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  • Lunedì 15 aprile 2019

Il nuovo, ambizioso aeroporto di Istanbul

Punta a diventare il più trafficato del mondo nel giro di qualche anno, ed è un grande progetto di Erdoğan per favorire la già notevole crescita di Turkish Airlines

Aerei di Turkish Airlines nella nuova sede della compagnia. (AP Photo/Lefteris Pitarakis)
Aerei di Turkish Airlines nella nuova sede della compagnia. (AP Photo/Lefteris Pitarakis)

Tra venerdì 5 e domenica 7 aprile, la compagnia aerea Turkish Airlines ha traslocato circa 10mila attrezzature usate nelle operazioni quotidiane, dagli aerei ai pesanti mezzi che servono a trainarli sulle piste, per un totale di 47mila tonnellate: la compagnia si è infatti spostata dall’aeroporto Atatürk, che da quasi cento anni serve la più grande città turca, al nuovo aeroporto di Istanbul, inaugurato lo scorso ottobre a nord ovest della città. L’operazione è stata talmente imponente e complicata dal punto di vista logistico che alcuni esperti l’hanno definito “Big Bang”: si è svolta nel giro di 45 ore, e nella settimana successiva al trasloco Turkish ha già raggiunto il milione di passeggeri nella sua nuova sede, dalla quale ora partono e arrivano tutti i suoi voli.

Il nuovo aeroporto di Istanbul, chiamato İstanbul Havalimanı, sorge su un’area che fino a cinque anni fa era una valle ricoperta di boschi grande come Manhattan, e oggi può ospitare 3.000 voli al giorno e 90 milioni di passeggeri all’anno. Secondo i progetti, quando nel 2028 saranno costruite tutte e sei le piste di atterraggio (per ora quelle funzionanti sono due), dall’aeroporto potranno passare 200 milioni di passeggeri all’anno: sarebbe il più trafficato del mondo, il doppio rispetto all’aeroporto che detiene attualmente il record, quello di Atlanta con 107 milioni di passeggeri.

In tutto costerà una cifra compresa tra i 6 e gli 11 miliardi di dollari, tantissimi per la disastrata economia turca, alle prese con un’inflazione sopra il 20 per cento. Quello del nuovo aeroporto è un progetto molto caro al presidente Recep Tayyip Erdoğan, che nei suoi 16 anni di potere ha investito moltissimo su enormi progetti di infrastrutture, dalle autostrade alle moschee. Quasi contemporaneamente all’entrata in funzione del nuovo aeroporto, però, il partito di Erdoğan (l’AKP) ha perso le importanti elezioni amministrative a Istanbul, anche se ha poi contestato il risultato accusando le opposizioni di irregolarità. L’aeroporto, così come diverse altre grandi infrastrutture decise da Erdoğan per la città in cui è nato e cresciuto, Istanbul, hanno creato tensioni e proteste con i residenti, che in molti casi hanno patito disagi e stravolgimenti per i progetti del presidente. In particolare, l’aeroporto fa parte, insieme all’ambizioso progetto per un nuovo canale sul Bosforo, del piano per rilanciare economicamente l’area a nord della città, dove vivono circa 15 milioni di persone.

Da quando sono iniziati i lavori, nel 2015, sono morte almeno 27 persone nella costruzione dell’aeroporto: secondo Özgür Karabulut, capo di un sindacato di operai coinvolti nella costruzione, alcune misure di sicurezza sono state trascurate per stare nei tempi. Il Guardian racconta infatti che i lavori sono stati portati avanti molto in fretta e sotto molte pressioni, e che secondo alcuni critici per fare più veloce la struttura è stata alla fine costruita circa 60 metri sopra il livello del mare, invece che a 105 metri come consigliato.

Ma i problemi progettuali dell’aeroporto sono ancora a monte: il luogo prescelto infatti era considerato da qualcuno inadatto, per via del terreno instabile e delle condizioni meteo molto variabili del mar Nero. Un ex pilota di Turkish Airlines ha detto al Guardian: «Temo che ci sarà il caos. Nessuno ha esperienza di atterraggio lì, e ogni pilota dovrà imparare da zero come funzionano i venti». Secondo il Guardian, l’idea dietro il progetto era “dobbiamo costruire qui il nuovo aeroporto” più che “dove dovremmo costruire il nuovo aeroporto?”.

L’esigenza del nuovo aeroporto dipende in buona parte dalla grande ascesa di Turkish Airlines, la compagnia di bandiera turca, che sta crescendo di circa il 30 per cento ogni anno. È una percentuale altissima rispetto alle compagnie aeree rivali del Golfo Persico, che da anni non crescono o addirittura sono in perdita. Finora, Turkish rappresentava una minaccia limitata per Emirates, Ethiad e Qatar Airways, proprio perché l’aeroporto Atatürk poneva dei freni all’ingrandimento della compagnia turca: ora però non è più così.

Negli ultimi dieci anni, le compagnie del Golfo hanno rivoluzionato il business mondiale dei voli di linea, sfruttando le grandi risorse economiche e petrolifere e la favorevole distanza dei propri aeroporti dalla zona più popolata ed economicamente più in crescita del pianeta, l’Asia, a circa otto ore di volo. Emirates, Ethiad e Qatar Airways con i propri hub centrali – rispettivamente Dubai, Abu Dhabi e Doha –  hanno ridefinito gli standard dei voli intercontinentali, concentrando i propri profitti sui voli di lusso e a lunga percorrenza, e drenando passeggeri dai tradizionali snodi di Francoforte e Singapore e dalle compagnie occidentali. Oggi buona parte delle principali destinazioni del mondo sono collegate attraverso gli aeroporti del Golfo.

Ma ora a questo sistema a tre si aggiungerà Turkish, che per giunta potrà contare su una maggiore vicinanza alle città europee, che consente di usare aerei più piccoli ed economici rispetto ai grandi modelli usati dalle compagnie del Golfo, garantendosi una maggiore flessibilità e offrendo più destinazioni. L’Economist ha poi spiegato che il 26 per cento delle spese di Turkish avvengono in lira turca, contro il 14 per cento delle entrate: questa sproporzione rende molto conveniente la svalutazione della lira turca, per la compagnia (per lo stesso motivo, in realtà, i passeggeri domestici della compagnia sono calati di diversi punti percentuale negli ultimi mesi). Nel nuovo aeroporto di Istanbul sono anche state costruite aree di shopping di lusso simili a quelle degli aeroporti del Golfo, con il preciso scopo di renderli scali appetibili per la stessa clientela di Emirates, Ethiad e Qatar Airways.

Dal canto loro, queste compagnie proveranno a rispondere. Emirates per esempio ha cancellato a febbraio gli ordini ancora in sospeso per gli Airbus A380, i più grandi aerei di linea in commercio, per sostituirli con modelli più piccoli; la compagnia sta anche progettando una collaborazione con Flydubai, un’altra società degli Emirati che utilizza principalmente aerei più piccoli. Emirates è però una società più in salute di Qatar Airways e soprattutto di Ethiad: la prima ha da poco chiuso il secondo anno in perdita, per un totale di 69 milioni di dollari nell’ultimo anno fiscale; la seconda, in buona parte per via della partecipazione alle disastrate compagnie Alitalia e Air Berlin, ha riportato 1,28 miliardi di dollari di perdite nell’ultimo anno fiscale.

È previsto che anche tutte le altre compagnie aeree attualmente presenti all’aeroporto Atatürk si spostino nel nuovo sito, anche se non è ancora chiaro quando. Né si sa quando chiuderà quello vecchio, e a cosa sarà destinato: si parla di tenerne una parte operativa per far atterrare alcuni jet privati in maniera più discreta, di usarne un’altra per addestramenti militari e civili e di trasformare gli interni in una sede per convention e congressi.