giovedì scorso anche il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha ufficialmente chiesto le sue dimissioni, promettendo di affrontare la revoca dell’incarico al prossimo Consiglio dei ministri, fissato per mercoledì. Siri finora ha rifiutato di dimettersi nonostante l’esplicita richiesta del presidente del Consiglio, un gesto che ha pochi precedenti. Se non si dimetterà e se Conte manterrà la parola, la revoca dell’incarico sarà affrontata al Consiglio dei ministri di mercoledì.

Non ci sono procedure stabilite per la revoca dell’incarico a un sottosegretario, ma visto che la nomina avviene tramite decreto del presidente della Repubblica, su richiesta del presidente del Consiglio, sentito il Consiglio dei ministri, si ritiene che sia necessario ripetere gli stessi passaggi. Era dal 2002 che il Consiglio dei ministri non si riuniva per revocare l’incarico di un sottosegretario (all’epoca l’incarico fu tolto a Vittorio Sgarbi, per via dei continui litigi con il ministro della Cultura Giuliano Urbani). Nel Consiglio dei ministri il Movimento 5 Stelle, che ha la maggioranza relativa in Parlamento, dovrebbe contare su 8 voti contro i 6 della Lega.

In ogni caso sembra difficile che si arrivi al voto e quindi allo scontro diretto. Diversi ministri della Lega hanno fatto sapere ai giornali che nel caso non parteciperebbero alla riunione del Consiglio dei ministri, e che in ogni caso il parere del Consiglio non sia vincolante: il presidente del Consiglio può liberamente chiedere la revoca al capo dello Stato che, in teoria, dovrebbe assecondare la sua decisione. Sembra tardi perché Conte possa tornare sui suoi passi e accettare la permanenza di Siri nel governo, visto quanto si è già esposto per chiedere le sue dimissioni.

Siri è sempre stato difeso da Salvini e questo è il principale motivo che gli ha consentito di rimanere sottosegretario (anche se il suo ministro, Danilo Toninelli, gli ha tolto le deleghe, rendendolo di fatto un disoccupato). Il capo della Lega ha detto che il sottosegretario Siri deve rimanere al suo posto e che prima di accettarne le dimissioni bisognerebbe aspettare almeno il rinvio a giudizio (nel 2017, però, Salvini chiese le dimissioni di un sottosegretario del PD che era solo indagato per corruzione). Salvini ha anche assicurato che la stabilità del governo non è rischio e che, nonostante questo incidente, la maggioranza parlamentare proseguirà unita per ancora molti anni.

La questione Siri ha un importante significato politico. Per il Movimento 5 Stelle è uno dei pochi temi sui quali poter attaccare la Lega, il partito alleato e avversario che negli 11 mesi trascorsi dall’insediamento del governo è quasi sempre riuscito a imporre la sua agenda e mettere in difficoltà il partito guidato da Luigi Di Maio, che secondo i sondaggi ne ha pagato un pesante prezzo in termine di consensi (alle prossime elezioni europee ci si aspetta il sorpasso della Lega sul Movimento). Gli attacchi su Siri si sono affiancati a quelli su numerosi altri temi cari alla Lega, dall’immigrazione alle autonomie regionali. Lo stesso Salvini negli scorsi giorni è stato criticato da diversi esponenti del Movimento e accusato di passare troppo poco tempo a lavorare al ministero dell’Interno. Domenica Salvini ha risposto a queste critiche intimando ai suoi alleati di «tapparsi la bocca».